Fico, un’antica pianta per una moderna industria

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Fico della varietà Dottato
Nella frutticoltura mediterranea soggetta a cambiamenti climatici, il fico può svolgere un ruolo di sicuro valore. A patto, però, che vengano realizzate azioni urgenti per rendere più moderna la tecnica colturale. Su alcune di esse la ricerca sta già lavorando

Grazie alla sua ricca biodiversità il fico domestico (Ficus carica sativa) ha sempre rappresentato, con l’olivo e la vite, una delle colture più importanti del panorama agricolo meridionale. Pietra angolare dell’economia agricola di regioni come Puglia, Campania, Calabria, Sicilia e Basilicata (Tab. 1), è stato apprezzato per la rapida entrata in produzione e la facile trasformazione dei frutti. Il fico è stato e rimane diffuso in coltura promiscua con altri fruttiferi o colture erbacee, ma da alcuni anni, malgrado il calo generale delle superfici coltivate (Tab. 2), cresce il numero di impianti intensivi per la produzione di fioroni e fichi (o forniti). La crescente attenzione verso il fico ha spinto la Sezione di Frutticoltura della Soi a organizzare un webinar su aggiornamenti tecnici riguardanti, in particolare, coltivazione, impianti, propagazione, potatura, difesa e post-raccolta di questa coltura tipicamente mediterranea.

Per aree marginali tipiche di ambienti aridi mediterranei

Nella sfida ai cambiamenti climatici emergono le potenzialità di specie “neglette”, cioè sottoutilizzate rispetto ad altre che hanno assunto maggiore importanza per l’interesse sia del mercato fresco sia dell’industria di trasformazione alimentare, ma resistenti alla siccità e capaci di valorizzare le aree marginali tipiche di ambienti aridi, ha introdotto Tiziano Caruso, docente del Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e forestali (Saaf) dell’Università di Palermo.

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Fioroni della varietà Petrelli

«Le specie arboree “neglette” da frutto nel Mediterraneo sono il fico, il carrubo, il pistacchio, il melograno e il mandorlo. Il fico vive bene negli ambienti semiaridi mediterranei, contraddistinti da inverni miti ed estati calde, con precipitazioni annuali medie di 250-300 mm. Ha un basso fabbisogno in freddo ed è sensibile a temperature inferiori a -4 °C e alle gelate: non a caso in Italia viene coltivato soprattutto lungo le zone costiere e meno nelle aree interne. Tollera la siccità e la salinità, ma trae grandi vantaggi produttivi da modesti apporti idrici. Tali caratteristiche hanno consentito la sua coltivazione in gran parte dell’Italia: sono oltre 600 le varietà/genotipi segnalate e coltivate, molte a diffusione locale, testimonianza di un ricco germoplasma. Perciò, nel contesto della frutticoltura mediterranea soggetta a cambiamenti climatici, il fico può svolgere un ruolo di sicuro valore».

Azioni urgenti per valorizzare il fico

Peraltro, ha aggiunto Caruso, il recupero sostenibile della coltura del fico potrebbe contribuire a migliorare i redditi e la sicurezza alimentare di popolazioni di aree povere o persino soggette a carestie. «Inoltre il fico vanta aspetti salutistici che lo rendono ancora più interessante: riduce la pressione arteriosa, controlla il diabete e l’anemia, previene tumori, è ricco di antiossidanti e di calcio, favorisce la peristalsi, depura, è energizzante e fragrante. Ma la sua valorizzazione è possibile solo se vengono messe in atto azioni urgenti, sulle quali la ricerca ha cominciato a lavorare attivamente: introduzione di nuove varietà e forme di allevamento, aumento della densità di impianto, selezione di portainnesti, rivisitazione e attualizzazione della tecnica colturale, razionalizzazione della produzione vivaistica».

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Impianto intensivo di fico (varietà Dottato) nell’area Dop “Fichi di Cosenza”

Molte delle 600 varietà/genotipi presenti in Italia vengono coltivate nel Mezzogiorno. «In Puglia spicca la Petrelli, varietà bifera precoce che produce fioroni, dai primi di giugno a metà luglio, e fichi, da fine luglio a fine agosto, ed è particolarmente diffusa lungo la costa adriatica da Bari a Brindisi e in coltura specializzata in agro di Fasano (Br), ma è presente anche nei territori premurgiani del Barese e nelle province di Foggia e Lecce. La Calabria vanta la Dop “Fichi di Cosenza” per i frutti essiccati della cultivar Dottato. La Campania annovera la Dop “Fico bianco del Cilento” per il prodotto essiccato di uno specifico ecotipo di Dottato, selezionato e diffuso nel Cilento nel corso dei secoli: il “Bianco del Cilento”. Malgrado l’ampio assortimento varietale, la ricerca sta cominciando a valutare l’introduzione negli ambienti più vocati di varietà che meglio si adattano alla coltivazione intensiva. Inoltre il Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria e il Dipartimento Saaf dell’Università di Palermo stanno valutando, con risultati promettenti, il comportamento della cultivar Dottato innestata su portainnesti nanizzanti e resistenti alla salinità delle acque».

Il fico in asciutta e in irriguo

L’adattabilità del fico agli ambienti aridi mediterranei è garantita da un apparato radicale robusto ed espanso, dotato di notevole velocità di accrescimento e penetrazione nel suolo; tanto è vero che in ambienti difficili e per la ricerca di acqua le radici del fico si possono accrescere per decine di metri in larghezza, ha evidenziato Giuseppe Ferrara, docente del Dipartimento di scienze del suolo, della pianta e degli alimenti (Disspa) dell’Università di Bari.

«Il fico è stato sempre coltivato in asciutto. Tuttavia in aree con bassa piovosità, circa 100 mm di pioggia concentrati in brevi periodi, o per una coltivazione di pregio è consigliabile intervenire almeno con irrigazioni di soccorso localizzate. I volumi possono arrivare fino a 2.500 m³/ha, con differenze tra fioroni e fichi e, per questi ultimi, tra fichi da consumo fresco e quelli da essiccazione. Il fico tollera anche acque irrigue salmastre, con conducibilità elettrica fino a 5,5 dS/cm. Per la nutrizione bastano un buon apporto di sostanza organica e il reintegro degli elementi nutritivi asportati».

Di strategie irrigue ecosostenibili, ha riferito Caruso, si stanno occupando le Università Mediterranea di Reggio Calabria e di Palermo con una prova pluriennale di irrigazione in deficit, ponendo a confronto quattro tesi: restituzione del 100% dell’evapotraspirazione della coltura (Etc), del 50%, del 25% e controllo non irrigato. «Valutando le risposte fenologiche, ecofisiologiche, vegetative, produttive e qualitative, si è visto che basta restituire il 50% dell’Etc per ottenere una biomassa simile a quella ricavata con il 100%. Risparmiando il 50% di acqua il peso secco del frutto utilizzato per l’essiccazione non cambia; in più si raggiunge un doppio risultato positivo: il risparmio di acqua e un frutto adeguato per l’essiccazione, mentre, dando il 100% Etc si avrebbe un frutto troppo umido più difficile da essiccare».

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Impianto tradizionale di fico

Forme di allevamento e sesti di impianto

Tradizionalmente nei comuni impianti in asciutta il fico è stato sempre allevato a vaso, a forma libera, con 3-4 branche, e, come l’olivo in passato, con sesti di impianto molto ampi, ha ricordato Ferrara. «Invece in impianti più recenti, sempre con la forma di allevamento a vaso ma con irrigazione di soccorso, vengono adottati sesti di 5-6 x 5-6 m o 4 x 4 m. In generale si tende ad abbassare l’impalcatura del vaso per favorire l’espansione laterale, e non in altezza, della chioma e facilitare le operazioni di raccolta, che rappresentano circa il 70% dei costi colturali. Anche sul fico, specie molto plastica e adattabile, sono state provate nuove forme di allevamento. Ad esempio impianti multicaule, sulla falsariga del nocciolo, sistemi intensivi con più di 1.000 piante/ha. La spalliera può essere adottata per ridurre i sesti di impianto e per la coltivazione sotto copertura, in serra, per anticipare la maturazione dei fioroni e produrre fichi fuori stagione. In alcuni areali si usa una forma di cordone speronato con fili e tubi per il sostegno della pianta».

Anche sulle forme di allevamento l’Università Mediterranea di Reggio Calabria in collaborazione con l’Università di Palermo sta offrendo interessanti contributi di ricerca, ha aggiunto Caruso. «Dal 2018 valutiamo diversi sistemi di impianto per la varietà Dottato: il vaso (500-625 piante/ha), il cordone orizzontale (625-1.250-1.666 piante/ha), l’ipsilon trasversale (1.250 piante/ha) e la forma a “V” (1.666 piante/ha). I primi risultati sono incoraggianti e sicuramente nel volgere di pochi anni, in rapporto alla destinazione del prodotto (fichi/fioroni) e alle dimensioni aziendali, si potranno avere diverse possibilità di scelta».

Propagazione e vivaismo

Per l’ammodernamento della coltura del fico, ha considerato Caruso, sono imprescindibili la razionalizzazione delle tecniche di propagazione e lo sviluppo di un vivaismo specializzato che assicuri la commercializzazione di piante certificate dal punto di vista genetico e sanitario.

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Barbatelle durante l’allevamento in vivaio

«In passato si attuava la propagazione soprattutto per mezzo di polloni e grosse talee, meno per innesto. Invece oggi la tecnica vivaistica va verso l’autoradicazione per talea e consente di ottenere piante alte 1,6-1,8 m in meno di 10 mesi. Inoltre attualmente, poiché il fico è affetto da molte virosi, la propagazione in vitro permette di procedere al risanamento di diverse varietà e garantisce standardizzazione sanitaria e varietale. Inoltre anche con il fico si è provata con successo la produzione di semi sintetici tramite l’incapsulamento di embrioni somatici, germogli o altri tessuti meristematici per aumentare la velocità di propagazione e la certezza sanitaria e per minimizzare il costo delle piantine micropropagate. Infine è stata studiata la possibilità di micorrizazione delle radici: il fico ha mostrato di prestarsi bene, le piante ne trovano grande giovamento che si concretizza nella fruttificazione precoce e nella maggiore resistenza agli stress abiotici, in particolare idrici e salini».


I dati sulla produzione e le superfici coltivate a fico

Tab. 1 - Fico - Superfici e produzioni in Italia (2020)

Regione Superficie in produzione (ha) Produzione raccolta (t)
Puglia 490 3.276
Campania 463 2.914
Calabria 705 2.474
Sicilia 130 1.187
Basilicata 68 1.001
Lazio 65 458
Abruzzo 52 310
Marche 33 258
Toscana 23 110
Altre regioni 27 193
ITALIA 2.056 12.181

Fonte: Istat

Tab. 2 - La coltivazione del fico in Italia negli ultimi 50 anni

Anni Superficie in produzione (ha) Produzione raccolta (t)
1970 40.000 200.000
1980 13.700 70.000
2000 8.000 25.000
2020 2.000 12.000
Fico, un’antica pianta per una moderna industria - Ultima modifica: 2021-09-10T10:00:42+02:00 da Sara Vitali

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