Xylella, nuovi protocolli di convivenza negli oliveti pugliesi

Misure fitoiatriche, gestione del cotico erboso, contrasto all’insetto vettore, potatura periodica: i criteri operativi in corso di applicazione in Puglia nelle aree interessate dal batterio sembrano utili a contrastarne la diffusione e restituire alle piante infette nuova efficienza.

Xylella fastidiosa, un batterio da quarantena secondo l’organizzazione europea per la protezione delle piante (EPPO), è stato ufficialmente diagnosticato negli oliveti salentini nell’ottobre 2013 dove, al momento del rinvenimento, era già presente su circa 10.000 ettari nell’area di Gallipoli e comuni limitrofi (Martelli, 2016). I principali sintomi del “deperimento rapido dell’olivo”, come viene comunemente denominata la malattia, consistono nell’avvizzimento di foglie, rami e branche e, successivamente, nella morte dell’albero.

Produttività elevata osservata a maggio 2019 in alberi di oltre 200 anni di età a Giurdignano (Le) sottoposti al protocollo di convivenza nei confronti di Xylella fastidiosa subsp. pauca.

I disseccamenti iniziano a manifestarsi e ad aggravarsi nelle piante già infette, solitamente nel periodo primaverile-estivo, e sono provocati dall’occlusione dei vasi xilematici che si verifica a seguito della moltiplicazione del patogeno e alla conseguente formazione di biofilm batterico in grado di impedire il normale scorrimento della linfa grezza dall’apparato radicale alla chioma. La sottospecie pauca è stata individuata come responsabile dei deperimenti (Cariddi et al., 2014) che, nel corso degli ultimi anni, si sono notevolmente diffusi nei territori delle province di Lecce, Taranto e Brindisi.

Tentativi di eradicazione

Sulla base delle indicazioni derivanti dalle normative europee che regolano la gestione dei patogeni da quarantena, l’eradicazione del batterio fu proposta quale mezzo per risanare l’area infetta. Tuttavia, il successo delle eradicazioni degli organismi fitopatogeni da un territorio si basa su alcuni presupposti ben definiti: a) un’identificazione immediata dell’agente patogeno in un nuovo territorio; b) un’area infetta di dimensioni ridotte; c) un’organizzazione locale molto efficiente nel gestire l’eradicazione stessa; d) caratteristiche biologiche del microrganismo che ne garantiscano la completa eliminazione dal territorio (Sosnowski et al., 2009).

Al momento del rinvenimento della malattia nessuno dei criteri esposti risultava gestibile in maniera risolutiva e, soprattutto per le caratteristiche biologiche dell’epidemia, si intuiva una notevole difficoltà di successo. Infatti, X. fastidiosa subsp. pauca vive non solo nell’olivo, ma anche in numerose piante coltivate e spontanee ed è trasmesso da un insetto-vettore, la “sputacchina” (Phylaenus spumarius), molto prolifico e largamente diffuso in tutta la penisola salentina. Conseguentemente i tentativi di eliminare il batterio da tutto il territorio infetto che, oltre agli oliveti, comprende anche seminativi, incolti, fossi e canali, nonché parchi e giardini, appaiono tecnicamente impraticabili e destinati a non risolvere la situazione.
In tutte le emergenze fitosanitarie si cerca di mettere a punto, nel minor tempo possibile, strategie di convivenza con il patogeno che prevedono l’attuazione di misure fitoiatriche ed agronomiche in grado di contenere la sua diffusione, pur senza eliminarlo del tutto dall’area di coltivazione. A tale scopo si è cercato di individuare, sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili, un composto in grado di contenere la moltiplicazione di X. fastidiosa subsp. pauca all’interno dell’olivo. Da studi effettuati negli Stati Uniti è emerso che gli ioni zinco e rame sono quelli che mostrano la maggiore capacità di contenimento di X. fastidiosa e che una mirata gestione dei micronutrienti nella pianta può portare ad un efficace contenimento del batterio stesso (Navarrete e De La Fuente, 2015).

Xylella
Figura 2a - Oliveto sottoposto, da quattro anni, al protocollo di convivenza nei confronti di Xylella fastidiosa subsp. pauca e confinante con oliveti molto danneggiati dal batterio nella “zona infetta” a Cannole.

Interventi di difesa: la scelta del prodotto

La scelta del prodotto è caduta su un composto a base di zinco (4%), rame (2%) e acido citrico, frutto di un brevetto internazionale, e utilizzabile anche in agricoltura biologica, potenzialmente in grado di raggiungere il batterio nello xilema. A seguito di uno studio triennale interdisciplinare (Scortichini et al., 2018) che si è svolto a Veglie (provincia di Lecce) in un oliveto adulto di Ogliarola salentina e Cellina di Nardò, dove il batterio era stato diagnosticato ufficialmente prima che partisse lo studio, sono emerse le seguenti evidenze:
a) il prodotto ha un’attività battericida nei confronti di X. fastidiosa subsp. fastidiosa, nonché verso X. fastidiosa subsp. pauca isolati da olivi pugliesi mostranti il suddetto deperimento (S. Loreti, comunicazione personale);
b) il prodotto ha una notevole sistemicità, in grado di raggiungere effettivamente lo xilema e di rilasciarvi gli ioni zinco e rame;
c) notevole riduzione dei sintomi osservabili in campo (avvizzimenti dei rami e delle branche);
d) riduzione della popolazione del batterio all’interno della chioma;
e) assenza di fitotossicità nei confronti dell’albero;
f) totale assenza di residui del prodotto nell’olio.
Il protocollo prevede la nebulizzazione del prodotto sulla chioma, una volta al mese, nel periodo primaverile-estivo (marzo-settembre), nonché particolare cura alla potatura e all’eliminazione delle erbe infestanti mediante erpicature da effettuarsi iniziando da metà febbraio fino ad inizio maggio per ridurre le popolazioni delle forme giovanili dell’insetto-vettore (Tab. 1).

tab. 1 - Protocollo di contenimento di Xylella fastidiosa subsp. pauca in oliveti pugliesi
A) Nebulizzazione di zinco-rame-acido citrico, alla dose di 3,9 litri/ettaro, una volta al mese durante il periodo primaverile-estivo (marzo-settembre). Fornire un’adeguata bagnatura alla chioma in modo da favorire la penetrazione del prodotto. Per precauzione, non irrorare durante il periodo di fioritura.
B) Accurate erpicature del terreno (metà febbraio-inizio maggio) per la rimozione delle erbe infestanti che ospitano le forme giovanile dell’insetto-vettore (“sputacchina”). Importante l’eliminazione delle erbe anche da eventuali fossi e canali presenti nell’azienda.
C) Potatura con cadenza biennale al fine di favorire la fisiologia dell’albero e di consentire una maggiore penetrazione del prodotto nella chioma.

 

È importante sottolineare che, per la buona riuscita degli interventi di difesa, quando si iniziano i trattamenti deve essere presente almeno un 50-60% di chioma ancora apparentemente integra, cioè senza disseccamenti visibili ad occhio nudo, in modo da rendere possibile la penetrazione del prodotto all’interno dell’albero. Nelle situazioni in cui la chioma risulta molto compromessa o siano presenti esclusivamente i polloni non è consigliabile intraprendere il protocollo. Interventi che mirano ad aumentare la fertilità del terreno risultano utili.

Il ruolo della potatura

Particolare importanza va data alla potatura in quanto nel Salento, solitamente, viene effettuata ogni 4-5 anni in virtù dell’applicazione delle norme europee previste negli standard del “Mantenimento degli oliveti in buone condizioni vegetative” e questo si limita ad una drastica riduzione della chioma mediante “sbrancatura” (Santilli et al., 2011). Il protocollo di convivenza con la Xylella prevede che il turno della potatura sia almeno biennale, in modo da ottenere, oltre ai vantaggi che tale pratica induce nella fisiologia dell’albero quali maggior bilanciamento tra attività vegetativa e produttiva, maggior penetrazione della luce, maggiore areazione della chioma, aumentata facilità di raccolta (Calabrese et al., 2012), una maggiore efficacia di penetrazione del prodotto all’interno dell’apparato fogliare.
A seguito della sperimentazione di pieno campo, il protocollo è stato adottato da numerose aziende olivicole situate nella cosiddetta “area infetta”. Al momento è possibile individuare due diverse situazioni: a) aziende che hanno adottato il protocollo da quattro anni e che si trovano in piena produzione; b) aziende che stanno recuperando gli oliveti danneggiati dalla malattia nel corso degli ultimi due anni.

Figura 2 b- Oliveto sottoposto, da quattro anni, al protocollo di convivenza nei confronti di Xylella fastidiosa subsp. pauca e confinante con oliveti molto danneggiati dal batterio nella “zona infetta” a Otranto.

Per quanto riguarda il primo caso gli oliveti si trovano nei comuni di Nardò, Galatone, Uggiano, Otranto, Cannole, Giurdignano (provincia di Lecce) e Grottaglie, Crispiano e Montemesola (provincia di Taranto), per un’estensione complessiva di circa 450 ettari. Si tratta di oliveti adulti che arrivano anche ad oltre 200 anni di età, impiantati principalmente con Cellina di Nardò e Ogliarola salentina, ma dove si trovano anche Nociara, Cima di Melfi, Leccino e Picholine. La fioritura risulta molto elevata e la produttività degli impianti, tenendo conto della nota alternanza di produzione dell’olivo, varia tra i 40 e i 60 q/ha (Figg. 1a,b). In queste aziende, nel corso degli ultimi anni, non si sono rilevati disseccamenti pur trovandosi confinanti, in molti casi, con aziende distrutte dalla malattia dove la pressione del batterio è molto alta (Figg. 2 a,b).
Il secondo caso è inerente ad oliveti anch’essi situati nella “zona infetta” che si trovano nei comuni di Veglie, Carpignano, Ortelle, Diso, Andrano, Poggiardo, Uggiano, Otranto (provincia di Lecce) e nei comuni di Avetrana e Manduria (provincia di Taranto). Tutte le aziende, che occupano in totale una superficie di circa 50 ettari, sono state colpite dal batterio con gradi differenti di infezione e sono coltivate con Ogliarola salentina e Cellina di Nardò, nonché, in misura minore, con Leccino. L’età degli impianti è oltre i 60-70 anni con casi di oliveti centenari (Veglie, Otranto). Anche in questi casi molte aziende confinano con impianti distrutti dalla malattia. In alcune situazioni si è assistito ad un recupero molto veloce dell’impianto anche in situazioni caratterizzate dall’abbandono della coltura. Infine, si citano anche alcune aziende situate nella “zona di contenimento” che, a scopo preventivo, utilizzano il protocollo di contenimento al fine di salvaguardare il patrimonio olivicolo che costituisce un elemento fondamentale per l’identità storico-culturale e paesaggistica della Puglia.

Xylella, nuovi protocolli di convivenza negli oliveti pugliesi - Ultima modifica: 2020-03-24T18:09:19+01:00 da Lucia Berti

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