Certificazione vivaistica complicata dal nuovo regime fitosanitario

certificazione vivaistica
Non bastano processi di produzione attenti e avanzati. Normative e disposizioni organizzative in merito alla certificazione vivaistica devono assecondare e non rallentare un percorso virtuoso di qualificazione che può essere premiante per il vivaismo italiano

In chiusura di un’annata agraria tra le più critiche per le filiere frutticole nazionali è il tempo di fare un bilancio per il comparto vivaistico alla vigilia di nuovi assetti regolamentari che, ancora una volta, incideranno profondamente su ruoli e responsabilità degli addetti alla propagazione delle piante.

Infatti, a compagna vivaistica avviata, entrerà in vigore il nuovo regime fitosanitario (il 14 dicembre 2019) che ridisegna gli obblighi e gli ambiti di competenza del vivaista e le garanzie che devono assicurare i materiali di propagazione vegetale, che potranno essere commercializzati e movimentati all’interno del territorio europeo solo se accompagnati da un passaporto delle piante (PP) o da un passaporto delle piante per zone protette (ZP).

Fig. 1 - Maggiore interazione tra gli operatori del settore e le istituzioni pubbliche, uno dei punti di forza del SNVQ (Sistema nazionale volontario di qualificazione del materiale di propagazione vegetale).

La trattazione di questi aspetti, per la specificità e complessità dei principi fondanti delle norme comunitarie e dei regolamenti fitosanitari, è rimandata ad altra occasione per cercare di semplificare il loro significato. Appare invece utile precisare quali sono i soggetti coinvolti e i tipi di materiali di propagazione, così come riportato nei box presenti in questa nota.

Un settore sotto pressione

Anche il comparto vivaistico italiano risente delle crisi ormai strutturali che interessano alcune specie, pesco e pero su tutte, sia per problemi di carattere commerciale e organizzativo, sia per le difficoltà causate da emergenze sanitarie che costituiscono un vero e proprio flagello di biblica memoria e, più in generale, del clima di sfiducia che sta pervadendo la frutticoltura nazionale.

Altra sfiducia deriva dalle lungaggini per l’adozione delle nuove norme, che finiscono per delineare un orizzonte di incertezza per le aziende che devono investire in innovazione di processo e di prodotto, ma che devono farlo in un contesto di regole chiare e non incerte e ballerine.
Ogni adeguamento e riorganizzazione richiedono investimenti da parte delle imprese; è questo un concetto che il legislatore dovrebbe tener sempre ben presente.

La qualità delle produzioni vivaistiche

La qualità delle piante rappresenta ormai connotati ben delineati, ma non ancora sufficientemente chiari per vivaisti e frutticoltori, che dovrebbero invece ben discernere tra le diverse categorie e le garanzie che esse rappresentano.

Oltre allo standard obbligatorio costituito dalla Cat. CAC, oggi è possibile operare su scala volontaria nell’ambito della Cat. Certificato Ue, con requisiti e procedure ben definite. Purtroppo, a livello nazionale essi continuano ad essere interpretati da alcuni Servizi Fitosanitari Regionali e da diversi vivaisti come una scorciatoia, utile per fregiare le piante del “cartellino blu”. Dispiace constatare ciò, ma purtroppo è questa la cangiante realtà a cui si assiste.

Fig. 2 - Ipotesi dell’operatività per l’inserimento nel sistema di certificazione di una novità varietale con utilizzo delle tecnologie NGS.

Da una parte, alcuni SFR, per le difficoltà oggettive nelle quali operano, in particolare per la cronica carenza di strutture e personale, orientano i vivaisti verso il Certificato Ue, esaltando il falso concetto di minor controlli sulle produzioni e maggiori libertà operative e gestionali da parte del vivaista. Questo infatti viene sgravato dal dover rispettare la filiazione e la tracciabilità dei materiali di propagazione, come sarebbe invece se seguisse lo schema di certificazione volontaria nazionale. Dall’altra parte, per alcuni vivaisti prevalgono i soli interessi commerciali legati all’apposizione del cartellino, basta che sia di colore azzurro (come previsto dal Certificato Ue), senza entrare nel merito delle garanzie su sanità e corrispondenza varietale delle piante prodotte e poi vendute ai frutticoltori.

Il CIVI-Italia ribadisce il concetto che la certificazione non è “il cartellino blu”, ma l’attuazione severa delle norme tecniche e procedurali che permettono di accertare sanita e corrispondenza varietale delle piante.

Purtroppo, si assiste ancora a diversi comportamenti nelle varie regioni che si discostano da quanto invece dovrebbe essere, e questi finiscono per essere causa finale di sperequazioni economiche e condotte non corrette verso il mercato ed i frutticoltori.
Questo atteggiamento si è ancora di più accentuato da quando il Mipaaf, in accordo e su sollecitazione dei citati SFR, ha demandato a CIVI-Italia la fase istruttoria delle domande di certificazione volontaria nazionale, al fine di sgravare questi ultimi di questo passaggio burocratico e dare loro la possibilità di concentrarsi sulle attività di sorveglianza, ispezione e controllo delle produzioni in campo.

Il risultato è stata la riduzione delle domande per la qualificazione nell’ambito del programma di certificazione volontaria nazionale e la contrazione dei quantitativi di piante certificate.

Infatti, da parte di alcuni vivaisti non è stata accettata l’idea di una valutazione ed esamina centralizzata delle domande di certificazione, con l’adozione di un unico metro di giudizio per tutta l’Italia, che in molti casi ha messo in evidenza la non conformità alle regole volontarie nazionali.

Assetto futuro e nuove possibilità di qualificazione

certificazione vivaisticaIl DM 19 marzo 2019 ha definito la struttura del SNVQ con i protocolli tecnici delle seguenti specie o gruppi di specie: fragola, nocciolo, fico, actinidia, agrumi, pomoidee, prunoidee, olivo, noce, carciofo, ribes e uuva spina, mirtillo e lampone. Non è stato però individuato e indicato il soggetto gestore incaricato di collaborare con il Servizio Fitosanitario Nazionale per assicurare il buon funzionamento e il raggiungimento degli obietti del SNVQ.

Ciò non è stato possibile in quanto il cambio di Governo avvenuto durante l’anno ha di fatto bloccato l’iter amministrativo in corso che ora deve iniziare nuovamente ad opera del nuovo esecutivo.

Riparte pertanto il percorso per ridisegnare la struttura della certificazione delle piante in Italia, del ruolo che ricopriranno i vivaisti, anche alla luce dei nuovi regolamenti comunitari in via di recepimento ed attuazione.

Appare però opportuno segnalare anche alcuni aspetti positivi.
Le filiere produttive potranno disporre di materiali di propagazione garantiti per alcune specie di grande interesse per la frutticoltura nazionale come actinidia e piccoli frutti (che riscuotono sempre maggior interesse), oltre ad una specie orticola importante come il carciofo, che però viene propagata agamicamente alla pari di altre specie fruttifere.

Altro aspetto nuovo nel panorama vivaistico nazionale è la crescente quantità di piante di nocciolo certificate, che alimentano l’ambizioso progetto “Nocciola Italia” della Ferrero.
In questo contesto si è consolidata la proposta denominata VSPP (“Voluntary System Preventive Pest”) – focus on Xylella fastidiosa, elaborata da CIVI-Italia insieme all’olandese NAKT, con la collaborazione e sotto l’egida dell’EPPO (“European Plant Protection Organization”), per assicurare alla produzione vivaistica le più ampie garanzie verso tale batterio e la totale tracciabilità delle produzioni, non solo olivicole.

Processo che, se attuato da quelle aziende cha hanno maggiormente patito i blocchi commerciali all’esportazione, pur non essendo coinvolte direttamente con l’epidemia che imperversa a centinaia di chilometri dai luoghi di produzione, servirà a qualificarle ancora di più, tratteggiando un profilo diverso, consapevole e professionale dell’intero comparto vivaistico nazionale.

Uniti per la competitività

Alla data odierna (novembre 2019) i vivaisti che partecipano al SNVQ sono in totale 65, come illustrato nella tabella 1, dimostrando valori minori per numero di partecipanti e volumi delle produzioni sviluppate.
Il CIVI-Italia, se da una parte deve tutelare e valorizzare queste aziende, dall’altra deve adoperarsi per allargare la base partecipativa a quanti non credono più nella certificazione come strumento di qualificazione delle proprie produzioni e a quanti non hanno mai partecipato, pur sviluppando volumi significativi.

Per questo motivo occorre una costante opera di sensibilizzazione, professionalizzazione e aggiornamento tecnico su queste tematiche e sul loro risvolto nella pratica giornaliera delle singole aziende. Attività che necessariamente devono essere condotte in armonia e accordo con le istituzioni coinvolte.

C’è una totale convergenza di intenti e azioni da sviluppare con il Mipaaf per rafforzare il settore, ma permangono ampie sacche di scarsa sensibilità e forti resistenze da parte di alcuni Servizi Fitosanitari Regionali.

Considerato l’obbligo di attuare le nuove norme, traducendole in un incremento di competitività dell’intero sistema vivaistico, cercando di segmentarsi verso l’alto per non disperdere professionalità e capacità imprenditoriali internazionalmente riconosciute, l’immane sforzo da compiere è quello di lavorare assieme per fare sistema, non contrapposti, ma uniti nel solo interesse delle filiere frutticole nazionali, dai vivaisti ai frutticoltori.
È questa l’unica strada da percorrere se non si si vuole andare verso un destino che annullerebbe o farebbe regredire le faticose conquiste professionali del vivaismo italiano.

Leggi l'articolo completo su Rivista di frutticoltura n.10/2019

Certificazione vivaistica complicata dal nuovo regime fitosanitario - Ultima modifica: 2020-02-17T10:44:07+01:00 da Lucia Berti

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