Migliorare la biodiversità di frutteti e vigneti collinari in biologico

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Apparato radicale fascicolato di alcune specie stolonifere.
Bio-cenosi volte ad accelerare la creazione di equilibri stabili tra specie a ridotta competitività. Diserbo selettivo e pacciamature vive con specie erbacee locali per la gestione del sottofilare: una risorsa per la gestione del suolo, il controllo delle malerbe e la creazione di agro-ecosistemi stabili.

Secondo dati Eurostat l’Italia è tra le nazioni europee in cui l’agricoltura biologica pesa maggiormente sull’intero comparto. Già nel 2016 il 14% dell’intera superficie coltivata nel nostro Paese era condotta in regime biologico, con tassi di crescita tra i più alti in Europa (Eurostat, 2016). A queste superfici, certificate come “bio”, sono da aggiungere tutte quelle piccole aziende che, seppure non ufficialmente certificate, vengono comunque gestite secondo gli stessi principi fondanti.
In un contesto di forte spinta alla conversione al biologico di nuove aziende e sempre più ampie superfici, diventa imprescindibile un bagaglio di soluzioni tecniche specifiche, appositamente calibrate e profondamente fondate su paradigmi di difesa e promozione dell’ambiente. La tendenza, e il rischio, oggi, è infatti quello dell’adozione di un biologico per così dire “di sostituzione”, soprattutto presso aziende di grandi dimensioni, una specie di “convenzionalizzazione” in cui ai prodotti di sintesi vengano sostituiti prodotti ammessi dai restrittivi disciplinari, senza che a questo si accompagni però un cambiamento reale di paradigma operativo. Al contrario, un’autentica agricoltura biologica ha bisogno di una visione sistemica che preveda la capacità, e la volontà, di impattare l’ambiente su cui si interviene, promuovendone la sostenibilità su molti livelli integrati tra loro e orientati a creare una rete di sinergie.
Il Progetto “Biopac”, finanziato dal Mipaaft per il triennio 2016-19 e il Progetto “Domino” (2018-21) finanziato dal H2020 ERA-net, CORE Organic Cofund, nascono con l’obiettivo di fornire ai produttori non già delle ricette o soluzioni univoche, ma stimoli ad un approccio integrato, dinamico e proattivo nella gestione del frutteto. Entrambi i progetti, in particolare, si focalizzano su scelte funzionali alla gestione del terreno per una riduzione degli input esterni e il potenziamento di risorse e funzioni endogene al sistema.
Diversa concezione delle interazioni interspecifiche
Alla base delle innovazioni introdotte dai due progetti nella gestione del terreno vi è il principio della “cenosi frutteto”, come di un sistema che trae forza dalla sua stessa complessità. In riferimento alla convivenza di specie infestanti con le colture principali, in particolare, si mette in rilievo come l’adattabilità, di cui soprattutto le radici sono capaci, porta specie diverse a ricercare strategie di convivenza e di sfruttamento di nicchie all’interno di un medesimo ambiente evitando, o comunque minimizzando, la competizione. In presenza di inerbimento, ad esempio, le radici della coltura principale tenderanno ad approfondirsi maggiormente senza che questo comporti necessariamente un danno alla coltura stessa. Naturalmente, la convivenza non è ugualmente possibile tra tutte le specie, indistintamente. Specie erbacee tappezzanti, con apparati radicali superficiali e fascicolati come il trifoglio o altre stolonifere (si pensi alla potentilla ad esempio), pur colonizzando densamente gli strati più superficiali, non interferiscono che marginalmente con le radici della coltura principale.
I due progetti vanno oltre la concezione di convivenza come potenziale competizione, puntando invece su una serie di benefici agro-ecologici che specie differenti sono in grado di apportare, favorendo la stabilità degli agro-ecosistemi. Attività come l’azotofissazione, l’attrazione di insetti impollinatori, la repulsione di nematodi o la semplice riduzione dell’azione battente delle precipitazioni e l’aumento della portanza dei terreni, sono contributi che derivano, e sono amplificati, dalla presenza di un ampio numero di specie diverse. Uno dei mezzi per raggiungere un simile obiettivo è sicuramente la riduzione o, ove possibile, l’abolizione delle lavorazioni superficiali, che annullerebbero periodicamente la popolazione della copertura del terreno. Nelle condizioni di “vuoto biologico” create da tali interventi non selettivi, la ricolonizzazione degli spazi premia le specie più competitive e più aggressive. Il risultato, anno dopo anno, è quello di selezionare una crescente popolazione di infestanti capaci di interferire con la nostra coltura da reddito.
Un secondo pilastro dei progetti deriva dalla possibilità che le cenosi instaurate nel frutteto biologico siano in grado di produrre anche un “secondo raccolto”, utile al bilancio aziendale, in una prospettiva di coltivazioni consociate. Fermo restando che la difesa deve essere in ogni caso attuata, si può ipotizzare che per alcune specie, come l’albicocco, sia possibile avere periodi di assenza di trattamenti in cui, in presenza di specie consociate, queste potrebbero essere raccolte per fornire prodotti alternativi interessanti, come olii essenziali o prodotti nutraceutici, possibilmente legati al territorio e, perciò stesso, ben valorizzabili.
L’innovazione introdotta dai progetti è quella di sfruttare la biodiversità naturalmente presente all’interno dei nostri frutteti, intervenendo con azioni minime sulle cenosi, volte esclusivamente ad accelerare la creazione di equilibri stabili tra specie a ridotta competitività.
Diserbo selettivo
delle specie infestanti
Presso l’Azienda agraria didattico sperimentale dell’Università Politecnica delle Marche, in un impianto di albicocco alla prima foglia è stato eseguito a giugno, a quattro mesi dalla messa a dimora del frutteto, un intervento di diserbo manuale selettivo della parcella circostante gli astoni. Sono state estirpate selettivamente le specie erbacee fittonanti, di grossa taglia e rampicanti. Tutte le specie di altezza moderata, stolonifere e con apparati radicali fascicolati sono state invece mantenute perché potessero crescere e rapidamente colonizzare la parcella. Con questo intervento si è cercato di offrire un vantaggio nella copertura del suolo del sottofila alle specie meno aggressive, nell’ottica della creazione di un inerbimento stabile e poco competitivo, anche al fine di evitare sfalci negli anni successivi.
In settembre, a 4 mesi dal diserbo selettivo, il terreno delle parcelle mostrava una copertura complessiva di circa l’80%. Il livello di copertura risultava simile in entrambi i trattamenti. L’importanza relativa delle specie altamente o scarsamente competitive si presentava invece sostanzialmente influenzata dal trattamento. L’incidenza di specie aggressive “molto competitive” risultava quasi dimezzata nel trattamento interessato da diserbo selettivo rispetto al controllo. Nel dicembre 2018 (7 mesi dopo l’intervento) l’effetto del trattamento risultava ancora visibilmente apprezzabile.
È possibile affermare che, nelle condizioni sperimentali di un frutteto di bassa collina del centro Italia, l’intervento ha fornito risultati durevoli. L’influenza del diserbo selettivo si è tradotta anche in un aumento del 22% dello sviluppo del fusto (calibro) dei giovani albicocchi innestati su Mirabolano, legato ad una minor pressione di competizione interspecifica. Il tempo richiesto per il trattamento di diserbo manuale selettivo è stato quantificato in circa 10 ore/ha. Questa tecnica va naturalmente rapportata però alle condizioni ambientali in cui ci si trova ad operare. Ambienti più piovosi, caratterizzati da un rapido sviluppo delle specie infestanti, potrebbero richiedere tempi d’intervento non sostenibili o registrare una minore efficacia .

Altre gestioni possibili del sottofila
Lo stesso principio di “progettare” la copertura del terreno, anziché annullarla periodicamente, è stato perseguito dai due progetti attraverso l’introduzione di pacciamature vive. Specie stolonifere con apparati radicali superficiali quali la potentilla o la fragola sono state piantumate nel sottofila, in parcelle di filari di vite e altre specie come albicocco. Anche in questo caso si è mirato a favorire una rapida colonizzazione del terreno da parte di specie scarsamente competitive. Nella selezione delle fragole, in particolare, si è optato per varietà capaci di una doppia stasi – invernale ed estiva – al fine di minimizzare la competizione idrica con la coltura principale nei periodi più siccitosi e garantire la sopravvivenza della specie consociata durante l’inverno (con alcune giornate sotto zero e limitati periodi di copertura nevosa).

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Coperture vive di fragole (F. vesca) dei Monti Sibillini.

I risultati sono stati, anche in questo caso, molto promettenti, seppure non per tutte le specie testate. La potentilla ha visto raddoppiare, in poco più di 3 mesi, la propria percentuale di copertura. Il clone di fragola bianca diploide testato è riuscito a mantenere una buona copertura durante il periodo estivo, producendo, tra l’altro, un elevato numero di stoloni e preparando le basi per una rapida colonizzazione ulteriore al sopraggiungere delle prime piogge; invece, la fragolina selvatica F. vesca dei Monti Sibillini ha subito un forte stress estivo che ne ha parzialmente compromesso la crescita a fine primavera. È da sottolineare tuttavia, che, nella prova, la messa a dimora è avvenuta piuttosto tardivamente (7 maggio) e in assenza di irrigazione. Appare evidente l’importanza della scelta della specie da impiegare come pacciamatura viva, ma anche della tecnica colturale e degli accorgimenti messi in atto per favorirne un rapido sviluppo. In particolare, potrebbe risultare vantaggiosa la scelta di mettere a dimora la pacciamatura viva in autunno anziché in primavera se in assenza di irrigazione.
Quanto al costo dell’intervento, è possibile stimare un prezzo di circa 0,25€ per ogni piantina di fragola o potentilla da piantumare. Occorre una densità di due piantine per astone o barbatella (una per lato). Il costo della piantagione, per la vite, si aggirerebbe intorno ai 600€/ha (Fig. 9). È da considerare che, a partire dal raggiungimento della piena copertura del suolo (Fig. 10), prevista alla seconda stagione di crescita della specie tappezzante, la presenza della pacciamatura viva potrebbe rendere non necessaria un’ulteriore lavorazione del sottofila. In alternativa, si può ipotizzare che, in presenza di una crescita di infestanti molto competitive, un intervento con una lama sottosuperficiale, ad alcuni centimetri di profondità, possa permettere il contenimento di tutte le infestanti fittonanti senza alterare la crescita delle specie stolonifere.
Al di là del vantaggio economico, connesso alla non lavorazione del suolo, sono poi da considerare una serie di vantaggi agro-ecologici. La fitta copertura fogliare riduce l’azione battente delle precipitazioni scongiurando il compattamento del terreno. La presenza di fasce costantemente inerbite limita i processi erosivi. In aggiunta alla riduzione dei processi di mineralizzazione della sostanza organica esistente, importanti apporti di materiale deriveranno dalla degradazione dei residui della specie pacciamante e il lavoro di micro-discissura delle radici fascicolate favorirà un miglioramento della struttura del terreno negli strati superficiali. Inoltra, va sottolineata la possibilità di reperire localmente le piantine da impiegare come pacciamanti. Semplicemente ricercando all’interno delle specie presenti nell’ambiente circostante, potrebbe essere possibile individuare specie compatibili, per morfologia, modalità di propagazione e fenologia, con gli obiettivi perseguiti.
Al di là della fragola, la già citata potentilla, alcune specie del genere Mentha e altre specie a propagazione vegetativa come ad es. la Prunella vulgaris, possono rappresentare una risorsa biologica molto diffusa e di facile propagazione. Il vantaggio di attingere alle risorse genetiche locali, oltre che di tipo economico, consiste nell’adattabilità della specie al contesto d’impiego e nella creazione di bio-cenosi stabili che rapidamente possano raggiungere uno stadio maturo, compatibile con la durata dell’impianto frutticolo.

Migliorare la biodiversità di frutteti e vigneti collinari in biologico - Ultima modifica: 2019-04-29T10:26:03+02:00 da Lucia Berti

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