Kiwi verde, giallo o rosso: sapersi distinguere fa la differenza sul mercato

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Il punto sul miglioramento genetico e l’innovazione varietale dell’actinidia tra nuove tecnologie di breeding, nuove varietà, privative, club e fair breeding

L’actinidia è una coltura relativamente recente. È una delle ultime specie addomesticate nel XX° secolo. Le poche varietà immesse sul mercato a partire dagli anni ’970 sono spesso genotipi selvatici rinvenuti in Cina a seguito delle campagne di recupero di germoplasma promosse dal governo di quel Paese oppure progenie ottenute da libera impollinazione o, infine, mutanti osservati sulla modesta piattaforma varietale disponibile in occidente.

Il miglioramento genetico ha dato finora pochi contributi alla costruzione di nuove varietà in grado di rispondere alle aspettative del mercato ma, come vedremo tra poco, ha messo le basi per un rinnovamento razionale della piattaforma varietale.

Il breeding tradizionale

L’incrocio controllato e la selezione dei genotipi più interessanti all’interno della progenie rimane anche per l’actinidia la strada maestra per creare nuove varietà, ma è necessario usare gli strumenti della genetica per programmare i piani di incrocio.

La selezione di semenzali ottenuti da libera impollinazione di buone varietà sta lasciando finalmente il campo agli incroci programmati, dove anche il genitore maschile viene scelto sulla base di un progeny test che ne verifichi l’attitudine combinativa e il contributo che può dare al miglioramento dei caratteri oggetto del programma di incrocio. È la strada imboccata da alcuni gruppi di ricerca in diversi Paesi come la Cina, la Nuova Zelanda, l’Italia, il Giappone e la Corea del Sud.

Le nuove tecnologie di breeding

Si tratta delle cosiddette New Breeding Technologies (NBT), conosciute in Italia anche come Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA), che comprendono cisgenesi e genome editing.

La prima è una tecnica di produzione di organismi geneticamente modificati (OGM), che si differenzia dall’originale per il fatto che il gene che viene inserito è un gene appartenente alla stessa specie su cui si opera la trasformazione o ad una specie biologicamente interfertile con quella con cui si opera. Non sono noti per ora risultati sull’actinidia, anche se studi sono in corso in vari Paesi.

La seconda tecnica è interessante perché introduce delle modifiche nel genoma che assomigliano molto a modifiche che possono avvenire spontaneamente in natura e soprattutto non lascia traccia nella pianta rigenerata dopo l’’editing’. In pratica, semplificando molto, la tecnologia di genome editing, basata su noto protocollo Crisp/Cas9, non lascia all’interno del trasformato nessuna sequenza di DNA estraneo, come avveniva invece nei tradizionali OGM, dove oltre al nuovo gene inserito rimaneva la cosiddetta ‘cassetta di espressione’, che comprendeva promotore, gene reporter, terminatore ecc. Inoltre, mentre con i vecchi metodi di trasformazione, la cassetta di espressione andava ad inserirsi in più copie in punti casuali del genoma, il genome editing permette di lavorare su un punto preciso del genoma e solo su quello. Per concludere sull’argomento, anche la cis-genesi, quando è accompagnata dall'uso delle NBT, permette di introdurre la nuova sequenza con estrema precisione.

Il genome editing è già stato applicato con successo nell’actinidia per la produzione, ad esempio, di genotipi ermafroditi, cioè di varietà con fiori perfetti in grado produrre frutto senza la presenza dell’impollinatore. È stato usato inoltre per abbreviare la fase giovanile nei semenzali.

L’innovazione varietale

L’uso generalizzato di marchi commerciali non aiuta il consumatore a orientarsi. Non basta registrare un marchio e stampare le etichette per lanciare un prodotto. Lanciare una nuova varietà, farla conoscere al consumatore e fidelizzarlo nel tempo richiede una programmazione nel lungo periodo e un investimento notevole, di alcuni ordini di grandezza rispetto al costo di un semplice programma di breeding. Detto questo, vediamo brevemente alcune novità.

Articolo completo a pag. 10 dell'Inserto vivaismo e innovazione varietale


Per correttezza d'informazione, si riporta la seguente correzione al suddetto articolo "Kiwi verde, giallo e rosso. Sapersi distinguere fa la differenza sul mercato" degli autori R. Testolin, G. Cipriani, G. Costa:

In occasione di Macfrut 2023, tenutosi a Rimini nei giorni 3-5 maggio, durante il workshop Actinidia è stata presentata una relazione "Stato dell'arte e prospettive nel miglioramento genetico dell'actinidia". In occasione del workshop è stato distribuito un inserto della Rivista di Frutticoltura con un articolo a nome Testolin-Cipriani-Costa che riportava sostanzialmente quanto presentato al convegno. Nell'articolo e conseguentemente nella presentazione non è stato ricordato che la varietà di kiwi a polpa bicolore 'RS1' gestita dal Consorzio Kiwi Passion è una varietà coperta da privativa CPVO n. 46694 del 22.05.2017. Confermo l'esistenza del brevetto suddetto e, a nome dei colleghi Guido Cipriani e Guglielmo Costa, mi scuso per l'omissione. 

Prof. Raffaele Testolin, Università di Udine


 

Kiwi verde, giallo o rosso: sapersi distinguere fa la differenza sul mercato - Ultima modifica: 2023-05-23T15:25:51+02:00 da Redazione Frutticoltura

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