Noce: gestire al meglio nutrizione, difesa e irrigazione

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Noceto, presso l’azienda Agronoce, in fase di allevamento della cv Chandler innestata su J. Regia (foto: E. Baldi)
La tecnica colturale deve tenere conto sia dei cambiamenti climatici che causano cali produttivi in tutte le coltivazioni frutticole, sia della diminuzione di sostanze attive disponibili per la difesa fitosanitaria di vecchi e nuovi patogeni

Far conoscere ad agricoltori e tecnici gli ultimi aggiornamenti su tecniche di gestione agronomica e fitosanitaria del noce da frutto (Juglans regia). È stata questa la finalità del convegno “Il noce da frutto: dalla sperimentazione al campo” organizzato nei mesi scorsi a Bologna dal Settore fitosanitario e difesa delle produzioni della Regione Emilia-Romagna. «L’attenzione per il noce da frutto nasce dal fatto che è una coltura in espansione, non solo a livello mondiale ma anche in Emilia-Romagna, dove è passata da circa 150 ha nel 2010 a 1200 ha nel 2024, di cui 950 in produzione – ha introdotto Nicola Benatti, responsabile dell’Area Settore vegetale della Regione Emilia-Romagna –. La nostra regione è la terza per produzione in Italia, dopo Campania e Veneto. Il consumo nazionale è di circa 40mila t, di cui 12mila prodotte in Italia, c’è quindi spazio per l’ulteriore sviluppo delle produzioni locali. La tecnica colturale deve tenere conto sia dei cambiamenti climatici che causano cali produttivi in tutte le coltivazioni frutticole, in maniera diretta con alluvioni, siccità, ecc. e indiretta per l’introduzione di nuovi patogeni, sia della diminuzione di sostanze attive disponibili per la difesa fitosanitaria. Perciò la ricerca assume grande rilevanza per i nocicoltori».

Progetti di ricerca sul noce in Emilia-Romagna

Quattro sono stati i progetti di ricerca e sperimentazione a supporto della produzione di noce da frutto in Emilia-Romagna che hanno usufruito di finanziamento pubblico nella passata programmazione regionale, ha comunicato Patrizia Alberti dell’Area Innovazione, formazione e consulenza della Regione Emilia-Romagna:

  1. “Nuove tecniche per migliorare la sostenibilità della filiera noce da frutto in Emilia-Romagna (Sost.Noce)”;
  2. “Ottimizzazione della gestione agronomica del noce in ambiente regionale attraverso la digitalizzazione della tecnica frutticola (Ottim.a.noce)”;
  3. “Innovazione per lo sviluppo di una filiera sulla nocicoltura biologica (In.No.Bio)”, per favorire lo sviluppo della nocicoltura biologica da frutto apportando innovazione negli ambiti di mercato, logistica, vivaismo e difesa fitosanitaria;
  4. “Innovazione ed efficientamento della filiera del noce da frutto nella Regione Emilia-Romagna (Innova.noce)”, per migliorare la competitività e la sostenibilità della filiera del noce da frutto, introducendo innovazioni in tutte le fasi del processo produttivo.

La sperimentazione a finanziamento privato ha riguardato prove per il contenimento dei danni causati dalla batteriosi (Xanthomonas campestris pv. juglandis) e prove sulla Necrosi apicale bruna (quest’ultima in parte finanziata anche dal Psr Emilia-Romagna con il progetto Innova.drupe), entrambe curate dai Centri di Saggio di Astra, Consorzio agrario di Ravenna e Sagea, nonché prove di difesa biologica curate dal Centro di Saggio di Astra.

Vedi l’articolo di approfondimento su batteriosi e necrosi a pag. 30 di rivista di Frutticoltura n.5/2025

Gestione della nutrizione del noce

Il noce da frutto è una specie con esigenze nutrizionali medio-elevate, che si coltiva, nella maggior parte dei casi, in aree a basso contenuto in sostanza organica. Questa è stata la guida per l’attività sperimentale del progetto Ottim.a.noce (Psr Regione Emilia-Romagna, domanda di sostegno 5518249, focus area 4B) sulla gestione della nutrizione del noce in Emilia-Romagna, i cui risultati sono stati presentati da Elena Baldi, docente del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna.

«Abbiamo confrontato presso l’azienda Agronoce, a Santa Bianca di Bondeno (Fe), su un noceto in fase di allevamento della cv Chandler innestata su J. regia le seguenti tesi: 1. controllo non concimato; 2. concimazione con N minerale (urea: 120 kg N/ha); 3. concimazione con ACM, ammendante compostato misto (120 kg N/ha); 4. concimazione con ACF-A, ammendante compostato da scarti della filiera agroalimentare con fanghi (120 kg N/ha); 5. biochar alla dose di 15 t sostanza fresca/ha».

Fra i risultati emersi dopo un anno e mezzo di prove spicca il miglioramento pur nel breve periodo della fertilità biologica, fisica e chimica del terreno grazie all’apporto delle matrici ammendanti.

«Quindi è importante introdurre la sostanza organica nei piani di concimazione. Ma abbiamo anche rilevato un problema di eccesso di N minerale (nitrico in particolare) in alcuni periodi dell’anno: occorre quindi definire meglio la dose di Acm e Acf-A, tenuto conto anche dei mutamenti climatici in atto che influiscono ad esempio sulla mineralizzazione nel suolo della matrice organica. L’uso delle matrici Acm e Acf-A ha migliorato la disponibilità nel terreno di altri nutrienti, assicurando un adeguato stato nutrizionale dei noci in allevamento. Il biochar ha potenzialmente azione positiva sul suolo, grazie alla capacità di trattenere elementi nutritivi, e quindi anche sullo stato nutrizionale dell’albero; tuttavia, i risultati ottenuti necessitano di ulteriori approfondimenti. Infine l’aumento del carbonio nel suolo, riscontrato nei suoli in cui sono state applicate sia le matrici organiche da riciclo (Acm e Acf-A) sia il biochar, se consolidato nel tempo, potrebbe fare del noceto un efficiente sistema per il sequestro della CO2».

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Distribuzione di ammendante nel noceto (foto: E. Baldi)

Ridurre l'irrigazione del 30%

Fondamentale per la produzione del noce da frutto è un’attenta gestione idrica. I risultati della relativa attività di sperimentazione in Emilia-Romagna sono stati proposti da Salvatore Gentile del Consorzio di bonifica di secondo grado per il Canale Emiliano Romagnolo.

«I progetti di sperimentazione su un noceto del 2011 presso l’Azienda agricola San Martino di Forlì sono stati Innova.noce e Sost.noce. Il primo ha avviato un protocollo operativo informatizzato per migliorare la sostenibilità della coltura del noce da frutto razionalizzando l’impiego della risorsa idrica e dei fertilizzanti. Il secondo ha puntato a razionalizzare l’impiego della risorsa idrica e valutare la risposta fisiologica e la resa per differenti regimi irrigui. I risultati sperimentali ottenuti confermano la possibilità di ridurre di almeno il 30% gli apporti irrigui rispetto al modello Fao impostato. Non sono emerse differenze significative né a livello quantitativo né qualitativo (pezzatura e colore del gheriglio) tra le tesi con apporto irriguo del 100% e del 70% (con risparmio del 30%), che anzi ha mostrato un equilibrio vegeto-produttivo migliore con un maggiore carico di frutti. Peraltro il 30% di risparmio idrico ha consentito di risparmiare da 700 a 1500 m³ di acqua a ettaro, un risparmio importante di risorsa idrica che porta anche a un risparmio economico rilevante.

L’interazione con la falda è importante: in alcune annate la falda, che si trova a 1,5 m di profondità, può, con l’umidità di risalita capillare, alimentare la pianta. La tesi con apporto irriguo pari al 55% ha mostrato invece uno stress idrico che è aumentato durante la stagione con lievi decrementi produttivi. Abbiamo inoltre ottimizzato il modello Irriframe dell’irrigazione, sulla base del monitoraggio e dell’utilizzo dei sensori, in funzione di tipo di terreno, metodo irriguo ed età del noceto».

Difesa del noce dai fitofagi

Per garantire una buona produzione del noce da frutto è fondamentale un’attenta difesa da fitofagi e patogeni. Mezzi per la difesa e strategie di intervento contro i fitofagi sono stati presentati da Luca Fagioli del Centro di Saggio del Consorzio agrario di Ravenna.

«Numerosi sono i fitofagi del noce: insetti carpofagi: carpocapsa (Cydia pomonella), mosca del noce (Rhagoletis completa), tignola delle carrube (Ectomyelois ceratoniae); insetti alieni: cimice asiatica (Halyomorpha halys), falena asiatica (Garella musculana); insetti emergenti: cocciniglie (Pseudalacaspis pentagona, Partenolecanium spp., Mytilococcus ulmi); acari eriofidi (Eriophyes erineus, Eriophyes tristriatus).

Il fitofago chiave è sicuramente la carpocapsa, lepidottero tortricide che in Emilia-Romagna compie tre generazioni all’anno; diverse sono le criticità nel controllo, come l’inizio dei voli anticipato (prima decade di aprile) per effetto delle primavere sempre più calde, le difficoltà nel monitoraggio del volo degli adulti, la progressiva riduzione degli insetticidi disponibili e così via; fra i mezzi di difesa ricordo la confusione sessuale, molto importante per conseguire un controllo soddisfacente del carpofago, effettuabile con sistemi aerosol (puffer) o erogatori passivi, il ricorso ad alcune molecole insetticide e, infine, l’impiego di nematodi entomopatogeni contro le larve svernanti.

Anche il controllo della mosca del noce presenta diverse criticità: attualmente non esistono insetticidi autorizzati, le poche sostanze attive disponibili sono autorizzate sul noce ma verso altri fitofagi; non sono disponibili né un sistema attract & kill né esche insetticide attrattive; prospettive future sono l’impiego di nematodi entomopatogeni (Heterorabditis, Steinernema) in post raccolta nei confronti delle pupe svernanti e la registrazione di esche insetticide attrattive».

Difesa dalle avversità fungine e batteriche

Fra le avversità crittogamiche, cioè fungine e batteriche, del noce in Emilia-Romagna, ha osservato Riccardo Bugiani del Settore fitosanitario e difesa delle produzioni della Regione Emilia-Romagna, spiccano per l’apparato epigeo (foglie e frutti) maculatura batterica, necrosi apicale bruna, antracnosi e sindrome da noci nere, per l’apparato ipogeo (colletto e radice) cancro batterico e necrosi del colletto. Inoltre per il post-raccolta Penicillium spp., Aspergillum spp. e Alternaria spp. sono importanti patogeni di qualità in quanto producono micotossine.

«Tutte le specie di noce sono sensibili alla maculatura batterica o macchie nere (Xanthomonas arboricola pv. juglandis), ma J. regia è la più suscettibile. Infezioni precoci del frutto possono arrivare a causarne la cascola precoce. Per la difesa sono autorizzati sali di rame da prefioritura in previsione di piogge, fosfonato di K, Bacillus subtilis e, di recente, dodina (come da art. 53 del Reg. 1107/2009 per le situazioni di emergenza fitosanitaria)».

La necrosi apicale bruna è caratterizzata dalla presenza di macchie necrotiche bruno-nerastre in corrispondenza dell’apice stigmatico e, all’interno del frutto, da necrosi estese e marcescenza. «La necrosi apicale bruna ha un’eziologia complessa in quanto causata da specie diverse di Fusarium (come F. graminearum e F. semitectum) che possono variare a seconda dell’areale geografico, in coabitazione con Alternaria alternata, Colletotrichum sp., Phomopsis sp. e saprofiti secondari. Condizioni predisponenti sono le diverse cultivar, lo stadio fenologico, l’età delle piante, l’umidità relativa elevata, la durata della bagnatura fogliare, l’andamento termico, la piovosità (quantità e distribuzione), il tipo di conduzione dell’allevamento (potature, irrigazioni, fertilizzazioni). La maggiore recettività alla necrosi apicale bruna si ha in fioritura e post-fioritura (fino a quando gli stigmi rimangono turgidi e il canale stilare aperto); i frutti restano recettivi alla malattia fino alla chiusura del canale stilare anche se la suscettibilità diminuisce con la stagione e l’ingrossamento del frutto. Per la difesa sono utilizzabili pyraclostrobin + boscalid e fosfonato di K».

L’antracnosi (Marsonnina juglandis), ha aggiunto Bugiani, attacca i rametti, il rivestimento esterno dei giovani frutti (mallo) e soprattutto le foglie. «Per la difesa sono utilizzabili sali di rame, fosfonato di K, tebuconazolo, captano, dithianon».

Avversità emergente è la sindrome da noci nere, causata da Colletotrichum spp., con presenza altresì di Alternaria, Botriosphaeria e Fusarium. «Segnalata dapprima in Francia nel 2011, in Italia è stata evidenziata negli anni 2023 e 2024. Il periodo di comparsa va da fine luglio a settembre, in presenza di temperature elevate e condizioni atmosferiche particolarmente piovose».

Diverse specie di Phytophthora sono coinvolte nell’eziologia della moria del noce (P. cinnamoni è la più frequente), i cui fattori predisponenti sono sovrairrigazione, ristagni idrici e alluvioni. «I sintomi sono clorosi fogliare, filloptosi, frutti e foglie di dimensioni ridotte, distribuzione a chiazze, necrosi su corteccia e legno e marciumi radicali. Non vi sono prodotti fitosanitari in grado di contrastarla, pertanto per il contenimento si stanno valutando portainnesti tolleranti.

Infine il disseccamento rameale del noce è causato da Geosmithia morbida, patogeno da quarantena veicolato dal coleottero Pityophthorus juglandis nelle gallerie che scava nelle piante di noce debilitate; piante stressate e indebolite sono più sensibili, mentre sono poco soggetti gli impianti in produzione».

Attività sperimentali sulla difesa

Risultati di attività sperimentali in Emilia-Romagna e Veneto per la difesa da Xanthomonas arboricola pv. juglandis sono stati illustrati da Daniele Mirandola del Centro di Saggio del Consorzio agrario di Ravenna. Da esse è emerso che: la miscela Merpan 80WDG + Kocide 2000 si conferma di riferimento per la difesa dalla batteriosi; la dose di rame ha un’influenza rilevante sul contenimento della patologia; hanno dimostrato efficacia prodotti alternativi come Amylo-X e Blossom Protect, chitosano/rame gluconato; prodotti a basso apporto di Cu++ hanno permesso di mantenere le dosi di rame dentro i limiti di legge; annate favorevoli alla batteriosi (2023 e 2024 in Veneto) hanno messo in evidenza i limiti dei prodotti saggiati e delle strategie di difesa alternative costruite con i prodotti attualmente disponibili e autorizzati sul noce contro il batterio.

Per migliorare la difesa sostenibile del noce dalla batteriosi Irene Salotti, ricercatrice dell’Università Cattolica di Piacenza, ha proposto un modello previsionale che definisce il livello d’infestazione potenziale del noceto in base a una stima delle gemme colonizzate dal batterio. Antonio Fiorin dell’Op Il Noceto (le cui aziende sono ubicate nelle province di Pordenone, Treviso, Udine e Venezia) ha illustrato aspetti agronomici (cura del drenaggio per evitare ristagni idrici, gestione dell’irrigazione, impiego di portainnesti tolleranti) per la prevenzione del deperimento (o moria) del noce causato da Phytophthora, in particolare da P. cinnamoni, la specie più diffusa e virulenta. Infine Salvatore Vitale, ricercatore del Crea – Centro di ricerca Difesa e Certificazione, ha presentato un’esperienza pluriennale di studio della necrosi apicale bruna, malattia fungina a eziologia complessa, e delle sue recenti evoluzioni.

Noce: gestire al meglio nutrizione, difesa e irrigazione - Ultima modifica: 2025-07-29T08:59:33+02:00 da Sara Vitali

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