I cambiamenti climatici mettono in difficoltà la produzione ortofrutticola

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Preoccupa il bilancio idroclimatico degli ultimi anni in Emilia-Romagna, regione traino del settore ortofrutticolo. Oggi ci si chiede se esistono ancora le condizioni per produrre con efficienza

L’Emilia-Romagna è tra le regioni italiane più produttive dal punto di vista agricolo, ma allo stesso tempo è un territorio climatologicamente affetto dalla siccità: estati particolarmente calde e poco piovose sono abbastanza frequenti in questa regione, che da sempre si è attrezzata per farvi fronte.

Il settore agricolo emiliano-romagnolo è infatti ai primi posti in Italia per tessuto produttivo, valore aggiunto agricolo ed esportazioni, a dimostrazione di una grande capacità di adattarsi ed evolvere, avvalendosi di nuove tecniche produttive e supporti tecnici avanzati, in primo luogo l’irrigazione, per affrontare l'impatto dei cambiamenti climatici sulle colture ortofrutticole.

In questo contesto, un’analisi sulle caratteristiche delle annate siccitose in regione può aggiungere un elemento di conoscenza utile per una valutazione a posteriori di quanto è successo e per adottare misure di adattamento adeguate alle caratteristiche di un’avversità che condiziona fortemente il settore agricolo.

Per descrivere la variabilità climatica regionale, con un approfondimento sulla siccità più recente del 2021-23 (almeno fino all’inizio di maggio, visti gli eventi straordinari che si sono susseguiti da maggio in avanti; ndr), sono stati presi in considerazione tre indicatori che, nel complesso, permettono di analizzare in modo completo la siccità agricola:

  • precipitazioni,
  • temperature,
  • bilancio idroclimatico (Bic).

L’andamento delle precipitazioni, infatti, non è l’unico elemento determinante per la siccità agricola, anzi la scarsità di pioggia può essere attenuata o aggravata dall’andamento delle temperature, con conseguenze sul bilancio idroclimatico. Questo indicatore è quello che più di tutti è correlato al contenuto idrico del suolo, in quanto rappresenta la differenza tra le precipitazioni e l’evapotraspirazione potenziale, ovvero l’effetto cumulato dell’evaporazione dalla superficie del terreno e della traspirazione delle piante nell’ipotesi di risorse idriche illimitate.

La variabilità climatica e il suo impatto in ortofrutticoltura

Annate particolarmente siccitose in Emilia-Romagna non sono mai mancate e la serie storica delle precipitazioni cumulate annue mediate sul territorio regionale dal 1961 al 2022 (fig. 1) è caratterizzata da una forte variabilità interannuale e interdecennale, nella quale spiccano, oltre ad annate molto secche nell’ultimo ventennio, le siccità del 1983 e del 1988, quando si sono registrati i valori minimi storici della serie.

Anche la serie di precipitazioni estive (giugno, luglio e agosto) dal 1961 al 2022 (fig. 2) conferma una forte variabilità interannuale, mostrando però una tendenza significativa alla diminuzione: se nel clima 1961-90 la media estiva era di 187,8 mm, nel clima recente è scesa a 160,5 mm.

I tre valori più bassi sono concentrati negli ultimi anni: nel 2012 è stato segnato il record negativo di 49,9 mm e di poco più alte risultano le cumulate estive del 2017 (75,7 mm) e del 2021 (77,4 mm). Anche se un valore appena più basso è stato registrato, in un contesto però di maggior piovosità, già nel 1971, risulta molto esiguo anche il dato del 2003, che con 92,1 mm è il quinto più basso della serie e segna, anche a livello di memoria collettiva, l’inizio di un ventennio caratterizzato da ricorrenti siccità.

In generale, se i valori complessivi di precipitazioni annue non presentano variazioni significative, si può affermare che è cambiata la loro distribuzione stagionale (con calo più consistente in estate e un aumento in autunno, non mostrato in figura).

Un altro indicatore associato alla siccità, soprattutto nel periodo estivo, è rappresentato dalle temperature, che mostrano nel corso degli ultimi decenni (clima 1991-2020) un significativo incremento rispetto al clima 1961-1990 sia a livello annuo, sia in particolare per la stagione estiva (+1,2 °C per le temperature medie annue e +2,3 °C per le temperature massime estive).

In particolare, valori molti alti di temperature massime sono legati alla presenza delle ondate di calore, fenomeno che oltre a causare forte stress termico sulla vegetazione e provocare danni da scottature sui frutti, aggrava le condizioni di carenza idrica causate dalla scarsità di precipitazione, aumentando l’evapotraspirazione.

La figura 3 mostra, relativamente alle aree di pianura, il numero di giorni estivi (giugno, luglio e agosto) con temperatura massima superiore a due soglie critiche, 30 °C e 35 °C, denominati rispettivamente giorni caldi e giorni torridi.

Per il primo valore si osserva un netto incremento dal 1990 in poi, primo anno in cui si superano i 50 giorni caldi annui, soglia che nel trentennio successivo è oltrepassata per altre 19 volte.

Estati con temperature massime superiori ai 35 °C risultano invece praticamente assenti nella prima parte della serie, per poi diventare quasi sempre presenti a partire dagli anni ‘90. I valori più estremi sono stati registrati nel 2003, un’estate caldissima con ondate di calore intense e persistenti, durante la quale sono stati registrati 81 giorni caldi e 26 giorni torridi. Anche nell’estate del 2012 le temperature massime hanno registrato valori molto alti, in questo caso i giorni caldi sono stati 70 e quelli torridi 27, dato record della serie.

Infine, anche nel 2017 e nel 2022 si è assistito a una combinazione di un numero molto alto di entrambi gli indicatori. In generale, ad eccezione di alcune estati più miti, come 2014 e 2005, nell’ultimo ventennio quasi tutte le annate hanno registrato valori alti almeno di giorni caldi.

Anche per il bilancio idroclimatico estivo, riportato in figura 4, si osserva un evidente calo, con il passaggio da una media di -240,1 mm nel 1961-90 a -314,4 mm nel clima recente. I valori più estremi, oltre -400 mm, sono stati osservati nel 2012 (-466,6 mm, record della serie), 2003, 2017 e 2021, a conferma dell’intensa siccità che ha caratterizzato queste annate.

 

Dal grafico si può notare che il valore del 2022, pari a -385,1 mm, è risultato leggermente meno anomalo di quelli menzionati, ma è ugualmente significativo perché si è verificato all’interno di un periodo di forte siccità durato più di due anni, la cui eccezionalità viene di seguito approfondita.


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La siccità degli anni 2022-2023

Questo periodo, che vede il susseguirsi di annate con precipitazioni inferiori ai 700 mm, è confrontabile con il 2006-07, ma risulta ancora più critico dal punto di vista pluviometrico e soprattutto per le intensissime anomalie termiche positive del 2022.

Nonostante le cumulate annue del 2021 siano risultate lievemente più basse (653,4 mm rispetto ai 676,6 mm del 2022), i dati più significativi sono relativi al 2022 per due principali motivi:

  • perché ha ereditato i deficit pluviometrici dell’anno precedente
  • perché le temperature, da maggio a luglio e in ottobre e dicembre, sono state elevatissime, rendendo il 2022 l’anno più caldo dal 1961.

Queste condizioni hanno portato a valori di Bic estivo tra i più bassi della serie.

I valori termici e pluviometrici dell’estate sono stati in realtà attenuati da un agosto molto piovoso e un po’ meno caldo rispetto ai mesi precedenti, non sufficiente però a incidere significativamente sui valori medi complessivi dell’estate, che è comunque risultata la seconda più calda dal 1961, dopo il 2003.

L’andamento meteo-climatico di settembre, più nella norma, ha consentito un’ulteriore leggera ripresa del deflusso dei principali corsi d’acqua, ma l’ottobre più secco e caldo dal 1961 ha di nuovo riportato quasi tutto il territorio regionale a condizioni di siccità estrema.

In seguito, il contenuto idrico dei suoli è migliorato progressivamente grazie alle piogge di novembre e soprattutto dicembre, ma lo stato di forte siccità è rimasto critico soprattutto dal punto di vista idrologico. Anche i primi mesi del 2023, con precipitazioni più abbondanti rispetto ai due anni precedenti, ma comunque sotto la norma, sono stati caratterizzati da condizioni di severa siccità (almeno nella zona occidentale della regione) fino al sopraggiungere delle eccezionali piogge di maggio.

Gli effetti dei cambiamenti climatici sulle colture

In generale, è difficile discriminare gli effetti negativi sulle colture dovuti alle elevate temperature e alla carenza idrica: i fenomeni estivi di siccità ed elevata temperatura spesso si manifestano contemporaneamente.

Dal punto di vista della fisiologia delle colture, la scarsità idrica e le temperature elevate, superiori a soglie specifiche (30 °C), hanno effetti negativi sulla produzione poiché riducono l’efficienza del processo fotosintetico, con conseguenze anche sulla qualità della produzione frutticola, e la traspirazione, limitando quindi la capacità delle piante di climatizzarsi.

In particolare, temperature elevate hanno effetti negativi anche su colture frutticole irrigate: si possono infatti osservare casi in cui volumi idrici consistenti non sono sufficienti per contrastare la stasi della crescita dovuta alle elevate temperature, che si manifesta con una generale diminuzione della pezzatura dei frutti. La diminuzione del calibro si accentua ulteriormente in annate come quella del 2022 in cui si sommano gli effetti negativi del caldo e della siccità e quelli legati all’elevata presenza di frutti sulla pianta, a seguito dell’alternanza originata dalle gelate delle primavere 2020 e 2021.

Proiezioni climatiche fino al 2050

Negli ultimi anni ci sono stati sviluppi significativi per la definizione e la programmazione di politiche di mitigazione e adattamento a livello regionale: nel 2018 è stata approvata la “Strategia di Mitigazione e Adattamento ai Cambiamenti Climatici della Regione Emilia-Romagna” e nel 2020 è iniziato il percorso del “Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima”.

Per entrambi, il punto di partenza è stato un inquadramento climatico futuro, con proiezioni realizzate fino al 2050, in uno scenario emissivo di stabilizzazione Rcp4.5 (“Representative Concentration Pathways”), nel quale si presuppone l’adozione di politiche di mitigazione per la riduzione nel tempo della concentrazione di gas climalteranti.

Per il periodo 2021-50 è stato delineato un profilo climatico utilizzando vari indicatori, ottenuti tramite il metodo di regionalizzazione statistica per dettagliare a livello locale i risultati prodotti dai modelli climatici globali. Gli indicatori climatici, disponibili per ambiti territoriali omogenei, sono:

  • temperatura superficiale minima e massima,
  • precipitazione totale,
  • giorni senza precipitazione,
  • notti tropicali,
  • durata delle ondate di calore.

I risultati di queste analisi evidenziano, rispetto al clima 1961-90, un probabile aumento a livello regionale delle temperature minime e massime di circa 2,5 °C per l’estate e di circa 1,5 °C per le altre stagioni (media regionale). Per le precipitazioni si prevede invece una probabile diminuzione della quantità annua di circa il 10-15%.

Tuttavia, è importante mettere in evidenza il cambiamento atteso per la distribuzione delle precipitazioni, con un aumento consistente degli eventi estremi: il numero massimo di giorni consecutivi senza precipitazione dà un’indicazione sulla siccità futura, soprattutto per la stagione estiva. Le proiezioni mostrano un incremento del 30% di questo indicatore durante la stagione estiva, confermando l’aumento di frequenza, durata e intensità dei periodi siccitosi previsto anche da altri studi su scenari climatici per il Mediterraneo.

Misure di adattamento

È possibile che gli impatti sul settore frutticolo saranno simili a quelli che già attualmente si osservano nelle annate più critiche, come descritto nei precedenti paragrafi. È anche possibile che tali impatti saranno esacerbati visto il probabile aumento della frequenza di periodi siccitosi. Di conseguenza, è fortemente auspicabile che il settore agricolo si orienti sempre più verso l’adattamento, ovvero adotti misure come:

  • l’uso di cultivar resistenti alla siccità,
  • l’aumento dell’efficienza nell’uso dell’acqua,
  • un migliore adeguamento della fenologia alle mutate condizioni climatiche per evitare i periodi più critici.

Questo significa adottare azioni finalizzate a migliorare la gestione agronomica delle risorse dell’agroecosistema e potenziare la ricerca relativa al miglioramento genetico.

I cambiamenti climatici mettono in difficoltà la produzione ortofrutticola - Ultima modifica: 2023-07-21T17:15:37+02:00 da Redazione Frutticoltura

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