Tendenze produttive e commerciali della pericoltura italiana

Pero
Pere italiane

La produzione mondiale di pere, secondo i dati forniti dalla Fao, dal 2000 ad oggi è salita da oltre 16 a oltre 25 Ml t. Il balzo in avanti è attribuibile alla Cina, Paese che sempre nello stesso periodo ha visto una crescita che ha portato l’offerta da 8,5 a poco oltre le 18 Ml t, raggiungendo nel 2014 il 70% dell’offerta totale. La produzione cinese è comunque concentrata sulle specie orientali “nashi” e si tratta quindi di una tipologia di prodotto completamente differente dal resto del mondo, indirizzata prevalentemente al mercato interno.
Geograficamente, nell’Emisfero Nord le aree a maggior produzione sono tre: l’Oriente, con la Cina naturalmente al primo posto, l’Europa, con l’Italia in primis, e l’America del Nord, con gli Usa che concentrano la parte predominante dell’offerta. In tutto il continente asiatico viene prodotto quasi l’80% delle pere mondiali, vale a dire un quantitativo che recentemente ha superato i 20 Mlt. In quest’area, oltre all’esplosione della Cina, già menzionata, si evidenzia l’aumento dell’offerta dell’India (oltre 300.000 t) e della Turchia (salita recentemente oltre le 450.000 t) a fronte di una stabilità di Giappone e Korea (circa 300.000 t ciascuna). In Nord America la produzione si mantiene mediamente su poco oltre le 800.000 t, pur con oscillazioni che portano i livelli in alcune annate al di sotto delle 800.000 t. La pericoltura statunitense copre la quasi totalità in quest’area.
Nell’Emisfero Sud, il complesso dei Paesi vede una disponibilità di prodotto che si aggira mediamente su poco oltre 1,5 Ml t. Concentrano il prodotto Argentina, Cile, Sud Africa ed Australia. L’Argentina è il Paese a più forte propensione produttiva nell’Emisfero Sud, con un’offerta che recentemente conta circa 750.000 t; segue il Sud Africa in progressiva crescita, salito di recente a 400.000 t. Il Cile, con una produzione che oscilla sulle 200.000 t e l’Australia, con circa 100.000 t, appaiono più distanziati.
Occorre sottolineare però che il livello produttivo non si riflette sempre in ugual misura sulle potenzialità del Paese in termini di mercato, in quanto vi sono importanti Paesi produttori che esportano sostanzialmente poco ed altri, come Argentina, Olanda e Belgio, che destinano all’esportazione quote assai rilevanti.
La pericoltura europea
L’Unione Europea potenzialmente è in grado di raggiungere annualmente una produzione di 2,6-2,7 Ml t di pere. Pur con oscillazioni dettate da variazioni dei rendimenti medi, nel complesso la situazione appare sostanzialmente stabile sui 2,3 Ml t. Questa stabilità è conseguente ad una crescita del potenziale produttivo in alcuni Paesi, a fronte di una maggiore disaffezione verso il prodotto da parte di altri.
Paesi come Belgio e Olanda in questi anni hanno rafforzato in maniera importante la pericoltura, con produzioni che oggi sono in grado di superare le 300.000 t, largamente destinate ai mercati esteri e concentrate sulla varietà Conference. Interessante è anche la produzione portoghese, che ha goduto di una certa espansione grazie alla varietà Rocha, la cui offerta oggi è in grado di superare le 200.000 t. Situazione opposta si rileva per Spagna e Francia, con una tendenza a ridimensionare gli investimenti. La produzione francese, pari a oltre 250.000 t nei primi anni duemila, recentemente si pone mediamente sulle 140.000 t; in Spagna l’offerta, da una media di oltre 600.000 t dei primi anni duemila, oggi supera di poco le 300.000 t.
Nella composizione della specie non si evidenziano grosse novità. A livello comunitario la varietà Conference, con un potenziale di circa 600.000 t dei primi anni duemila, è in grado oggi sfiorare 1.000.000 di t, pari al 40% delle pere prodotte nella Ue, grazie all’impulso soprattutto di Paesi come Belgio e Olanda che hanno investito su questa cultivar. William, diffusa prevalentemente in Italia e Francia, recentemente è scesa sulle 280.000 t, lasciando il secondo posto in ordine di importanza ad Abate Fetel, varietà diffusa praticamente solo in Italia, con una produzione che supera le 300.000 t, pari al 15% dell’offerta complessiva. Segue Rocha, con una produzione potenziale di 200.000 t, anche se negli ultimi anni si sono registrati cali importanti dovuti ai rendimenti medi. In declino appaiono varietà come la Blanquilla spagnola (Spadona estiva), Guyot-Limonera, Decana del Comizio.
In Italia
La produzione di pere in Italia negli anni duemila si è attestata mediamente su circa 850.000 t, superando anche le 900.000 t nel 2006, nel 2007 e più recentemente nel 2011. Nelle ultime stagioni la produzione non si è mai espressa al massimo del suo potenziale, posizionandosi su un livello medio di poco superiore alle 700.000 t complessive. La specie va sempre più concentrandosi su poche varietà di pregio, in particolare Abate Fétel.
Questa varietà domina infatti incontrastata il panorama varietale: escludendo gli anni di particolari deficit produttivi, la cultivar è in grado di avvicinarsi alle 400.000 t, come è avvenuto nel 2011, ponendosi comunque mediamente sulle 300.000 t, con un’incidenza salita al 45% del totale, contro il 28% del 2000. William mantiene la seconda posizione, rappresentando circa il 23% del totale; appare invece in marcata difficoltà Conference, recentemente posizionata attorno alle 65.000 t. Un discorso a parte merita Kaiser che, dopo aver subito per un lungo periodo un ridimensionamento degli impianti, sembra mantenere oggi un potenziale produttivo intorno alle 45.000 t.
Le altre cultivar tradizionali rivestono ormai un ruolo molto marginale e di recente si è affermata in maniera ancora piuttosto timida solamente Carmen che nel periodo precoce va ad affiancare Coscia, tipicamente coltivata al Sud, e la tradizionale Santa Maria. Da pochissimi anni sembra in leggera risalita Max Red Bartlett in virtù di una lieve ripresa degli investimenti.
La produzione di pere in Italia è molto concentrata in Emilia-Romagna, dove viene coltivato circa il 65% delle pere italiane, vale a dire un quantitativo attorno alle 500.000 t, se si escludono le annate con scarse rese medie per ettaro. In Emilia-Romagna oltre il 70% dell’offerta di pere è rappresentata da due varietà: Abate Fétel, che raggiunge il 50%, e William che detiene il 22%. L’offerta di pere nella regione è particolarmente concentrata nelle province di Ferrara e Modena, ma anche Bologna; in queste tre province si coltiva circa l’85% delle pere regionali.
La situazione produttiva del 2017
Con circa 2.148.000 t a livello complessivo, l’offerta 2017 di pere della Ue (28) segna un lievissimo -1% rispetto ai volumi contenuti prodotti nel 2016, posizionandosi al di sotto dell’8% alla media del triennio precedente (2014-16). Tra i principali Paesi produttori solo Italia e Portogallo segnano variazioni positive, dovute in parte anche alla scarsità delle produzioni dello scorso anno. L’Italia, con circa 719.000 t, segna un +5% sul 2016, rimanendo comunque prossima ai valori medi del periodo 2014-16. Il Portogallo, con un’offerta prevista di 186.000 t, cresce del 65% sul 2016, ma in questo caso è necessario sottolineare l’annata fortemente negativa del 2016. Il quantitativo preventivato non rappresenta comunque il potenziale massimo di questo Paese in grado di superare le 200.000 t.
Tutti gli altri importanti Paesi produttori vedono stime in calo rispetto alla precedente stagione. Il Belgio, con circa 300.000 t, scende del 7% e si mantiene sotto il 15% rispetto alla media del triennio precedente; l’Olanda, con 307.000 t, scende del 18% sul 2016 e del 14% sulla media degli anni più recenti. Stabile, invece, la Spagna rispetto allo scorso anno con circa 312.000 t, che rappresentano insieme ai volumi del 2016 il livello più basso degli ultimi anni.
Sul piano varietale, Conference vede scendere il proprio livello produttivo del 7% sul 2016; William è attesa sul -5%, mentre Abate Fétel è stimata in crescita del 12% rispetto ai bassi quantitativi dello scorso anno.
L’import-export italiano
Le pere italiane sono prevalentemente indirizzate al mercato interno. La quota di prodotto esportata risulta però in incremento rispetto ai primi anni duemila, quando si aggirava fra il 15 e il 16%; nelle ultime 6 campagne commerciali raggiunge infatti stabilmente il 20%, toccando il 22% nella stagione 2012-13 e 2014-15. Recentemente i quantitativi oscillano tra le 130.000 e le 190.000 t. Sono esportazioni che riguardano in particolare la varietà Abate Fétel, seguita a distanza da William e Kaiser. Nonostante non siano disponibili dati precisi per ogni varietà, è assodato che il peso dell’export, riferito in particolare alla cv Abate Fétel, cresce notevolmente.
Il quantitativo di pere esportato dipende molto dall’offerta disponibile; durante la campagna commerciale 2016-17 (da giugno a maggio), l’export si è posizionato su poco più di 133.000 t, il 13% i meno rispetto ai volumi della stagione 2015-16, in linea con il calo produttivo. Il valore ha raggiunto i 162 Ml € totali scendendo di soli quattro punti percentuali rispetto agli ottimi livelli raggiunti nella campagna precedente. Il prezzo medio annuo è però salito dell’11%, a riprova di una buona valorizzazione del prodotto.
Il ventaglio delle destinazioni non si è modificato in maniera significativa negli anni. I Paesi dell’Ue (28) permangono infatti la destinazione di gran lunga prevalente arrivando a rappresentare nell’ultima campagna il 93% del totale. La Germania si conferma il principale sbocco per le esportazioni italiane con una quota al 40% del totale. Il 15% dell’export è destinato alla Francia, seguita da Romania e Austria al 7% ciascuna e Regno Unito al 4%. Fino a pochi anni fa c’è stato un tentativo di penetrazione nei Paesi del Nord Africa, oggi ridimensionato a causa della situazione economico-politica.
Le importazioni recentemente oscillano attorno alle 90.000 t, contro le 120.000 degli anni passati. Il calo è determinato soprattutto dai quantitativi in arrivo dall’Emisfero Sud, in particolare dall’Argentina, ma, seppur in misura inferiore, anche dai Paesi europei. Il saldo della bilancia commerciale è pertanto nettamente positivo. In particolare, nel 2016 in termini di volumi l’export supera l’import di oltre 60.000 t. Il saldo del valore è in attivo di quasi 90 Ml €.
Il mercato interno
Il mercato nazionale delle pere ha mostrato negli ultimi anni novità importanti. Dopo un periodo piuttosto lungo iniziato nel 2000 in cui gli acquisti di pere delle famiglie italiane hanno vissuto una profonda crisi, con progressive e costanti riduzioni, dal 2014 in avanti i volumi sono progressivamente aumentati. All’inizio degli anni duemila venivano acquistate al dettaglio circa 460.000 t di pere; dopo progressive riduzioni, nel 2013 è stato toccato il minimo storico di poco oltre le 300.000 t, un calo quindi complessivo del 34%. Dopodiché il mercato è ripreso e oggi i volumi si collocano (dato 2016) sulle 393.000 t, una crescita pari a quasi il +30% rispetto al valore minimo del 2013. Anche i dati disponibili per il 2017 (da gennaio a luglio) confermano la risalita con un buon +5% sull’anno precedente.
Il trend descritto degli ultimi anni rappresenta uno dei migliori risultati nel comparto frutticolo. L’Italia, tra i principali produttori mondiali di pere, escludendo la Cina, ha puntato molto sulla varietà Abate Fétel che può essere oggi considerata di fatto una varietà club, vista l’elevata concentrazione in termini produttivi e commerciali. Sul fronte delle esportazioni, nonostante la nostra distintività, soffriamo l’aggressività commerciale di Belgio e Olanda, soprattutto in determinate destinazioni, forti anche dei minori costi di produzione.
La pera italiana presenta comunque un enorme potenziale di sviluppo, soprattutto su determinati mercati esteri che la sanno riconoscere. Il potenziale di crescita è conseguente anche alla possibilità di aprire nuovi mercati di sbocco extra Ue. È per questo che CSO da anni lavora intensamente per l’apertura di nuovi mercati, coordinando l’attività dei Servizi Fitosanitari e delle Istituzioni e imprese coinvolte. L’attività che sta prendendo avvio in questo periodo è in particolare il negoziato per mele e pere verso la Cina.
Nuove potenzialità di sviluppo esistono anche sul mercato nazionale, che abbiamo visto in crescita, ma che può migliorare ulteriormente.
Qualunque sia la destinazione del prodotto, proprio in virtù delle caratteristiche della pericoltura italiana, da tempo è sentita la necessità di valorizzare, promuovere e identificare la pera, ma questo è possibile attraverso una aggregazione di tipo produttivo e commerciale. Proprio su questo aspetto oggi l’assetto produttivo e commerciale italiano sta vivendo una vera e propria rivoluzione grazie alla nascita delle due nuove aggregazioni, Opera e Origine, che si stima concentrino insieme oltre il 40% dell’offerta nazionale.
L’aggregazione intorno ad Opera ha sviluppato, per la prima volta, una vera e propria politica di marca sul prodotto con azioni importanti rivolte ai consumatori, dalle campagne televisive nazionali fino ai social. Il prodotto a marchio Opera è identificabile, ben comunicato, visibile in diversi canali commerciali. La campagna appena terminata ha fatto vedere buoni risultati soprattutto in termini di visibilità e notorietà del prodotto. Origine, invece, presenta la pera italiana con il marchio “Peritalia” ed è principalmente incentrata su azioni rivolte ai mercati esteri.
Le due aggregazioni, sebbene ben diverse in termini gestionali, hanno una interessante complementarietà in termini di obiettivi di mercato, più orientata all’Italia Opera e più concentrata sull’export Origine. Al momento non è possibile analizzare i risultati economici; si stanno facendo investimenti importanti propedeutici al raggiungimento di un migliore posizionamento in futuro.
Senza entrare nel merito delle scelte delle singole società, sarebbe comunque importante raggiungere, un giorno, quell’unitarietà che potrebbe dare ancora più impulso e forza alla pera italiana. Senza dubbio l’importante azione fin qui svolta ha contribuito comunque a creare maggiore concentrazione rispetto al passato e rappresenta un passo avanti verso un’unica identità. Intanto va rimarcato il fatto che ci sono ancora tantissime realtà produttive, magari di dimensioni più piccole, che non sono aggregate né in Opera, né in Origine, e sarebbe importante invece che si riuscisse a concentrare maggiormente l’offerta per evitare turbolenze di mercato.
Sul piano produttivo un aspetto invece che necessità di una riflessione importante è legato alla produttività degli impianti. Negli anni infatti le rese medie unitarie tendono a stabilizzarsi su livelli che non sempre permettono il raggiungimento di una giusta remunerazione al produttore. Il 16 e il 17 novembre sarà organizzato a Ferrara (Quartiere Fieristico) il “World Pear Forum”, un convegno di due giorni, nell’ambito della seconda edizione di Futurpera (16-18 novembre), che vedrà il confronto approfondito su questo tema e sui più importanti aspetti commerciali, con la partecip

Tendenze produttive e commerciali della pericoltura italiana - Ultima modifica: 2017-10-10T11:28:48+02:00 da Lucia Berti

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