Maculatura bruna, un anno anomalo

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A partire dalla metà di luglio l’alterazione si è manifestata in modo incisivo e con sintomi localizzati quasi esclusivamente nella zona calicina. Ecco alcune ipotesi di cause da investigare

La maculatura bruna rappresenta ormai da circa trent’anni la più grave e la più temuta malattia fungina del pero in tutto il bacino di coltivazione del pero in Europa anche se fino al 2017 la difesa attuata aveva permesso di contenere i danni sulla produzione in termini economicamente accettabili.

Articolo uscito nel dossier Pero di Terra è Vita n. 30

Situazione sotto controllo fino a maggio

Già comparsa nel 2018 e 2019 con una notevole aggressività nei comprensori pericoli della Pianura padana, nel 2020 l’inizio di stagione è scivolato via particolarmente tranquillo in parte dovuto alla scarsità di pioggia in aprile e maggio, anche se caratterizzato da almeno tre giornate in cui la temperatura è calata repentinamente anche al di sotto di dello zero termico (in talune aree anche fino a -5 e -6 °C) nel periodo pre-fiorale e fiorale. L’effetto delle gelate si è manifestato sottoforma di importanti “cinghiature”, ossia rugginosità della buccia nella parte calicina dovuta al freddo che si sono mantenute fino alla raccolta. Dal punto di vista fisiologico tuttavia, le basse temperature hanno prolungato per una buona settimana il periodo di fioritura e successivamente innescato un prolungato periodo di fioriture secondarie. Purtroppo, dalla fine di maggio e per buona parte di giugno e luglio, piogge ripetute almeno una volta alla settimana se non più frequentemente, bagnature prolungate e umidità relativa elevata hanno favorito lo sviluppo delle infezioni di maculatura bruna.

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Indici di sporulazione giornalieri e cumulati 3 giorni, calcolati dal modello BSP-SPOR nel 2020 a Copparo, una delle aree più colpite

I sintomi nella zona calicina

I primissimi sintomi di maculatura bruna, sia su foglia che su frutti hanno cominciato a manifestarsi a partire dalla terza decade di maggio in maniera sporadica in qualche azienda. Sui frutti i sintomi si presentavano come piccole macchie brune con dimensioni di pochissimi millimetri localizzate sulla porzione del frutto più esposta. L’incremento dell’incidenza della malattia è però andato crescendo in maniera generalizzata a partire dalla fine di giugno, dopo un periodo particolarmente caldo e piovoso. Questa volta però la stragrande maggioranza dei casi presentava piccole necrosi localizzate attorno alla corona in prossimità della fossa calicina del frutto, di non facile rilevabilità se non a una osservazione attenta dei frutti.

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Frutto di pero Abate Fetel colpito da marciume calicino alla fine di luglio. Le necrosi iniziali in prossimità della corona e sui residui dei sepali possono passare anche inosservati

La difesa attuata fino alla prime due settimane di luglio ha permesso di ottenere un buon controllo delle necrosi laterali del frutto nella stragrande maggioranza delle aziende. Tuttavia, dalla metà di luglio la situazione è cambiata radicalmente. Frutti apparentemente sani iniziavano a mostrare aree necrotiche anche di qualche centimetro di diametro a partire dalla fossa calicina. Questo tipo di alterazione è proseguita per buona parte della stagione e questo ha rappresentato un’anomalia nel comportamento della malattia fino ad oggi, incluso il 2019, anno di forte pressione infettiva e perdite elevate, dove però il sintomo dominante è stato rappresentato da macchie necrotiche laterali sul frutto. Infatti in generale, in passato il rapporto fra necrosi laterali e quelli della fossa calicina era circa di 1 a 4; nel 2020 questo rapporto si è invertito a favore della manifestazione sintomatologica calicina.

Le possibili cause

Ad oggi non è possibile fornire una spiegazione certa delle cause di questa elevata manifestazione calicina della malattia, se non avanzare delle possibili ipotesi:

  • le gelate primaverili avvenute ad inizio fioritura del pero e l’andamento delle temperature che ha prolungato notevolmente la fase della fioritura e l’incremento delle fioriture secondarie, aumentando il periodo di contaminazione di organi suscettibili?
  • gli sbalzi termici durante la fioritura possono aver inciso nel rendere la zona calicina del frutto più sensibile alla maculatura?
  • L’influenza di alcuni regolatori di crescita utilizzati dalla fioritura e fino a maggio inoltrato?
  • visto la conformazione del frutto soprattutto della varietà Abate Fetel, la difficoltà di bagnare e proteggere efficacemente con i trattamenti la fossa calicina del frutto quando questo, in fase di accrescimento, assume una posizione verticale?

Queste sono solo alcune delle ipotesi, insieme ad altre, alle quali si dovrà cercare di dare una risposta con una sperimentazione adeguata.

Di certo si può dire che, nella quasi totalità degli isolamenti su frutto eseguiti sia da parte del Servizio Fitosanitario della Regione Emilia-Romagna che dall’Università di Bologna, è stata confermato Stemphylium vesicarium come agente causale della malattia. Alternaria a oggi è considerato ancora un fungo saprofita non in grado di causare direttamente infezione su pero.

Abate Fetel fortemente compromessa

Nonostante le attività di contrasto messe in atto e la definizione di una strategia di difesa condivisa con il mondo produttivo per un corretto posizionamento dei prodotti fitosanitari autorizzati sulla coltura in base alle loro caratteristiche e alla pressione della malattia durante la stagione, la maculatura bruna ha compromesso fortemente la produzione di pere, in particolare di Abate Fetel che rappresenta circa il 70% della superficie regionale coltivata a pero. Le aree più colpite sono state quelle di pianura delle Province di Ferrara, Modena e Bologna, aree caratterizzate da una maggiore umidità relativa e conseguentemente da una prolungata bagnatura della vegetazione; le aree di coltivazione pedecollinari e pianeggianti prossime alla fascia pedecolinare e verso la Romagna evidenziano danni contenuti o assenza di danno.

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Esito finale di marciume calicino su frutto di Abate Fetel prossimo alla raccolta

Le condizioni predisponenti

Come ormai si conosce, la comparsa e lo sviluppo della malattia sono strettamente influenzati sia da condizioni climatiche e microclimatiche favorevoli come anche da fattori agronomici e sistemi produttivi che, tra l’altro, sarà bene riconsiderare in futuro se il cambiamento climatico in atto mantiene un trend molto più favorevole allo sviluppo di S. vesicarium che in passato. Il danno produttivo è strettamente legato al numero di eventi infettivi che si verificano durante il periodo che va dalla fioritura alla raccolta. La presenza delle spore del fungo è stata rilevata costante durante tutta la stagione vegetativa. Per le caratteristiche epidemiologiche del fungo che si accresce e moltiplica saprofiticamente su materiale vegetale in decomposizione, queste ultime tre annate hanno aumentato esponenzialmente l’inoculo presente nell’ambiente.

Ridurre l’inoculo con la gestione del cotico e il pirodiserbo

È assolutamente necessario, pertanto, ridurre il potenziale di inoculo presente nei frutteti. A questo riguardo oggi, osservazioni sulle tecniche di sanitazione messe in atto nel 2020 indicano che il maggior contenimento della malattia è stato osservato quando vi è stata la rottura precoce (pre-fioritura o subito post-fioritura) del cotico erboso; interessanti (ma necessitano di approfondimenti) le esperienze nelle quali, il cotico è stato rotto già a partire dal periodo autunnale oppure è stato mantenuto senza effettuare alcuno sfalcio di contenimento della vegetazione, oppure attraverso una semplice rullatura (mantenendo l’erba alta per tutta la stagione).

Risultati altalenanti e quindi da indagare ulteriormente si sono quest’anno evidenziati dalle esperienze di sanitazione effettuate con il pirodiserbo (ma la cui corretta modalità e momento di applicazione non sono quasi mai stati rispettati), con prodotti naturali a base di funghi antagonisti, Trichoderma gamsii e Trichoderma asperellum (il cui momento di applicazione ha purtroppo coinciso con il clima più asciutto e pertanto a loro più sfavorevole), per finire con l’applicazione di ammendanti come calciocianamide (per lo stesso motivo è rimasti insolubilizzati sul terreno per almeno un mese), calce idrata e solfato ferroso.

Queste tecniche, insieme ad altre dovranno continuare ad essere indagate e ottimizzate anche nei prossimi anni per fornire un ventaglio di soluzioni sostenibili alle aziende agricole.

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Maculatura bruna, un anno anomalo - Ultima modifica: 2020-10-02T16:06:15+02:00 da Sara Vitali

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