Qualità dell’ortofrutta persa nell’ultimo miglio

qualità frutta
Come trasferire il valore delle filiere frutticole al consumatore? Una soluzione potrebbe essere quella di avere una figura all'interno del punto vendita capace di consigliare e fidelizzare i consumatori, così come avviene in altri Paesi

La percezione della qualità dell’ortofrutta da parte dei consumatori non è molto lusinghiera. Spesso si sente rimpiangere “il buon tempo andato” in cui la frutta era buona e mangiarla era sempre un’esperienza gratificante. Se la tecnologia permette la determinazione di moltissimi parametri che certificano la qualità organolettica, ci si domanda se queste lamentele abbiano origine solo in campo o se esistano punti a valle della produzione, del confezionamento e della logistica, che possano per lo meno contribuire a spiegare l'insoddisfacente percezione di qualità del consumatore. Il trasferimento del valore lungo le filiere frutticole avviene correttamente o c'è un problema?

Considerando la meticolosa cura posta nella coltivazione, nella raccolta, nel condizionamento e nel confezionamento, considerando il ruolo di biglietto da visita che il reparto ortofrutta svolge nella moderna disposizione dei settori merceologici dei grandi punti vendita, perchè la qualità del prodotto acquistato non è soddisfacente al momento del consumo? Questo colpisce ancor più perché i volumi di fatturato che il settore movimenta sono tra i più rilevanti, a sentire i commenti di responsabili Gdo, a testimonianza di una propensione al consumo che – seppure in calo – resta comunque elevata, anche a fronte di prezzi sempre crescenti. Sembra un controsenso senza soluzione.

Colpisce come manchi l’equivalente moderno del negozio di ortofrutta. I supermercati già ripropongono il negozio di quartiere: dal macellaio al pescivendolo, dal fornaio alla vendita di formaggi e latticini. In questi casi si può toccare con mano come queste figure possano stimolare i consumi, fidelizzando un cliente che apprezza il valore aggiunto di un consiglio d’acquisto o di una modalità di preparazione. Manca quella figura che “ti sa vendere 5 pesche da consumare in 5 giorni successivi, senza perdere in qualità e gusto, spiegandoti che sono mature quando puoi sbucciarle con le dita”, come diceva un responsabile acquisti recentemente. Questa assenza sembra indicare un interesse minore alla fidelizzazione di un consumatore anche attraverso l’ortofrutta, al pari degli altri settori citati. Sicuramente il prodotto che viene offerto rispetta tutti i doverosi requisiti di qualità normati dalle leggi ed è evidente la continua attività di controllo e di certificazione delle filiere. E va dato atto di numerose iniziative di educazione del consumatore, tese a indirizzare scelte verso le referenze di stagione e anche a far capire l’importanza della maturazione necessaria per gustare appieno i sapori che la frutta può offrire. Pare di capire, tuttavia, che l’efficacia di queste iniziative sia limitata.

Ciò riporta quindi all’importanza che potrebbe avere una figura capace di consigliare e indirizzare i consumatori. Un’importante produttore di pesche e nettarine neozelandese (Paese molto orientato alla qualità, che sovente definisce gli standard cui si adegua il resto del mondo, come nel caso di mele e kiwi) promuove direttamente i suoi prodotti nei supermercati. Lo spinge la consapevolezza che un’esperienza negativa porta il consumatore a non ripetere l’acquisto per diverse settimane, con il risultato che, per specie dalla conservabilità limitata, si può compromettere un’annata. In Francia, esiste una figura professionale, l’ingegnere “formatore”, che assiste durante tutte le fasi della filiera, compreso l’allestimento del punto vendita e la sua gestione, per trasmettere nel miglior modo possibile la qualità al consumatore. I display di frutta di un supermercato di Adelaide in Australia (vedi foto) famoso per la sua attenzione alla presentazione dei prodotti parlano da sole, ma anche lì c’è chi consiglia il consumatore. La catena Wegmans, nel Nord-Est degli Stati Uniti è da decenni famosa per l’accento che ripone su freschezza e qualità dei prodotti in vendita, oltre che sulla attrattività della loro presentazione.

Nel nostro Paese spesso ci confrontiamo con una presentazione del prodotto “sfuso” che può mostrare gli effetti del passaggio di molte mani – con l’auspicio che non esista più il ribaltamento del contenitore sul banco di vendita, gesto che per lungo tempo ha cancellato in un secondo tutti gli sforzi fatti dagli attori a monte – oppure il prodotto venduto in confezione chiusa, preconfezionato e prezzato, dove ci si deve affidare alla fortuna di non trovare frutti (negli strati più bassi) avariati o di insufficiente qualità. Senza presumere comportamenti dolosi da parte di nessuno, è chiaro che incontrare spiacevoli sorprese mortifica per la scelta e demotiva il consumatore. Forse nemmeno un ortolano nel supermercato ci metterebbe al riparo da ogni sorpresa, ma magari aiuterebbe. Chissà…

Qualità dell’ortofrutta persa nell’ultimo miglio - Ultima modifica: 2024-04-23T16:31:02+02:00 da K4

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