Cambiamenti climatici: rivedere i criteri della frutticoltura intensiva

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Immagine dovuta al cambiamento climatico.
L’Europa e l’emisfero settentrionale si stanno riscaldando a ritmi più rapidi rispetto alla media globale e sono previsti “rischi climatici multipli” nel breve periodo. Il settore frutticolo deve saper rispondere ai cambiamenti climatici attraverso nuove scelte relative alle colture (specie e varietà), al disegno e alla vocazionalità dell’impianto e alla sua gestione

L’Europa e l’emisfero settentrionale si stanno riscaldando a ritmi più rapidi rispetto alla media globale e sono previsti “rischi climatici multipli” nel breve periodo. Le inondazioni e la siccità stanno aumentando di frequenza, così come gli incendi, i cicloni, le ondate di calore e la presenza di specie e malattie invasive, tutti potenzialmente in grado di influire sui sistemi naturali e produttivi. La maggior parte di tali rischi ha implicazioni dirette per l’agricoltura. Diventano, perciò, sempre più necessarie la definizione e l’adozione di strategie di adattamento in ambito agricolo per affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici.

L’aumento della temperatura e l’allungamento del ciclo vegetativo delle piante determinerà un aumento dell’evapotraspirazione a livello del pianeta e, di conseguenza, della piovosità. Difficile sarà prevedere la distribuzione geografica e le caratteristiche delle piogge. L’acqua che viene utilizzata per l’irrigazione e che quasi interamente ritorna all’atmosfera sotto forma di vapore, tornerà nello stesso ambiente sotto forma di pioggia utile?
L’acqua è una risorsa essenziale per la crescita della pianta ed esiste una relazione tra la biomassa prodotta e la traspirazione, con una “water-use efficiency” (biomassa prodotta per unità di acqua traspirata) che dipende dalla coltura. L’impatto dei cambiamenti climatici potrebbe determinare nei prossimi anni una diffusione dei sistemi di irrigazione anche in aree dove prima non erano presenti.

In questo scenario, per i sistemi di produzione diventa sempre più difficile produrre cibo per una popolazione crescente a livello globale, con effetti di riduzione delle rese e aumento dei prezzi. È perciò necessario intraprendere azioni per rallentare e contrastare questo andamento, anche riducendo lo spreco e creando una cultura che incoraggi una domanda di cibo più sano, sostenibile e rispettoso dell’ambiente, ridefinendo i parametri qualitativi dei prodotti stessi.

Nell’ambito del settore ortofrutticolo siamo ad un punto di svolta. Si apre oggi, sul versante degli stili alimentari e della sostenibilità ambientale, la possibilità di ripensare secondo nuove chiavi di lettura il rapporto con il cibo. Nasce l’esigenza di ri-orientare le scelte alimentari nella direzione di una maggiore sostenibilità, mettendo in discussione l’estetica e l’assioma del “frutto bello = frutto buono”.

Il settore frutticolo deve saper rispondere ai cambiamenti climatici attraverso nuove scelte relative alle colture (specie e varietà), al disegno e alla vocazionalità dell’impianto e alla sua gestione.

Acqua e frutticoltura

Sempre più spesso la disponibilità di acqua per irrigare viene a mancare non soltanto negli ambienti meridionali ma in tutte le regioni italiane. L’andamento dello scorso anno, caratterizzato da scarsità di acqua ed elevate temperature, ha provocato notevoli danni alle produzioni, danneggiando anche la preparazione delle piante per la produzione del 2018. I fenomeni estremi del cambiamento climatico in atto stanno mettendo in discussione alcuni concetti sui quali è stata basata e sviluppata, negli ultimi 50 anni, la frutticoltura italiana e non solo. La scelta del metodo irriguo e la sua corretta gestione sono importanti per ridurre gli sprechi ed aumentare l’efficienza d’uso dell’acqua, ma ritengo importante soffermarmi, in questo editoriale, su quello che bisognerebbe fare al momento dell’impianto del frutteto e durante la sua gestione.

La scelta del portinnesto

I portinnesti “nanizzanti”, che sviluppano un apparato radicale superficiale, senza interessare gli strati profondi del suolo, hanno la capacità di esplorare un volume di suolo molto limitato e, di conseguenza, dispongono di un limitato contenitore per l’accumulo dell’acqua. Tali portinnesti sono molto sensibili alla carenza idrica. Nei periodi di elevata domanda evapotraspirativa dell’ambiente hanno bisogno di interventi irrigui giornalieri. È ovvio che la loro scelta spesso viene fatta per contenere lo sviluppo delle piante e, di conseguenza, aumentare il numero di piante per ettaro.

Nei prossimi anni continueremo a scegliere i portinnesti per la loro funzione di contenimento della vigoria? Spero di no. Sarà necessario adottare altri interventi per contenere la vigoria. L’introduzione dei portinnesti “nanizzanti” del ciliegio in ambienti con scarse disponibilità idriche, ha causato elevati danni e perdite economiche ed è stato necessario espiantare e utilizzare portinnesti più vigorosi.

Specie, varietà e densità di piantagione

È necessario rivedere il termine “vocazionalità” e il peso che bisognerebbe dare ai vari fattori al momento della scelta della specie, della varietà e del portinnesto. Bisogna indirizzare la scelta verso specie non idro-esigenti ma tolleranti alla carenza idrica (ne esistono diverse) e varietà a maturazione precoce (periodo breve tra la fioritura e la raccolta). Per aumentare il volume del contenitore interessato dall’apparato radicale e l’autonomia della pianta per le sue necessità idriche, diventa anche importante ridurre il numero di piante per ettaro.

Forma di allevamento e potatura

L’efficienza d’uso dell’acqua da parte della pianta è diversa nelle varie forme di allevamento e dipende dal rapporto tra le foglie esposte alla luce e quelle ombreggiate. Notevole è, inoltre, il risparmio idrico che è possibile ottenere con l’intervento della potatura verde e l’anticipo della potatura invernale in molte specie (es. drupacee) subito dopo la raccolta.

Ricostruire struttura e fertilità del suolo

Il suolo è una risorsa non rinnovabile, caratterizzata negli ultimi decenni da un declino nella qualità, con conseguenti ripercussioni sulle produzioni agricole. Una delle principali sfide del ventunesimo secolo è contrastare la degradazione del suolo, ripristinandone la fertilità e ottenere, così, una maggiore resilienza delle piante agli stress biotici e abiotici. Con l’adozione di pratiche agricole sostenibili, gli agroecosistemi sono in grado di ribaltare questo andamento, sequestrando CO2 dall’atmosfera e migliorando la sostanza organica e la biodiversità del suolo. L’incremento della biodiversità contribuisce a ripristinare e migliorare la qualità del suolo.

Adottando portinnesti con apparato radicale profondo e possibilmente caratterizzati da una densità radicale elevata, è necessario favorire l’immagazzinamento dell’acqua nel contenitore di suolo durante il periodo delle piogge. L’accumulo di acqua, in questi casi, è rilevante e può raggiungere valori di 3000-4000 m3 ad ettaro. Una diversa gestione del frutteto può influire sulla struttura, la morfologia e altre caratteristiche idrologiche del suolo. È fondamentale, quindi, migliorare la conducibilità idraulica dei suoli attraverso una gestione sostenibile dell’intero sistema, con l’obiettivo di migliorare il contenuto in sostanza organica e incrementare l’accumulo della risorsa idrica.

Rivedere gli standard qualitativi e i parametri per stabilire il prezzo del prodotto

Il clima imprevedibile degli ultimi anni ha causato produzioni abbondanti di frutta e verdura dall’aspetto “brutto” e “irregolare”, con aumentate imperfezioni e cicatrici, oltre a determinare carenze per le annate successive. Il gelo, il vento, la pioggia e la siccità possono scolorire e macchiare i prodotti, ma senza alcuna perdita di sostanze nutritive. Al contrario, però, le richieste di rispondere ad alcuni standard di qualità estetica aumentano il costo dei prodotti, perché gli agricoltori devono ottenere prezzi più alti per i loro prodotti accettabili, per far quadrare i conti.

Attualmente, il prezzo pagato ai produttori si basa quasi esclusivamente su due parametri: peso e caratteristiche estetiche. Le differenze di prezzo sono notevoli passando da una classe di pezzatura all’altra. Spesso, la quantità di frutti che rimangono in campo (non raccolti in quanto piccoli o con difetti estetici) e quella che le organizzazioni dei produttori scartano in magazzino, rappresentano il 30-40% del totale prodotto. Tale situazione, oltre ad incidere economicamente, costituisce un impatto molto negativo dal punto di vista ambientale e di consumo delle risorse. Rifiutare il buon cibo sul piano estetico piuttosto che su quello nutrizionale non sembra essere una soluzione alle problematiche attuali.

Insistere ancora sul frutto bello e grosso trova giustificazioni nei parametri qualitativi? Quasi mai anzi, per ottenere frutti grossi e belli spesso si segue la via più semplice (concimazioni azotate in eccesso e aggiunta di altri formulati chimici, che ingrossano il frutto ma ne peggiorano la qualità, determinando grosse perdite durante la conservazione o nei vari passaggi della filiera). Infatti, biostimolanti e fitoregolatori aumentano il numero e le dimensioni delle cellule, ma non l’attività fotosintetica, con il risultato finale di frutti più grossi ma con valori di sostanza secca inferiori. Dobbiamo imparare ad apprezzare e consumare anche i frutti “imperfetti” che spesso, dal punto di vista nutraceutico, sono migliori dei frutti “perfetti” esteriormente.

È già iniziato tale movimento, in particolare in California e Regno Unito: 9 rivenditori su 10, nel Regno Unito, promuovono quello che normalmente viene considerato “scarto”, con prezzi leggermente più bassi. Numerose catene di supermercati hanno iniziato da alcuni anni ad “allentare” gli standard di qualità dei prodotti, rispondendo alla sempre più incalzante necessità di ridurre lo spreco alimentare, accettando frutta e verdura perfettamente buone e con elevati valori nutrizionali, ma di forma irregolare.
La frutticoltura in ambiente controllato, che ha come obiettivo produrre frutta “perfetta” controllando i danni causati dal vento, dalle piogge, dalle alte temperature, dagli attacchi parassitari, non è l’unica strada possibile né la soluzione concreta.

Per contrastare realmente i cambiamenti climatici, il tentativo di controllare fenomeni naturali che diventano sempre più imprevedibili e incontrollabili, è vano. Bisogna modificare le informazioni da dare a tutti gli attori e i protagonisti della sfera del cibo e della produzione. È necessario inviare messaggi diversi ai consumatori sulla qualità reale della frutta; chiedere a chi fa miglioramento genetico di rivedere le priorità alla base della selezione; alle organizzazioni dei produttori di rivedere i parametri presi in considerazione per stabilire il prezzo da pagare al produttore; ai fisiologi e agli agronomi di portare in azienda i concetti della sostenibilità, con un uso corretto della chimica.
Ripensare, di fatto, le scelte alimentari nella direzione di una maggiore sostenibilità ambientale.

Cambiamenti climatici: rivedere i criteri della frutticoltura intensiva - Ultima modifica: 2018-03-12T14:54:51+01:00 da Lucia Berti

2 Commenti

  1. salve sto comprando degli alberi da frutto per il consumo domestico. mi domandavo come sceglierli siccome vedo mandorli/ciliegi in fiore a ottobre-novembre qui in zona! cioè fioriranno in primavera di nuovo? o no? allora se compro un ciliegio meglio una varietà tardiva, che tenderà meno a fiorire in un autunno caldo? io non sono proprio pratico e magari è tutta una idiozia. grazie pietro

    • Gentile sig. Pietro,

      la ringraziamo per il suo commento e la informiamo che, da gennaio 2018, il servizio “L’esperto risponde” è riservato agli abbonati ad almeno una delle nostre riviste.
      Pertanto la invitiamo a registrarsi nell’area riservata.
      https://www.edagricole.it/area-riservata/
      Cordiali saluti.
      La redazione

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