Biologico, sì ma non per forza!

biologico

Quando la tecnica e la scienza diventano tema non più di civile confronto con la società e le istituzioni, ma di scontro politico al più alto livello (potere legislativo nazionale ed europeo), non si può più restare spettatori, muti e neutrali, perché, come cerca di rivelare questo articolo, sono in gioco la libertà di ricerca e di insegnamento, ma anche quella di scelta dei frutticoltori che producono per il benessere della collettività rispettando le regole della sostenibilità e i diritti dei consumatori. È pertanto doveroso informare i Lettori sul contenuto delle “proposte di rappresentanza” o meglio dei provvedimenti legislativi che, per quanto riguarda l’agricoltura e in particolare il biologico, incideranno profondamente sui risultati attesi, ormai delineati, purtroppo, da forzature mediatiche e giornalistiche, come troppo spesso succede in Italia. Quando la tecnica e la scienza diventano tema non più di civile confronto con la società e le istituzioni, ma di scontro politico al più alto livello (potere legislativo nazionale ed europeo), non si può più restare spettatori, muti e neutrali, perché, come cerca di rivelare questo articolo, sono in gioco la libertà di ricerca e di insegnamento, ma anche quella di scelta dei frutticoltori che producono per il benessere della collettività rispettando le regole della sostenibilità e i diritti dei consumatori. È pertanto doveroso informare i Lettori sul contenuto delle “proposte di rappresentanza” o meglio dei provvedimenti legislativi che, per quanto riguarda l’agricoltura e in particolare il biologico, incideranno profondamente sui risultati attesi, ormai delineati, purtroppo, da forzature mediatiche e giornalistiche, come troppo spesso succede in Italia. L’informazione viene troppo spesso manipolata e gestita secondo fini politici o di parte. È questo un problema datato, esiste da sempre, ma accentuatosi negli ultimi anni attraverso il conformismo dei comunicati stampa e la diffusione generalizzata dei mezzi di comunicazione, specialmente digitali (rete, “social network”, “influencer”, “promoter”, “retailer”, ecc.). La miccia è stata accesa da Federbio (la federazione nazionale delle organizzazioni che rappresentano la filiera dell’agricoltura biologica) che, a settembre scorso, ha pubblicato l’ampio rapporto sull’agricoltura biologica “Cambia la terra, 2018” col sottotitolo “Così l’agricoltura convenzionale inquina l’economia (oltre che il pianeta)”. Dunque, un attacco frontale contro l’attuale sistema di produzione in agricoltura e contro le attuali scelte politiche europee, compresa quella governativa, in particolare, che non favorirebbe abbastanza il biologico.Poi c’è stata una forte polemica giornalistica su un quotidiano (La Repubblica), dove la senatrice a vita Elena Cattaneo ha contestato, con incontrovertibili riferimenti scientifici, la sostenibilità del biologico al cospetto della produzione “integrata” accusata da Federbio di attentare alla salute dei consumatori. Tutto questo in polemica con il giornalista Michele Serra che l’aveva invitata a dismettere i panni di una presunta autorevole arroganza “per indossare quelli dell’ascolto popolare con umiltà”. Poi è insorta l’AISSA (l’Associazione Italiana delle Società Scientifiche Agrarie) affinché, dopo il controverso convegno sull’agricoltura biodinamica ospitato all’Università di Milano, criticato per il ritorno alle pratiche del passato e il rifiuto delle tecnologie innovative, fosse ammesso il principio che le “pratiche sostenibili” impiegate nel biologico “rendono rischiosa la produttività delle colture”, causa le limitazioni ai mezzi tecnici che ne riducono le rese produttive.Ma la polemica è successivamente esplosa quando, nel dicembre scorso, il DdL governativo sull’agricoltura biologica, già approvato dalla Camera, è stato portato in Senato per la definitiva approvazione. Un disegno di legge sul quale un documento sottoscritto da alcune centinaia di studiosi, insieme a imprenditori e operatori agricoli, reclamava un ripensamento del Governo per i forti rischi che ne deriveranno all’intera agricoltura qualora trovassero applicazione i suoi intendimenti. Ma in tal modo si sono frontalmente contrapposte due correnti di pensiero che hanno contribuito a spaccare ulteriormente l’Italia in due fazioni: favorevoli e contrari al biologico, come già accadde 15-20 anni fa pro e contro gli OGM. Ma a leggere attentamente i due documenti di seguito riportati (accademico l’uno, Federbio l’altro), gli studiosi non sono affatto contrari per principio al biologico, ma solo all’ideologizzazione del metodo e alla deformazione e amplificazione interpretative che ne sono state fatte dalla stampa e dai media in generale.Per la comprensione dei Lettori ho messo sinteticamente a confronto le critiche espresse nel documento firmato dai professori T. Maggiore, L. Mariani, B. Mezzetti e F. Salamini e molti altri, con le repliche e risposte formulate da Federbio (per voce del suo presidente Paolo Carnemolla), tralasciando le espressioni ideologiche talvolta persino offensive, volte a delegittimare le ragioni dell’interlocutore, ma ho rispettato sempre motivazioni e pareri espressi da entrambe le parti.Il documento critico verso il DdL affronta in modo organico alcuni temi:a) riassume gli aspetti conflittuali e negativi del biologico, poco conosciuti dai consumatori; b) evidenzia le attese dell’intervento legislativo a tutela dell’interesse generale del Paese; c) analizza gli obiettivi del DdL e i risultati che vorrebbe raggiungere, articolo per articolo. Si sofferma, in particolare, sulle prevedibili conseguenze sull’efficienza produttiva (a partire dalle rese ettariali delle colture), sulla qualità dei prodotti e sull’impatto ambientale. Critica le modalità dei controlli sulla produzione e l’insufficiente protezione nel mercato italiano dovuta alla concorrenza sleale. Molte critiche riguardano i provvedimenti relativi all’industria sementiera che riguardano l’orticoltura. Di particolare rilevanza è anche l’aspetto relativo al futuro delle nuove leve di agronomi perché il DdL limita la libertà di insegnamento e di ricerca scientifica laddove promuove corsi di laurea, master e dottorati ed elargisce fondi ordinari di ricerca specifici ad un tipo di agricoltura (nella fattispecie biologica e biodinamica) a discapito degli altri.Nell’insieme il documento critico si conclude con la richiesta di ritiro del DdL affinchè possa essere modificato profondamente nei contenuti per salvaguardare il futuro dell’agricoltura, che può progredire solo adottando tecnologie sostenibili e innovative, utili e necessarie sia per l’agricoltura integrata (o anche di precisione), sia per quella convenzionale o di altro tipo.I punti sollevati dal documento critico sono dieci, li riportiamo singolarmente, sintetizzando critiche e repliche.
I. Evidenza circa la scarsa produttività del biologico. Le perplessità si legano ai cali di ricerca produttiva che vanno dal 20 al 70%, a seconda della coltura. L’autosufficienza alimentare del Paese si limita al 70% ed è in continuo calo. Stimolare l’espansione del biologico significa minare irreparabilmente la nostra sovranità alimentare e le stesse eccellenze alimentari nazionali. L’industria agro-alimentare pertanto si approvvigionerà sempre più all’estero (grano, mais, frutta, ecc.)

Replica Federbio

Federbio non riconosce i dati delle rese produttive del biologico riportati nel documento. Infatti, oltre ai dati dei centri di ricerca del Crea sono disponibili quelli del Centro di ricerca federale svizzero FIBL, che da diversi decenni confronta i diversi metodi di produzione proprio per valutarne la diversa efficienza, anche produttiva. La stessa attività che da anni svolgono decine di Università e centri di ricerca in Ue e anche la FAO, il tutto riassunto in una ricerca pubblicata a fine 2017 che smentisce in toto le tesi degli autori del documento (“Strategies for funding the world, more sustainably with organic agriculture”). Il titolo della ricerca è di per sé esaustivo del ruolo che può svolgere l’agricoltura biologica anche su scala globale per nutrire il Pianeta. Le affermazioni contenute nell’approfondimento 1 riguardo alla presunta arretratezza dell’agricoltura biologica in merito al contrasto alle piante infestanti, a parassiti e patogeni, nonché alla nutrizione tramite concimazione attribuite a tale Cavigelli e ormai vecchie di 11 anni, sono smentite oltre che da ben più autorevoli, numerose e aggiornate ricerche, anche dalla pratica quotidiana di aziende agricole biologiche italiane di eccellenza.Del resto, da diversi anni sono le aziende convenzionali ad essere in crisi e a chiudere progressivamente, poiché ciò che determina la sostenibilità economica delle imprese anche agricole non è solo la quantità prodotta, ma la differenza fra costi e ricavi. Produrre molto per vendere i prodotti agricoli sottocosto, come propongono gli autori del documento contro la legge sul biologico, comporta profitti per le aziende che vendono mezzi tecnici e servizi e il fallimento delle aziende agricole convenzionali e la schiavitù del lavoro nero nelle campagne.

II. Sostenibilità ecologica del biologico a livello di singole aziende. Viene posta in seria discussione dal fatto che per approvvigionarsi degli elementi nutritivi di cui necessita e degli stessi “pesticidi” che utilizza, dipende in modo massiccio dall’agricoltura convenzionale e cioè da animali nutriti con mangimi Ogm, foraggi e altre colture concimate con prodotti di sintesi e difese con fitofarmaci non ammessi in biologico. Una visione agro-ecologica complessiva deve a nostro avviso fare i conti con i cicli della materia che legano l’azienda biologica con il mondo esterno, rendendola di fatto dipendente dal convenzionale.L’agricoltura di oggi deve garantire la sicurezza alimentare e la salubrità dei cibi, quale diritto per tutti i cittadini, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata nella coltivazione. Già oggi non è raro che la filiera del biologico immetta sul mercato prodotti che debbono essere ritirati perché inquinati da tossine da funghi (fumonisine, aflatossine, ocratossine, ecc.).

R.F. L’affermazione degli autori secondo la quale l’agricoltura biologica dipende dalla sostanza organica prodotta da allevamenti convenzionali alimentati con vegetali coltivati in maniera convenzionale è di per sé la migliore dimostrazione del fatto che è necessario aumentare la conversione al biologico dell’agricoltura e zootecnia italiane per realizzare una vera agricoltura biologica circolare, dunque che la legge in discussione è necessaria.Per il resto, le argomentazioni di natura tecnica sono prive di fondamento…
III e IV. La sostenibilità ecologica del biologico a livello globale e sul piano economico e sociale. Questa sostenibilità è posta in seria discussione, sul piano ecologico, in quanto la sua adozione generalizzata a livello mondiale porterebbe al raddoppio delle terre coltivate, con danni enormi agli ecosistemi naturali, mentre la carenza di azoto – per il rifiuto dei concimi di sintesi – porterebbe all’insorgere di gravissime carestie. La tutela del territorio (aria, acqua, suolo) attraverso la sua razionale gestione e manutenzione richiede costante attenzione all’innovazione con pratiche di agricoltura conservativa che nel biologico è fortemente limitata dalla proibizione dei diserbanti. Il conseguente ricorso alle lavorazioni espone i terreni in biologico alle perdite per erosione.

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L’utilizzo continuo del rame nella difesa biologica conduce a persistenza del metallo nei terreni per tempi indefiniti, con danni consistenti a flora e fauna. Gli insetticidi ammessi dal biologico, poi (azadiractina, spinosad, composti rameici, oli minerali), danneggiano gli ecosistemi acquatici, come si palesa analizzando le etichette di questi prodotti. La sostenibilità del biologico a livello globale è posta in seria discussione anche sul piano economico-sociale in quanto il sensibile incremento dei prezzi al consumo avrebbe effetti dirompenti sui bilanci delle famiglie, riducendo altresì sensibilmente i consumi di frutta e verdura.

R.F. Lo studio di FAO, FIBL e Università già citato al punto 1 smentisce clamorosamente la tesi degli autori del documento contro la legge sul biologico che riportano al punto 4 studi tutti più datati, parziali e decisamente meno autorevoli di quello commissionato dalla FAO. A ulteriore confutazione delle tesi infondate esposte nel documento contro la legge sul biologico citiamo la Carta del biologico di Expo Milano 2015 e la Carta del biologico del G7 Agricoltura di Bergamo. Sul piano economico e sociale non risulta che la legge in discussione al Senato imponga ai cittadini di acquistare prodotti biologici o tanto meno agli agricoltori di convertire tutte le loro superfici agricole al biologico.
V. Il marketing del biologico: mira a denigrare l’agricoltura convenzionale, efficace, efficiente e indispensabile al Paese. A livello italiano ed europeo il marketing del biologico si erge su un persistente atteggiamento denigratorio nei confronti dell’agricoltura convenzionale e integrata, che invece meriterebbe una ben diversa attenzione da parte del legislatore, perché copre il 97% delle necessità alimentari, garantisce livelli di qualità non significativamente diversi da quelli del biologico (Approfondimento 8) e tutela i redditi delle classi meno abbienti garantendo altresì un’alimentazione variegata (ivi incluso il consumo regolare di frutta e verdura, che è un insostituibile presidio sanitario preventivo rispetto ai tumori).Vanno tutelati e difesi i produttori agricoli rispettosi delle leggi dalle campagne imbastite da Federbio ai danni dei produttori che non praticano l’agricoltura biologica. Una summa di tale approccio lesivo e distorsivo dei mercati la si ritrova nel report Federbio “Cambia la terra”, 2018. La tutela della libera concorrenza fra gli imprenditori agricoli prevede che gli incentivi offerti ai diversi processi produttivi (biologico, convenzionale, integrato di base e integrato avanzato) non siano tali da produrre distorsioni dei mercati...

R.F.… l’agricoltura biologica è l’unica agricoltura sostenibile. Dal 1991 è normata a livello Ue ed è l’unica che consente di mettere sull’etichetta dei prodotti agricoli e alimentari il logo europeo, come per le produzioni tipiche certificate. Del resto l’agricoltura integrata è diventata obbligatoria a partire dal 2014 e, nonostante questo, ingenti risorse pubbliche sono tuttora spese in Italia per diffonderne la pratica, la formazione e la consulenza per gli agricoltori, oltre che per sostenere gli agricoltori che la attuano attraverso la Misura 10 dei PSR che in diverse Regioni italiane è stata attivata con possibilità di raggiungere livelli di contributo per unità di superficie e azienda superiori a quelli previsti per il biologico. È comunque bizzarro chiedere che una legge sull’agricoltura biologica si occupi di promuovere piuttosto la produzione integrata, che non sarebbe più una libera scelta degli agricoltori, come la conversione al biologico.
VI e VII. Ma il biologico, è davvero in crescita? Qual è il suo reale peso?

A fronte di quanto emerso nei punti precedenti dovrebbe destare preoccupazione un’eventuale crescita del settore agricolo biologico. Riguardo alle dichiarazioni di aumento di richiesta di biologico, a nostro avviso proposte con formulazioni che nascondono la realtà e utilizzate spesso strumentalmente per incentivarne l’uso, i dati dicono altro. Nell’evidenziare gli indici di successo del biologico, le associazioni professionali della filiera industriale che lo commercializzano, come Federbio, nascondono tuttavia due verità caratterizzanti il settore e cioè (a) la sostanziale stagnazione nel numero dei produttori biologici – 57.000 produttori nel 2017 contro 58.000 nel 2001– e (b) che il presunto aumento delle superfici destinate a biologico include un’importante quota che sebbene percepisca i sussidi relativi risulta improduttiva o a bassissima produttività (Approfondimento 6). In altre parole la conversione al biologico di un’azienda permette di incassare sussidi pubblici senza produrre e nonostante questo il numero di aziende biologiche non aumenta, a testimonianza della non sostenibilità del biologico di cui è a conoscenza chi applica a livello imprenditoriale tale forma di agricoltura.Circa il reale peso percentuale del biologico sul mercato italiano, nel 2017 i dati consuntivi evidenziano che nell’ultimo anno l’incidenza del biologico sull’agro-alimentare totale è salita dello 0,2%, passando da 2,8 a 3% (Sinab, 2018). Si tratta quindi di un settore di debole “appeal”, nonostante l’ingente marketing, e a tutt’oggi non rappresentativo dell’agricoltura e del mercato alimentare italiano. Vanno tutelati i redditi dei consumatori tramite prodotti alimentari di qualità e a prezzi contenuti. Nei Paesi ad agricoltura e frutticoltura evolute è garantito l’accesso a tecnologie sostenibili nel campo della genetica varietale e delle tecniche colturali

In qualunque settore economico la tutela dei redditi passa attraverso l’innovazione tecnologica che è un’arma formidabile per aumentare l’efficienza produttiva incrementando la competitività. La scarsa produzione e la scarsa efficienza del biologico lo portano a immettere sul mercato prodotti con prezzi assai più elevati di quelli da agricoltura convenzionale, il che si verifica a parità di salubrità e di caratteristiche organolettiche (Seufert, 2017; Freshplaza, 2015; Approfondimento 8). Ci domandiamo perché lo Stato debba favorire un approccio oggettivamente classista e lesivo dei diritti dei ceti meno abbienti. La stessa promozione nelle mense dei prodotti biologici prevista dalla legge si presta a questa obiezione di fondo, nel senso che i prezzi delle mense aumenteranno e vi sarà una concorrenza sleale basata su una inesistente superiorità qualitativa nei confronti di altri produttori che producono cibi di qualità analoga (vedasi Approfondimento 8).

R.F. Gli autori del documento nel tentativo di sminuire l’importanza e la dimensione reale del biologico in Italia di fatto sostengono la necessità di una legge che ne promuova efficacemente la crescita. I numeri tuttavia non vanno letti solo in senso assoluto, ma anche relativo. Secondo i dati di AC Nielsen sulle vendite dei prodotti confezionati con codice a barre, a partire dal 2017 nella GDO circa il 40% dell’incremento delle vendite dei prodotti alimentari su base annua rispetto all’anno precedente è dovuto ai prodotti biologici.

VIII. Circa i sussidi economici destinati al biologico italiano occorre riaffermare che, contrariamente a quanto veicolato da una fuorviante campagna mediatica promossa dalle associazioni che promuovono il biologico come Federbio e tendente ad accreditare un finanziamento inferiore a quello dell’agricoltura convenzionale e integrata, chi fa biologico in Italia riceve sussidi per ettaro analoghi a quelli ricevuti dagli altri agricoltori e a ciò vengono aggiunti ulteriori sussidi specifici previsti per il biologico e ulteriori facilitazioni non monetarie (vedasi Biodoc_Camera, 2018).

R.F. La legge sul biologico non si occupa di sussidi diretti agli agricoltori biologici previsti dalla PAC; in ogni caso, i dati elaborati dall’ufficio studi della Camera dei Deputati sono ufficiali, le valutazioni espresse dagli autori del documento sono invece opinioni personali. Oltre il 60% dei giovani agricoltori sceglie l’agricoltura biologica (anche se la percentuale numerica è purtroppo ancora ridotta). Dunque è già nei fatti che nei prossimi anni la dimensione delle colture biologiche è destinata a crescere significativamente con il ricambio generazionale, così come crescerà stabilmente il consumo di prodotti biologici dovuto al cambio generazionale e di stili di vita in atto, non solo in Italia.

IX. Il biologico fa largo ricorso ai fitofarmaci. Questa azione, contrariamente a quanto un marketing martellante tende ad inculcare nei consumatori, accredita la falsa idea secondo cui il biologico non usa “pesticidi” ed attribuisce tale uso alle sole agricolture integrata e convenzionale. È necessario che i consumatori siano invece informati correttamente sul modo di utilizzo razionale dei fitofarmaci che sono oggi una base insostituibile di un’agricoltura produttiva (Approfondimento VII).

R.F. I fitofarmaci ammessi in biologico sono quelli previsti dalla normativa europea e nazionale di riferimento. La pretesa degli Autori del documento che la legge sul biologico promuova l’informazione sui fitofarmaci non ammessi in biologico è assurda.
X. Il biologico rifiuta (pur beneficiandone indirettamente) in modo preconcetto l’innovazione quale, ad esempio, il campo della genetica e delle tecniche colturali fondate su acquisizioni scientifiche sperimentate. Il rifiuto è nel nome del ritorno a un passato che per millenni ha prodotto forme di malattie a larghissima fasce della nostra popolazione. Oggi, senza innovazione è impossibile pensare ad un futuro di sicurezza alimentare.

R.F. Gli autori del documento intendono l’innovazione esclusivamente quale l’ingegneria genetica e la chimica industriale di sintesi. Ciò non è compatibile con i principi dell’agricoltura biologica sanciti dal Reg. Ce 848/18 che non vieta affatto altro tipo di innovazione, anzitutto per quanto attiene le tecniche agronomiche e agro-ecologiche, la lotta biologica, la chimica “verde”, i metodi fisici, i farmaci omeopatici e fitoterapici, il miglioramento genetico, la meccanizzazione, il benessere animale, l’agricoltura di precisione e digitale. Altre considerazioni di Federbio riguardano la necessità di disporre di una legge che tuteli l’interesse generale, garantendo l’autosufficienza alimentare del Paese. Gli squilibri fra produzione agricola nazionale e consumo interno dei prodotti alimentari sono frutto di strategie di mercato e produttive dell’agricoltura convenzionale. Il disegno di legge, anche attraverso un logo del biologico nazionale, punta a favorire l’autosufficienza alimentare per il settore biologico come tassello di una strategia più complessiva.

Conclusioni

Il quadro delineato dalle due parti a confronto evidenzia complessivamente alcune criticità del disegno di legge che Senato e Camera hanno ora la possibilità di riesaminare per migliorarlo prima dell’approvazione definitiva. Sono in ballo l’onestà e completezza dell’informazione al Paese, la scelta dei futuri indirizzi agricoli, specialmente in campo frutticolo, coerentemente con i principi europei di sostenibilità ecologica e socio-economica. Le imprese agricole sono sempre più in difficoltà e vogliono poter essere competitive sui mercati globali. La dinamica e quindi la scelta dei metodi di coltivazione, distinguendo fra integrato, biologico, convenzionale o qualsiasi altra denominazione, sarà sempre più condizionata e propiziata dalla capacità di avvalersi di tecnologie innovative. Ne va del futuro dell’agricoltura stessa. Ben venga dunque il biologico, ogni qual volta possa affiancarsi e sostituire l’integrato, garantendo redditività alle imprese, ma senza forzature di legge, che potrebbero distorcere le libere scelte sia di chi produce, sia di chi compra e consuma. Occorre in primo luogo assicurare al Paese, largamente deficitario di prodotti alimentari, a costi compatibili con la sopravvivenza dell’intera filiera agro-alimentare, una produzione di massa e non solo elitaria, che sia anche eco-sostenibile, di qualità e salubrità accertate.  n

Biologico, sì ma non per forza! - Ultima modifica: 2019-03-12T15:27:42+01:00 da Lucia Berti

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