L’inerbimento del pereto con trifoglio porta molti benefici

inerbimento
Il pereto sperimentale presso la Fondazione Fratelli Navarra
L’inerbimento, previsto dall’ecoschema 2 della Pac 2023-2027, genera diversi effetti agroecologici positivi. In particolare, il trifoglio ladino creerebbe un luogo sfavorevole allo sviluppo del fungo agente della maculatura bruna. Aspetto essenziale per la gestione dei pereti studiato dal progetto Ifasa

La gestione sostenibile del frutteto prevede il costante inerbimento dell’interfilare, questo perché le colture di copertura hanno effetti agroecologici, fisiologici e qualitativi molto positivi. Tuttavia, l’inerbimento può esercitare una competizione idrico-nutrizionale nei confronti degli alberi ed essere fonte di patologie come la maculatura bruna (Stemphylium vesicarium). Per queste ragioni è determinante la scelta delle essenze del cotico erboso: una soluzione può essere quella di passare all’inerbimento mirato con trifoglio ladino (Trifolium repens L.) che non è favorevole per lo sviluppo del fungo e al contempo incrementa l’apporto di azoto.

Perché l’inerbimento?

L’inerbimento è considerata una pratica che contribuisce alla mitigazione dei cambiamenti climatici e per questo è prevista dall’ecoschema 2 della Pac 2023-2027.

La misura è destinata alle superfici occupate da colture permanenti legnose agrarie (frutteti, vigneti, oliveti, agrumeti, noccioleti ecc.) e altre specie arboree permanenti a rotazione rapida. Prevede il mantenimento dell'inerbimento spontaneo o seminato nell'interfila delle colture arboree, o all'esterno della proiezione verticale della chioma per le colture arboree non in filare, tra il 15 settembre e il 15 maggio successivo. La copertura vegetale deve essere assicurata su almeno il 70% della superficie oggetto di impegno. Non si devono inoltre effettuare il diserbo chimico, le lavorazioni del terreno durante tutto l’anno (neanche per la semina) e la copertura va gestita solo con operazioni meccaniche di sfalcio, trinciatura-sfibratura della vegetazione. Tuttavia, sono fatte salve diverse disposizioni dei Servizi fitosanitari finalizzate al contenimento di fitopatie o parassiti (la Regione Emilia-Romagna ha riconfermato la possibilità di rottura del cotico erboso per contrastare la maculatura).

L’inerbimento con trifoglio permette di ridurre il numero di trattamenti per la maculatura bruna del pero e per preservare la qualità delle acque, ridurre le fertilizzazioni azotate e la possibile lisciviazione, migliorare la qualità del suolo con l’aumento del carbonio organico.

La definizione di protocolli di gestione agricola innovativi che consentano di contenere la diffusione della maculatura bruna del pero e contestualmente poter accedere all’Eco-schema 2 è lo scopo del progetto “Ifasa - Inerbimento nei Frutteti per l'Aumento della Sostenibilità Aziendale” – coordinato dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna e partecipato da Fondazione F.lli Navarra, Crpa, Dipartimento di Scienze Chimiche, Farmaceutiche ed Agrarie dell’Università di Ferrara e Dinamica per la formazione degli operatori del settore.

«Le attività prevedono nello specifico il confronto fra interfilare lavorato, inerbito naturale e inerbito con trifoglio e la rispettiva valutazione dell’effetto sulla fisiologia della pianta, la diffusione della maculatura bruna e la qualità del suolo – ha spiegato Luigi Manfrini, del Distal, nel recente incontro tecnico di progetto. Le tre gestioni dell’interfilare sono confrontate su due impianti di pero Abate allevato a fusetto con sesto 3,5 x 0,9 e a V con sesto 4 x 0,5. Nella fattispecie il miscuglio di trifoglio è il Gallura S2 composto da: 35% Trifolium subterraneum ssp. Yanninicum, 20% Trifolium subterraneum cv seaton park, 20% Trifolium subterraneum cv campeda, 15% Trifolium subterraneum ssp brachycalycinum, 10% Trifolium subterraneum cv dalkeith».

I benefici delle colture di copertura

«In caso di inerbimento artificiale (appositamente seminato), la scelta delle specie da impiegare può essere tra graminacee, leguminose e brassicacee, ognuna con caratteristiche diverse da valutare attentamente in base alle esigenze – ha detto Emanuele Radicetti dell’Università di Ferrara. Le graminacee hanno un apparato radicale fascicolato mediamente profondo che le rendono utili alla costruzione della struttura del suolo, nel controllo all’erosione e nel miglioramento dell’infiltrazione idrica, ma determinano una forte competizione per acqua e nutrienti. Le leguminose sono piante azotofissatrici che incrementano l’N disponibile nel terreno anche grazie a processi di decomposizione e mineralizzazione piuttosto rapidi. L’eccessivo accumulo di azoto può generare un eccessivo vigore e accrescimento vegetativo delle piante, con effetti negativi nella gestione agronomica. Le brassicacee sono definite biocide, perché possono produrre sostanze tossiche (glucosinolati) in grado di limitare lo sviluppo di organismi dannosi quali nematodi, funghi e batteri».

Radicetti ha poi elencato i benefici delle colture di copertura all’interno di un frutteto.

  • Miglioramento della qualità fisica del suolo: le radici favoriscono la formazione di aggregati e migliorano la stabilità della struttura, determinando un incremento della velocità d’infiltrazione dell’acqua e di allontanamento in caso di piogge abbondanti. Le radici inoltre determinano la produzione di sostanze mucillaginose che facilitano la formazione di aggregati di particelle di suolo con un positivo effetto di riduzione dei fenomeni di erosione.
  • Incremento di sostanza organica: è dovuto alla biomassa della cover crop che, a seguito della terminazione, diventa substrato alimentare per i microrganismi del suolo dalla cui attività decompositiva derivano sostanze umiche. In alcune situazioni si può ricorrere al sovescio che consiste nell’interramento della biomassa vegetale quando ha raggiunto un certo stadio di sviluppo.
  • Incremento di elementi nutritivi: le cover crop assorbono elementi nutritivi sottraendoli alla lisciviazione e all’insolubilizzazione restituendoli al terreno sotto forma organica. Le cover crop leguminose fissano inoltre l’azoto atmosferico attraverso la simbiosi con batteri azotofissatori.
  • Contenimento delle piante infestanti: la crescita delle malerbe viene limitata sia a causa della competizione per spazio, acqua e nutrienti con la cover crop, sia per l’azione allelopatica di alcune specie.
  • Aumento della transitabilità del frutteto: l’inerbimento migliora la portanza del terreno per le macchine agricole grazie alla resistenza meccanica offerta dalle radici del cotico erboso, nonché al loro effetto sullo stato idrico del terreno. Questo facilita il tempismo con cui possono essere eseguiti i trattamenti nel frutteto (fitosanitari, concimazioni, raccolta)
  • Miglioramento del microclima: si limitano le variazioni estreme di temperatura dell’aria durante il giorno in quanto durante le giornate più calde, tende a rallentare il riscaldamento dell’ambiente al mattino e ad accelerare il raffreddamento alla sera. La copertura erbosa tende a diminuire la temperatura dell’aria anche di 2-3 °C rispetto al suolo privo di copertura. Vantaggioso in estate, ma può essere dannoso in primavera quando aumenta il rischio di gelate a carico delle gemme e dei germogli. Nei periodi a rischio, occorre mantenere accuratamente sfalciato il prato. Più è bassa la copertura e minore sarà l’incidenza dei danni da gelata.
  • Incremento della biodiversità: si facilitano l’instaurarsi delle relazioni tra le radici degli alberi da frutto e i funghi micorrizici. Quest’ultimi, infatti producono ife che hanno un diametro molto piccolo e possono penetrare nei siti inaccessibili alle radici per attingere ad acqua e elementi nutritivi. Inoltre, le micorrize producono sostanze che rendono maggiormente biodisponibile il fosforo. Il prato fornisce anche l’habitat per i fitoseidi, insetti che predano gli insetti fitofagi.

Inerbimento con trifoglio e maculatura

Oltre alla valutazione degli aspetti agronomici e fisiologici, una parte essenziale riguarda la determinazione dell’intensità della presenza di Stemphylium vesicarium, agente della maculatura bruna, misurando la percentuale di danno per frutto/pianta/zona del frutteto. Ne ha parlato Francesca Negrini dell’Università di Bologna: «Di questo patogeno si sa che ha due stili di vita diversi nel corso dell’anno: uno necrotrofo in primavera-estate in cui i conidi hanno la capacità di germinare producendo tossine in grado di creare necrosi sul tessuto vegetale. Da qui, le parti colpite cadono sul terreno nel quale il fungo ha la capacità di proliferare entrando in una fase di vita saprofita con cui passa l’autunno-inverno e durante la quale si nutre di sostanza organica in decomposizione. In questa fase produce ascospore, la fonte di inoculo per la stagione successiva. Il fungo produce una quantità di spore diversa a seconda della materia vegetale a disposizione, per cui il tipo di inerbimento è determinante per lo sviluppo della malattia».

Attualmente la difesa da questo patogeno prevede diverse strategie. «Per quanto riguarda  la ricerca di nuove molecole per il controllo della maculatura è essenziale studiare la fase necrotrofa, quella in cui vengono prodotte da parte della spora delle proteine (tossine) in grado di degradare la membrana cellulare dell’ospite.

In questo momento il dipartimento di patologia vegetale di Bologna sta studiando la sequenza del germoplasma nella quale sono contenute tutte le informazioni sul comportamento e le preferenze del fungo. L’aspetto essenziale è che S. vesicarium è ospite-specifico su pero, addirittura cultivar specifico (questo grazie a una coevoluzione avvenuta nei lunghi anni di convivenza tra il patogeno e le varietà di pero, le stesse da decenni). L’obiettivo è identificare i geni deputati alla specificità patogenica per poter poi sviluppare molecole specifiche che vadano a inibire a livello di DNA la produzione della proteina per la respirazione del fungo, a differenza dei prodotti attuali che si legano invece alla proteina. Dal lato della pianta, si studiano i marcatori responsabili della suscettibilità per indirizzare il miglioramento genetico».

Si attende la fine del progetto per la quantificazione esatta dei benefici apportati dall’inerbimento con trifoglio, misurati attraverso rilievi fisiologici sugli alberi (scambi gassosi, potenziale idrico del fusto, crescita vegetativa e dei frutti, ecc.), produzione di biomassa e analisi qualitativa della cover crop, misure del compattamento del terreno. Infine, verrà anche valutata la qualità e le caratteristiche nutrizionali e funzionali dei frutti di Abate grazie al contributo di Paola Tedeschi dell’Università di Ferrara.

L’inerbimento del pereto con trifoglio porta molti benefici - Ultima modifica: 2024-02-23T16:45:20+01:00 da Sara Vitali

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