Maculatura bruna sempre più preoccupante per la pericoltura

maculatura bruna del pero
Tanti danni in campagna, tante attività di ricerca messe in atto, tanti problemi irrisolti. Serve maggiore integrazione tra agronomia, chimica e genetica

La maculatura bruna, causata dal fungo ascomicete Pleospora allii, ma attivo prevalentemente nella sua forma agamica di Stemphylium vesicarium, dopo essersi manifestata alla fine degli anni ’70 in Emilia-Romagna, oggi è diventata la principale malattia fungina del pero in Italia. Dagli anni ‘80 la presenza della malattia fu segnalata anche in Spagna, Portogallo, Francia, Olanda e Belgio ove assume importanza, spesso molto variabile, in funzione delle cultivar allevate e dell’andamento climatico. Nel corso della stagione i sintomi si manifestano sui fiori, foglie, frutti e, recentemente, il fungo è stato isolato anche da cancri riscontrati su giovani rami lignificati.

La sua elevata pericolosità, legata alla peculiare biologia dell’agente causale, è sempre stata contenuta da interventi preventivi con prodotti di sintesi chimica. I programmi di difesa, specialmente nelle situazioni più favorevoli al patogeno, sono sempre stati molto intensi e prolungati (dalla fioritura fino alla immediata pre-raccolta) con risultati in passato sporadicamente non sempre soddisfacenti. Tale panorama è purtroppo mutato dal 2018 in avanti quando le difficoltà di contenimento del patogeno sono estremamente aumentate a causa, in particolare, di condizioni climatiche molto favorevoli al suo sviluppo.

La chimica di riferimento

Per lungo tempo i prodotti di riferimento per la difesa fitoiatrica sono stati

  • i ditiocarbammati (specialmente il thiram, oggi revocato e non più utilizzabile dalla stagione 2020),
  • il captano,
  • i dicarbossimidici (procymidone e iprodione, entrambi revocati),
  • oltre al tebuconazolo (unico rappresentante dei triazoli registrato contro la maculatura bruna del pero).

Negli ultimi venti anni si sono poi affiancati nuovi fungicidi, in particolare fludioxonil e la sua miscela con cyprodinil e gli analoghi delle strobilurine (kresoxim-methyl, trifloxystrobin e pyraclostrobin). Boscalid è poi stato il primo SDHI (inibitore della succinato-deidrogenasi) autorizzato contro la malattia nel 2007.

In seguito, fino all’attualità, il gruppo si è arricchito di altri principi attivi quali

  • penthiopyrad,
  • fluopyram,
  • fluxapyroxad
  • e isopyrazam.

Da qualche anno a questa parte sono disponibili anche prodotti microbiologici a base di Bacillus amyloliquefaciens e B. subtilis.

  • È del 2018 l’autorizzazione all’uso contro maculatura bruna del pero della miscela dithianon+pyrimethanil
  • seguita, nel 2019, da quella del fosfonato di potassio anche in miscela con dithianon.

Recentemente si è allargata la disponibilità di principi attivi della famiglia dei triazoli con l’utilizzo del vecchio difenoconazolo, ma anche con l’inserimento del nuovo mefentrifluconazole autorizzato definitivamente nei confronti della malattia. Estensioni di etichetta si sono infine ottenute anche per dodina e bicarbonato di potassio.

Tutti i più recenti prodotti sono stati favorevolmente accolti in quanto utili alternative per integrare i fungicidi disponibili, anche nell’ottica della riduzione dei rischi di residualità e di resistenza potenzialmente non trascurabili in programmi di intervento intensi come quelli relativi alla maculatura bruna.

Tanti studi

A partire dalla sua comparsa, studi e ricerche di laboratorio e in campo si sono susseguiti, prendendo in considerazione sia gli aspetti bio-epidemiologici, sia quelli di difesa. I primi portarono a stabilire il ruolo primario di S. vesicarium nelle infezioni e a dare alla presenza di ceppi di Alternaria spp. una importanza secondaria.

Ciò è legato alla capacità dei conidi di S. vesicarium di produrre, durante la germinazione, due tossine specifiche, SV-I e II, capaci di provocare modificazioni ultrastrutturali della membrana plasmatica delle cellule vegetali di ospiti suscettibili.

Questi ultimi, come noto, nel caso del pero sono rappresentati dalle principali cv medio-tardive allevate nelle aree pericole italiane:

  • Abate Fètel,
  • Decana del Comizio,
  • Conference,
  • Kaiser,

mentre il gruppo delle precoci, William in primis, si mostra completamente tollerante alle concentrazioni di tossine prodotte naturalmente dal fungo in campo.

Sintomi di maculatura bruna su foglie di Abate Fètel.

Gli studi epidemiologici misero in evidenza come la sorgente principale delle infezioni fosse rappresentata dalle erbe del cotico erboso e dai frutti e foglie infetti caduti a terra. Gli studi sulla difesa si concentrarono su quanto fosse possibile limitare i danni provocati dal patogeno attraverso, soprattutto, il ricorso ai molteplici prodotti fitosanitari coadiuvati anche dall’utilizzo di modelli previsionali (BSP Cast, Brown Spot of Pear forecasting system e, successivamente, BSP Spor).

La quantità di studi condotti nel corso del tempo si è dimostrata, almeno fino a qualche anno fa, sufficiente a fornire alla assistenza tecnica le informazioni basilari sulle quali costruire la difesa da maculatura bruna. Nelle ultime stagioni vegetative, come già accennato, i mutamenti climatici (precipitazioni più frequenti e concentrate, temperature favorevoli allo sviluppo del patogeno), coincidenti, in particolare, con le fasi di maggiore sensibilità dei frutti, hanno fondamentalmente cambiato la prospettiva determinando più elevati e, soprattutto, costanti rilasci conidici, con infezioni più difficilmente controllabili.

Tutto ciò ha condotto a una nuova valutazione della situazione e a una serie di studi e sperimentazioni in parte ancora in corso. Questi hanno riguardato sia aspetti della biologia del patogeno, sia gli interventi di difesa. Tra i molteplici studi di laboratorio e in campo si ricordano quelli legati all’efficacia e persistenza di numerosi prodotti fitosanitari (ma anche di sostanze di base, corroboranti e fertilizzanti), insieme alla loro capacità di dare origine a fenomeni di resistenza. È stato riconsiderato il ruolo di Alternaria spp. nell’originare i sintomi della malattia, ma anche la capacità di produrre tossine di S. vesicarium.

Approcci agronomici

Particolare attenzione è stata rivolta agli aspetti agronomici legati strettamente al ciclo biologico del patogeno e cioè gli interventi volti a sanitizzare il cotico erboso dove il fungo svolge il suo ciclo in forma saprofitaria.

Sono soprattutto le specie graminacee, come Poa pratensis, Festuca rubra, Festuca ovina, Lolium perenne, ad ospitare la parte preponderante dell’inoculo fungino. Per questo motivo il prato sottostante i pereti rappresenta il primo tassello da considerare per la gestione della malattia, prestandosi ad operazioni di sanitazione finalizzate alla riduzione del rischio infettivo.

Le strategie che sono state sperimentalmente realizzate hanno riguardato interventi

  • meccanici con l’interramento del cotico e lavorazioni del suolo;
  • fisici tramite trattamento termico con pirodiserbo;
  • chimici con applicazioni di calciocianamide, calce idrata e solfato ferroso;
  • con microrganismi antagonisti attraverso applicazioni di un prodotto fitosanitario a base di Trichoderma gamsii e T. asperellum autorizzato per queste applicazioni.

La migliore efficacia è stata evidenziata dalla rottura del cotico erboso che, però, per le sue controindicazioni legate alla portanza del terreno, sono consigliate in particolare negli appezzamenti con una pluriennale ed importante perdita produttiva, mentre le altre applicazioni, in senso generale, vanno preferite nelle situazioni con minori problematiche.

Inoltre, dal momento che il patogeno si moltiplica in modo saprofitario prevalentemente sui tessuti secchi e in decomposizione delle graminacee, importante risulta la stessa gestione del cotico qualora non si ricorra al suo interramento.

Non tagliare il prato riduce la creazione di un habitat che predispone la moltiplicazione del fungo a meno che l’erba non dissecchi a causa di carenza idrica, come nel caso di falde molto basse e/o assenza di precipitazioni. All’opposto, tagliare il prato molto frequentemente aiuta a ridurre, di volta in volta, la quantità di materiale che va in decomposizione, mentre pochi tagli possono provocare la formazione di grosse quantità di residui di sfalcio che, disseccandosi, rappresentano un pericoloso bacino di proliferazione del patogeno. Si sottolinea quindi la centralità del ruolo del materiale organico in decomposizione derivante dagli sfalci del cotico erboso (erba secca).

Gli interventi di sanitazione primaverili contribuiscono quindi alla riduzione dell’inoculo svernante di S. vesicarium quando eseguiti con idonee tempistiche e modalità e vanno applicati ad integrazione della difesa chimica alla chioma. Per mantenere l’effetto sul contenimento dei danni è quanto mai opportuno ripetere le pratiche di sanitazione nel corso della stagione tenendo presente che i risultati delle tecniche applicate possono variare in funzione delle realtà aziendali e delle condizioni ambientali che si verificano.

Sempre dal punto di vista agronomico, dalle ricerche condotte sono scaturite indicazioni di carattere generale, spesso a conferma di quanto precedentemente stabilito, in relazione ai fattori di rischio predisponenti come l’orografia e l’ubicazione degli appezzamenti in zone umide, vicinanza a corpi idrici e ristagni superficiali; oppure, presenza di coperture quali reti antigrandine classiche e monoblocchi. La rete monofila appare invece meno predisponente, in particolare quella di colore bianco, ed è assimilabile ai frutteti senza copertura per condizioni micro-ambientali interne. Anche la tipologia di impianto d’irrigazione è risultata determinante: l’irrigazione sopra chioma e quella sottochioma con microjet determinano condizioni di rischio molto più elevate dell’ala gocciolante.

Epidemiologia

Relativamente agli aspetti epidemiologici analizzati, S. vesicarium è confermato essere l’agente causale primario della maculatura bruna del pero, mentre i ceppi di Alternaria spp. frequentemente isolati anche in coltura pura dalle tacche necrotiche non sono in realtà in grado di causare sintomi su frutti sani, ma solo in corrispondenza di ferite, micro-ferite e qualunque via pervia anche di tipo naturale.

Circa la presenza di altre specie di Stemphylium, oltre a S. vesicarium, si conferma l’esclusiva presenza della specie S. vesicarium. Si è ulteriormente indagato anche sulla eziologia e sui momenti infettivi alla base della sintomatologia calicina presente insieme a quella laterale o, in alcune annate, in maniera esclusiva sui frutti. S. vesicarium si riconferma essere l’unico fungo sostanzialmente coinvolto anche in questa tipologia di danno e le infezioni iniziano dalle prime fasi dopo l’allegagione del frutticino. Inoltre, non è emerso nessun ruolo dei fitoregolatori nel causare la maculatura calicina.

Sono anche stati intrapresi studi sul corredo tossigeno del patogeno relativamente alla quali-quantificazione delle tossine presenti e se e quanto il cambiamento climatico (in particolare gli incrementi termici) avessero agito sulla loro produzione. Gli studi, ancora in corso, hanno in effetti sufficientemente evidenziato un corredo più complesso di quanto stabilito in passato e anche la tendenza alla produzione di una maggiore quantità di alcune tossine all’aumentare del parametro termico. Quindi, l’ipotesi è che S. vesicarium si sia adattato al mutamento termico riuscendo a causare danni sui frutti anche con le più alte temperature (30-35°C), conducendo ad un più esteso periodo di pericolosità e di rischio.

Sensibilità ai fungicidi

In termini di prodotti utilizzabili nella difesa alla chioma si è potuto stabilire che i ceppi sensibili del patogeno continuano ad essere controllati dai numerosi prodotti di sintesi autorizzati (tab. 1) e che i prodotti efficaci contro S. vesicarium lo sono sostanzialmente anche contro Alternaria spp., sia su micelio, sia su conidi. Se questo è vero in caso di sperimentazione su frutti in assenza di ferite, su frutti danneggiati l’attività di tutti i prodotti è in larga misura annullata o fortemente ridotta nei confronti di S. vesicarium, mentre è completamente annullata verso Alternaria spp.

Sintomi calicini di maculatura bruna sui frutti.

Popolazioni di S. vesicarium saggiate in questi ultimi tre anni per la verifica della loro sensibilità ai principali fungicidi utilizzati e, tra questi, in particolare gli unisito, a più elevato rischio di fenomeni di resistenza, hanno mostrato diminuzioni di sensibilità o situazioni di resistenza. A quest’ultimo caso si può ricondurre il comportamento di S. vesicarium verso il tebuconazolo, ma anche il captano che, nonostante non sia un prodotto monosito, anno dopo anno ha visto aumentare i casi nei quali ha perso la sua efficacia collegata al fenomeno. Altri casi importanti, confermati anche dalle ultime ricerche, sono quelli degli analoghi delle strobilurine (kresoxim-methyl, pyraclostrobin, trifloxystrobin). A partire dai primi anni 2000, in concomitanza con l’autorizzazione al loro uso su pero, venne infatti avviata l’indagine nei confronti anche di questi principi attivi che, in un primo periodo, anche piuttosto lungo rispetto a quanto accaduto per altri patogeni, rivelò la completa sensibilità di S. vesicarium nei loro confronti. La prima presenza di isolati resistenti, concomitante a un calo di efficacia, fu riscontrata nel 2006 in un pereto in provincia di Ravenna. Da questo caso puntiforme, dal 2008 a oggi, si è evidenziata la diffusione del fenomeno nella gran parte dei campioni analizzati provenienti dalla regione Emilia-Romagna, così come dalle aree investite a pero nelle regioni limitrofe.

Le analisi di laboratorio hanno messo in luce livelli di resistenza del fungo molto elevati anche perché collegati alla presenza di alte frequenze della sostituzione amminoacidica G143A nel complesso enzimatico target di questi fungicidi, rappresentato dal citocromo bc1 nella catena respiratoria. La resistenza alle strobilurine, anche in S. vesicarium come in altri patogeni, non regredisce con facilità nel corso del tempo e la loro adozione, in situazioni di bassa frequenza di conidi resistenti, deve essere quindi ancora limitata ai periodi di minor rischio infettivo all’interno di una adeguata strategia di difesa.

Non si può poi chiudere il “capitolo” sulla sensibilità ai fungicidi senza accennare a quanto accaduto all’ultimo meccanismo di azione messo a disposizione per contrastare anche S. vesicarium quale quello degli SDHI. Grazie alla costruzione di una “baseline” di riferimento con isolati prelevati dal 1995 al 2006, quindi campionati in anni precedenti la commercializzazione del primo SDHI (Boscalid) su pero, è stato possibile controllare la sensibilità di S. vesicarium nei confronti di questa famiglia. Per circa 10 anni nessuno spostamento dei parametri di sensibilità (DE50 e Concentrazione Minima Inibitoria) dalla “baseline” è stato evidenziato. I primi casi di riduzione di sensibilità in frutteti commerciali sono stati verificati a partire dal 2017 e, negli ultimi anni, il loro grado di azione, nelle analisi di laboratorio, è diminuito in maniera importante su una parte dei campioni analizzati.

Il sequenziamento del genoma del fungo ha facilitato l’identificazione di mutazioni, e sostituzioni amminoacidiche ad esse collegate, in due delle quattro subunità del gene della succinato-deidrogenasi (complesso II della catena respiratoria) del fungo. Nonostante esistano differenze nei siti di legame dei diversi principi attivi al complesso enzimatico target di questa famiglia, che comportano anche la presenza di molteplici mutazioni diversamente localizzate, gli SDHI devono essere considerati a resistenza incrociata e le strategie anti-resistenza devono essere applicate per tutti i prodotti del gruppo. Il fenomeno della resistenza nei confronti degli SDHI è quindi arrivato a essere una realtà per S. vesicarium che occorre tenere presente nella impostazione di difesa.

Certamente la sua gestione non è semplice dal momento che non sono attualmente, e nel breve periodo, previsti sul mercato nuovi prodotti con meccanismi di azione diversi da quelli attualmente già disponibili. A non accusare diminuzioni di sensibilità sono quindi rimasti solo pochi principi attivi/meccanismi di azione e cioè fluazinam insieme ai due triazoli difenoconazolo e mefentrifluconazolo. In prove di pieno campo sono anche stati saggiati corroboranti (estratti di tannini, di equiseto, polisaccaridi, olii vegetali ozonizzati) e alcuni concimi contenenti rame, zinco, boro e silicio. Si è visto che in senso generale essi non hanno la capacità di ridurre l’incidenza della malattia, ma possono ridurre la severità dei sintomi.

Tab. 1 - Rischio di resistenza stabilito dal “Fungicide Resistance Action Committee” (FRAC) dei diversi meccanismi di azione dei fungicidi autorizzati in Italia contro maculatura bruna del pero per trattamenti alla chioma
Gruppih Principi attivi Rischio resistenza (FRAC) Sito di azione
Rameici (Inorganici) Sali a base di ione rame (solfato tribasico, solfato neutralizzato, idrossido) basso Multi-sito
Inorganici Bicarbonato di potassio sconosciuto Interferenza con le attività di membrana e la fisiologia cellulare
Ditiocarbammati Metiram, Ziram basso Multi-sito
Tioftalimmidici Captano basso Multi-sito
Chinoni Dithianon basso Multi-sito
Microbiologici Bacillus amyloliquefaciens subsp. plantarum ceppo D747 sconosciuto Vari (competizione, stimolazione autodifese pianta)
Bacillus subtilis ceppo QST 713 sconosciuto
Guanidine Dodina da basso a medio Alterazione membrane mitocondriale e citoplasmatica (meccanismi non chiariti)
2,6 dinitroaniline Fluazinam basso Fosforilazione ossidativa
Fosfonati Fosetyl Aluminium, Fosfonato di K basso Stimolazione autodifese pianta/attività diretta sul patogeno non ben chiarita
PP (PhenylPyrroles) Fludioxonil da basso a medio MAP/Istidina- Kinasi – trasduzione di segnale osmotico di membrana
AP (Anilino-Pyrimidines) Cyprodinil, Pyrimethanil medio Biosintesi metionina
QoI (Quinone outside Inhibitors) Kresoxim-methyl, Pyraclostrobin, Tryfloxystrobin alto Inibizione del complesso III (catena respiratoria),Citocromo bc1- sito Qo
SDHI (Succinate- dehydrogenase inhibitors) Boscalid, Fluopyram, Fluxapyroxad, Isopyrazam, Penthiopyrad da basso a alto Inibizione del complesso II (catena respiratoria), Succinato Deidrogenasi
DMI (DeMethylation Inhibitors) - SBI (classe I) Tebuconazolo, Difenoconazolo, Mefentrifluconazolo medio Biosintesi steroli (Demetilazione in C14)

Tempistiche di controllo

Si ricorda che i conidi, al momento della germinazione, producono le tossine responsabili dei sintomi su foglie e frutti; è pertanto di estrema importanza applicare tutti i prodotti prima che i conidi arrivino sulla vegetazione, per limitarne la germinazione.

I trattamenti tempestivi (post-pioggia) sono un’estrema ratio da non privilegiare rispetto agli interventi preventivi (pre-pioggia). Se da una parte la copertura preventiva può risultare dilavata da un’abbondante precipitazione, dall’altra non è sempre scontato riuscire ad entrare in campo immediatamente dopo l’evento infettivo in funzione della praticabilità del terreno. Si consiglia di effettuare un trattamento tempestivo solo nei casi in cui si ipotizza un importante effetto dilavante del trattamento preventivo e, nel caso estremo in cui non sia stato realizzato quest’ultimo, di essere consapevoli che la tempestività ha un ruolo chiave nel risultato fitoiatrico ottenibile.

I turni applicativi vanno modulati in funzione dell’andamento stagionale, tenendo conto anche delle condizioni di rischio dello specifico frutteto. I modelli previsionali che prevedono la dinamica dei rilasci conidici (BSP Spor) e del rischio infettivo (BSP Cast) sono gli strumenti consigliati per interpretare la dinamica del patogeno in funzione dei parametri ambientali. Occorre però ricordare che anche in condizioni di rischio molto basso (laddove i modelli previsionali non segnalano un rischio consistente di infezioni), non è bene sospendere completamente le applicazioni con fungicidi, ma è comunque raccomandato un mantenimento della difesa fungicida con turni più allungati, utilizzando prodotti a basso impatto come bicarbonato di potassio o olio essenziale di arancio dolce in miscela estemporanea con sali di rame.

Nell’articolata e complessa attività degli studi intrapresi è importante citare anche la messa a punto di un sistema in grado di quantificare la presenza di S. vesicarium nel cotico erboso grazie al ricorso alla “Digital Drop PCR” e l’importante approccio, più di lungo termine, delle strategie basate sul silenziamento genico miranti sia all’ottenimento di piante resistenti/tolleranti, sia alla produzione di fungicidi applicabili sulla chioma. Nonostante per entrambi gli approcci, qualora dimostrassero la loro efficacia, non si possa avere oggi la certezza di un’applicabilità nella pratica (a causa di assenza di normative e/o difficoltà nell’accettazione politica e pubblica), si tratta certamente di visioni molto innovative che meritano pienamente di essere considerate oggi per avere potenziali possibilità applicative nel futuro.

Ancora molta strada da fare

Come sinteticamente presentato, una enorme mole di lavoro è stata condotta ed è ancora in corso nei confronti del patogeno mentre nulla o quasi è stato intrapreso in relazione all’ospite che è protagonista tanto quanto S. vesicarium dell’intera sfida volta a salvaguardare la sopravvivenza della pericoltura italiana.

Risalgono a circa 10 anni fa gli studi che portarono alla identificazione di tratti genici (QTL) che determinano suscettibilità in Abate Fétel e resistenza in Max Red Barlett e che potrebbero essere di aiuto per la costituzione di nuove varietà sia attraverso tecniche tradizionali (inevitabilmente più lunghe) che di evoluzione assistita (TEA) specialmente se portate avanti attraverso una visione interdisciplinare tra i patologi vegetali ed esperti nel miglioramento genetico delle piante arboree.

La situazione è purtroppo ancora molto complessa ed esistono solo cauti spiragli di un miglioramento nel prossimo futuro affinché la pericoltura, in particolare legata alla varietà Abate Fètel, nei nostri territori possa vincere la battaglia che si è fatta sempre più dura per la contemporanea azione di molteplici avversità di cui la maculatura bruna è la malattia più importante ma agisce spesso insieme al cancro da Valsa e alla Moria senza contare la cimice asiatica in ambito entomologico.


L’articolo è pubblicato sulla Rivista di Frutticoltura e di Ortofloricoltura n. 9/2022


Parte dei risultati sono stati ottenuti grazie al finanziamento della Regione Emilia-Romagna nell’ambito del PSR 2014-2020 Op. 16.1.01- GO PEI-Agri-FA 4B, Pr. “MAC” con il coordinamento di RI.NOVA e dall’OI Pera.

La bibliografia è disponibile presso la redazione.

Maculatura bruna sempre più preoccupante per la pericoltura - Ultima modifica: 2022-11-17T10:35:09+01:00 da K4

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