In questi giorni c’è molta aspettativa per la discussione in sede comunitaria della proposta che sta circolando sui propositi di accettazione delle piante Ngt (ottenute con le nuove tecnologie genetiche) in agricoltura. Il testo propone un quadro giuridico per le piante ottenute mediante editing genetico e cisgenesi e per gli alimenti e i mangimi da esse ottenuti.
A questo fine si identificano diverse tipologie di piante Ngt e si propone di regolamentare le piante derivanti da interventi di editing genetico o cisgenesi, indistinguibili da piante che si possono ottenere mediante incrocio o mutagenesi casuale, non secondo la normativa Ogm, ma come avviene ora per le analoghe piante derivanti da incroci classici o per mutazioni casuali. L’obiettivo è di mantenere un elevato livello di protezione della salute umana e animale e dell’ambiente, consentire l’innovazione nel sistema agroalimentare e contribuire agli obiettivi del Green Deal europeo e della strategia “farm to fork”.
L'editoriale della rivista di Frutticoltura n. 6/2023
Quanto proposto risulta una soluzione molto restrittiva, infatti, per quanto riguarda l’editing genomico, si considera accettabile se comprendente cambiamenti del DNA solo con aggiunte o rimozioni di corte sequenze pari solo a 20 nucleotidi. Tale restrizione riduce notevolmente la potenzialità di questa tecnologia, che nel testo viene accettata solo per risolvere le problematiche di resistenze a stress biotici e abiotici, escludendo la resistenza a erbicidi.
Questa tipologia di Nbt, se la proposta sarà approvata, sarebbe sempre identificata come Ogm, ma si escluderebbe la procedura di notifica per la valutazione del rischio salute uomo e ambiente che sarebbe sostituita da una dichiarazione in cui si descrive la tipologia di pianta Ngt la quale potrà essere sperimentata direttamente in pieno campo senza autorizzazioni ed anche avviata alla produzione commerciale. In teoria questa pianta Ngt sarebbe definita come pianta che può seguire le normali procedure che si fanno per lo sviluppo commerciale di altre piante, ma dovrà sempre essere etichettata e tracciata per l’origine Ngt.
Chiaramente queste piante rimangono comunque escluse dal sistema di certificazione biologico, che non accetterà materiali derivati da incrocio con piante editate e cisgeniche. Sembra siano previsti altri studi sulla possibile coesistenza tra biologico e coltivazioni di piante Ngt. Molti già sono stati fatti in passato con gli Ogm tradizionali e ora saranno di più difficile realizzazione in quanto per le piccole modifiche ammesse nella proposta di normativa non sarà facile identificare e tracciare le nuove piante Ngt.
Si deve specificare che si sta parlando di una proposta della Commissione che ora deve passare al Parlamento e poi al Consiglio europeo: quindi serve ancora cautela e attenzione in quanto i tempi sono molto stretti e se non passerà entro il prossimo autunno se ne riparlerà solo nel 2025 con il nuovo Parlamento europeo.
Una possibile approvazione risulterebbe solo un passo simbolico di prima accettazione di una pianta “biotech” (ricordiamo che già importiamo prodotti di questo tipo in grandi quantità). In Italia, con un’opposizione forte dei soliti “no-Ogm”, così come a livello europeo, le lobby anti-Ogm stanno intasando i siti comunitari, in particolare quello sulla consultazione avviata dalla Commissione, dove già si trovano più di 70mila commenti quasi tutti contrari.
In attesa di tutto questo, approfittiamo del passo più significativo e concreto ottenuto con l’approvazione nel ‘decreto siccità’ di una norma che permette di attivare la sperimentazione in campo, da anni bloccata, di piante editate (senza il limite di 20 nucleotidi) e cisgeniche di interesse per la risposta ai cambiamenti climatici, seguendo la normativa esistente sulla sperimentazione in campo degli Ogm.
Se questa legislatura europea, già al termine, non riuscirà a fare anche solo il passo simbolico di approvazione della proposta, sarà importante sfruttare l’opportunità offerta dal nostro decreto, attivandosi al più presto con la preparazione di notifiche per avviare la sperimentazione con le piante disponibili e in attesa, da anni, di essere trasferite in campo. Si riuscirebbe, in questo modo, a dimostrare con azioni di divulgazione i possibili benefici derivanti dall’applicazione di queste tecnologie in assenza di rischio per i sistemi agricoli, l’ambiente e la salute del consumatore.