L’export di ortofrutta 2020 cresce in valore ma non in quantità

export ortofrutta
Fruitimprese conferma la tendenza dei primi nove mesi dell'export di ortofrutta 2020: +7% a valore, -3,6% in quantità

Il 2020 per l’export di ortofrutta chiuderà col segno più a valore ma col segno meno in quantità.

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Marco Salvi

Marco Salvi, presidente nazionale Fruitimprese, commenta: «La tendenza dei primi 9 mesi dell’export  (a settembre +7% a valore, -3,6% in quantità) si dovrebbe confermare, paghiamo la scarsità di produzione del 2019 che ha condizionato anche le vendite del primo semestre 2020.  Nell’import le quantità si mantengono, a valore stiamo crescendo quindi il saldo attivo della bilancia commerciale è in costante riduzione anno dopo anno. Una tendenza che si può invertire solo lavorando sulla competitività del Paese e delle nostre imprese con interventi strutturali. Cresciamo su prodotti di alta qualità e varietà club (mele, uva ecc.) però essendo noi un paese leader anche nella produzione abbiamo bisogno di poter valorizzare anche i prodotti standard, ma sulle commodity siamo perdenti perché il mercato si sposta su altri paesi per una questione di costi».

COMMERCIO ESTERO ORTOFRUTTICOLO -
RAFFRONTO PRIMI OTTO MESI DEGLI ANNI 2019-2020

Lavorare di più sull'internazionalizzazione

«Manodopera, trasporti, energia, da noi sono più cari che dai nostri competitor, - continua Salvi - qui bisogna incidere e dare un sostegno alle imprese per allargare gli orizzonti commerciali, aprire nuovi mercati, essere più efficienti ed efficaci nel sottoscrivere accordi bilaterali. Abbiamo fatto troppo poco sul fronte dell’internazionalizzazione, siamo troppo lenti. Gli altri occupano per primi mercati nuovi e godono di rendite di posizione.  Dobbiamo sempre rincorrere e in questa rincorsa si perde tempo e la nostra frutticoltura perde tanti produttori e tanti ettari per strada».

export di ortofrutta
Fondamentale dare un sostegno alle imprese per allargare gli orizzonti commerciali

Farm to Fork dietro l'angolo

«Le aziende dell’ortofrutta sono pronte a raccogliere la sfida, già da diversi anni sono in prima linea nel ridurre l’impiego di sostanze chimiche privilegiando metodi alternativi come la lotta integrata - continua Salvi. Le nostre imprese sono disponibili ad essere protagoniste di questa rivoluzione verde, purchè dispongano dei necessari strumenti di protezione delle colture, indispensabili per un settore soggetto alla crescente instabilità climatica, a ricorrenti fitopatie e invasioni di specie aliene. Siamo in linea con quanto chiesto dalle centrali cooperative di Belgio, Francia, Germania, Italia, Spagna e Polonia alla Commissione Ue e all’Europarlamento. Bisogna tenere conto anche della sostenibilità economica degli obiettivi previsti dalla F2F. Rispettare standard ambientali più elevati significa sostenere costi maggiori, i quali potrebbero rendere la produzione europea meno competitiva rispetto ad altri Paesi che non rispettano le stesse norme.

Serve capire bene cosa accadrà: non ci possiamo permettere di perdere ulteriori quote produttive senza aprire la porta dell’Europa e dell’Italia ad un incremento dell’import, che metterebbe a rischio la nostra autosufficienza alimentare e la nostra leadership in produzioni di eccellenza importanti come mele, pere, kiwi, uve, ortaggi.

Cabina di regia per il vino, l'ortofrutta non è da meno

«Chiediamo da tempo alla politica – dice infine Salvi – di mettere le nostre imprese in condizioni di maggiore competitività  per affrontare la sfida dei mercati globali. L’ortofrutta è una produzione strategica per il futuro del made in Italy: servono più attenzione e politiche mirate per creare le condizioni di una nuova fase di crescita e sviluppo. Se c’è una cabina di regia per l’export del vino deve essercene una anche per l’ortofrutta, seconda voce del nostro export agroalimentare. Il Tavolo nazionale dell’ortofrutta deve diventare la sede del rilancio di un comparto strategico per il futuro del Paese e del suo Mezzogiorno. Il mondo produttivo è pronto a fare la sua parte».


Sul tema Brexit...

Dal primo gennaio 2021, con la fine del periodo di transizione, il Regno Unito sarà definitivamente fuori dall'Unione Europea. Ciò si tradurrà in maggiori controlli fitosanitari sul movimento merci dall'Ue, nell’implementazione di nuove pratiche doganali e dazi, nell’introduzione di regimi IVA diversi, nella gestione di differenti standard di etichettatura e imballaggio e di nuovi protocolli di trasporto.

«Una riforma radicale, anche se non ancora del tutto definita a causa del prolungarsi delle trattative tra le parti, che ci auguriamo si concludano al più presto con un accordo di libero scambio – commenta Salvi -.  Per l'ortofrutta italiana il Regno Unito rappresenta il sesto mercato di esportazione in termini di volumi e il quarto per fatturato, con un valore di oltre 250 milioni di euro l'anno, generati in primis dall’export di mele, uva da tavola e kiwi».

Cosa succederà dunque dal 1° gennaio?

La transizione verrà gestita dal governo britannico introducendo i nuovi controlli doganali in tre fasi, con piena applicazione dal primo luglio 2021. A gennaio le nuove procedure in ambito ortofrutticolo riguarderanno gli scambi di patate da semina e da consumo, mentre per tutti gli altri prodotti c'è ancora qualche mese a disposizione. Si tratta di tempo prezioso che gli operatori hanno a disposizione per non farsi trovare impreparati. Il consiglio è di dotarsi di un codice EORI (Economic Operator Registration and Identification), di rivolgersi ad un intermediario doganale e di chiarire preventivamente alcuni punti con il proprio partner commerciale in loco.

L’export di ortofrutta 2020 cresce in valore ma non in quantità - Ultima modifica: 2020-12-11T16:31:43+01:00 da Redazione Frutticoltura

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