Uva da tavola, campagna 2021 con diversi problemi

uva da tavola
Gli effetti di nebbia e caldo umido
La morsa delle royalty, l’uva che arriva a prezzi non competitivi dall’Egitto e le avversità meteorologiche complicano la situazione del settore dell'uva da tavola pugliese. Diverse associazioni del territorio concordano sullo stato di calamità ma ci sono anche opinioni sono discordanti

«Impossibile continuare a vendere al di sotto dei costi di produzione. Tutto il comparto è in sofferenza, partendo dalle campagne primaverili ed estive di raccolta con i casi clamorosi dei prezzi stracciati riconosciuti ai produttori per ciliegie e angurie. Il problema, poi, si è riproposto drammaticamente anche per l’uva da tavola, gli agrumi e, più in generale, tutti i prodotti del settore ortofrutticolo. Gli effetti perversi di un mercato impostato su prezzi al ribasso e importazioni selvagge mostra apertamente lo squilibrio nel potere di contrattazione tra i produttori e la Grande distribuzione organizzata». Questo è uno dei problemi che CIA Agricoltori Italiani della Puglia e Confcooperative Puglia hanno posto  all’assessore all’Agricoltura della Puglia, Donato Pentassuglia. «Occorrerà chiedere il riconoscimento dello stato di calamità. Pertanto, al fine di poter dare una risposta agli imprenditori agricoli, chiediamo la convocazione del Tavolo ortofrutticolo regionale per affrontare il problema con l’intera filiera e con le istituzioni preposte per porre in atto azioni volte a salvaguardare il comparto».

Campagna difficile anche per Coldiretti

Anche per Coldiretti Puglia «è da profondo rosso il bilancio della campagna dell’uva da tavola a conclusione dell’annata 2021, probabilmente la peggiore degli ultimi 10 anni, mentre si ha notizia dei container di uva pronti ad arrivare da Cile e Perù prima di Natale». Ma il Consorzio per la valorizzazione e la tutela dell’Uva di Puglia Igp e l’Apeo (Associazione dei produttori e degli esportatori ortofrutticoli pugliesi) sostengono che parlare di annata peggiore degli ultimi 10 anni sia un’esagerazione.

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Le royalty da pagare sulle nuove varietà di uva da tavola

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La nebbia e il caldo umido favoriscono lo sviluppo di muffa sui grappoli

Nel comparto dell’uva da tavola, la Puglia è la prima regione italiana per numero di aziende, quantità e qualità della produzione. Il dato complessivo regionale si attesta su una superficie di 25.085 ettari utilizzati e una produzione di 6.400.000 quintali. La provincia di Bari, da sola, registra 10.750 ettari utilizzati e una produzione annuale pari a 2.332.000 quintali. Non sono soltanto numeri di eccezionale rilievo, ma si tratta soprattutto di reddito per migliaia di lavoratrici e di lavoratori, posti di lavoro, un’economia di filiera che è motore trainante del nostro export. Per il comparto dell’uva da tavola, incombe, più di altri comparti, la questione delle royalty da pagare sulle nuove varietà. Il fenomeno sta diventando una trappola silenziosa che rischia di danneggiare seriamente gli imprenditori agricoli.

Per Raffaele Carrabba, presidente di Cia Puglia, «la questione è nota da tempo e riguarda tutta la Puglia: sulle uve da tavola senza semi, soprattutto, ma anche su moltissimi prodotti ortofrutticoli e agrumicoli, negli ultimi tempi si sta giocando una vera e propria guerra dei brevetti».

In alcuni Paesi, come Israele, Cile e Stati Uniti, la ricerca scientifica ha prodotto nuove varietà di frutti. La proprietà intellettuale di quelle produzioni implica il pagamento delle royalty da parte dei semplici agricoltori sul territorio, non solo per avere l’autorizzazione a coltivare determinate varietà ma anche nella successiva vendita del raccolto. Di fatto, agli agricoltori viene imposto anche a chi vendere. Un’imposizione che, se elusa, può avere conseguenze estreme, fino al taglio delle viti. In sostanza, per poter coltivare le nuove varietà, l’azienda agricola deve sottoscrivere un contratto che la vincola non solo a pagare le royalty, ma anche a vendere e commercializzare l’uva solo attraverso uffici della società che detengono il brevetto vegetale. In pratica si diventa ‘succursali’, una sorta di franchising, con qualcun altro che diventa padrone in casa nostra, di fatto titolare del destino di ogni politica commerciale e di vendita che decide al posto dell’agricoltore come e quanto coltivare e quale reddito deve andare a chi investe e lavora sul campo, si accolla il rischio d’impresa, paga fior di euro per assicurare i propri vigneti e li cura.

L’uva dall'Egitto a prezzi impossibili

Le regole diverse a seconda dei Paesi, anche all’interno dell’Unione europea, rendono ancora più difficile la vita dei nostri produttori. L’Olanda, per esempio, dove vige un regime fiscale particolarmente vantaggioso, annualmente satura il mercato europeo dell’uva da tavola con prodotto acquistato dall’Egitto, che viene venduto, già confezionato, al prezzo medio di 0,60 euro al chilogrammo, contro il prezzo medio di 1,20 euro al chilogrammo dei produttori e commercianti italiani.

Per Sergio Curci, responsabile GIE Ortofrutta di Cia Puglia, «non è possibile vendere le nostre uve ad un prezzo più basso di 1,20 euro al chilogrammo, un prezzo peraltro appena sufficiente alla sola remunerazione dei costi. L’Olanda ha stretto accordi commerciali con i produttori egiziani ed ha realizzato una grande piattaforma logistica di distribuzione del prodotto egiziano. Peraltro, l’Europa, irragionevolmente, ha investito grosse somme in Egitto con finalità di ricerca e per la realizzazione di nuovi impianti con varietà di uva da tavola innovativa, anche senza semi. Attualmente gli egiziani hanno una produzione di buona qualità e ogni anno aumentano le proprie estensioni a frutto per migliaia di quintali. Avvalendosi di una manodopera a costo bassissimo, l’Olanda può oggi distribuire sul mercato europeo una grande quantità di uva da tavola, con e senza semi, di buona qualità a prezzi stracciati e improponibili per i produttori italiani».

Fare i conti con gelo, siccità e alluvioni

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Gli effetti di nebbia e caldo umido sui grappoli di uva da tavola

«Le gelate primaverili prima, la persistente siccità e le calure africane che hanno caratterizzato questa estate hanno messo a dura prova le coltivazioni e le imprese agricole - dichiara Vincenzo Patruno, presidente Confcooperative Puglia. Per salvare le produzioni, i viticoltori hanno dovuto far ricorso a innumerevoli irrigazioni di soccorso con un aggravio di costi per i bilanci delle aziende. Per effettuare le irrigazioni, gli agricoltori hanno dovuto fare i conti con una rete irrigua obsoleta e non in grado di far fronte alle esigenze irrigue delle coltivazioni». Anche in questi giorni un’altra vera e propria calamità si sta abbattendo sull’uva da tavola. Le nebbie e le temperature al di sopra delle medie stagionali stanno distruggendo le produzioni ancora presenti in grandi quantità sulle piante. Umidità e temperature che stanno favorendo lo sviluppo di muffe che la mano dell’uomo non riesce a fermare né con il diradamento dei chicchi né con i trattamenti fitosanitari.

Uva da tavola, campagna 2021 con diversi problemi - Ultima modifica: 2021-12-01T11:05:33+01:00 da Redazione Frutticoltura

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