La castanicoltura in Piemonte si divide tra modernità e tradizione

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Frutteto di Bouche de Betizac giovane impianto 8 anni (Agrion)
Esperienze di diversi produttori di castagne su scelte varietali e strategie di gestione agronomica

Dopo un 2024, segnato, nella “Granda”, dal crollo dei raccolti, il comparto castanicolo riparte, con le operazioni in campo in attesa della ripresa vegetativa.

«La forte riduzione delle produzioni, registrata nel 2024, è da imputare alle piogge prolungate coincise, fra maggio e luglio, con la fioritura. Ulteriori problemi sono stati provocati dalle grandinate che hanno investito, nell’estate, alcuni areali», spiega Roberto Giordano, tecnico della Fondazione Agrion presso il Centro sperimentale di orticoltura, fragole, piccoli frutti e castagno di Boves. Dati alla mano, nella provincia di Cuneo si è raccolto il 70 per cento di frutti in meno: i volumi dei conferimenti sono passati dai 170 mila quintali del 2023 a poco più di 51 mila.

L’annata decisamente negativa si è abbattuta su un settore che, nel Cuneese, ha numeri di tutto rispetto in fatto di superfici: oltre 4.200 ettari, il 94 per cento dei 4551 coltivati in tutto il Piemonte.

Castagneto storico in Valle Grana

Tra modernità e tradizione

«Le varietà di Castanea sativa, il castagno europeo, sono ancora prevalenti. Si trovano, per lo più, in appezzamenti storici, boschi piantati sui declivi della bassa e media montagna – fra 500 e 900 metri di quota – nelle valli del Monregalese, Cuneese e Saluzzese. Gli alberi hanno età fra i 50 e i 100 anni», riprende Giordano. Legata all’agricoltura tradizionale, questa produzione coesiste con i moderni frutteti. «Circa 200 ettari, piantati a partire dagli anni Duemila con ibridi euro-giapponesi a grande pezzatura, principalmente Bouche de Betizac, nella pianura pedemontana fra i comuni di Cuneo, Dronero, Caraglio, Busca, Saluzzo, Barge, Revello, Centallo e Morozzo». L’omogeneità varietale dei nuovi impianti non appartiene alle realtà storiche, nelle quali prevalgono, con forti variabilità locali, tipologie autoctone a media e piccola pezzatura. «Le cultivar più diffuse sono Bracalla, Gabbiana, Garrone rosso, Gentile e il Marrone di Chiusa Pesio», tutte tipologie incluse nella denominazione Castagna Cuneo Igp.

Modernità e tradizione si ritrovano anche nelle pratiche agronomiche. «Negli appezzamenti tradizionali è impensabile ricorrere a strategie di difesa che prevedono l’impiego di agrofarmaci». La gestione, inoltre, è per lo più manuale, a partire «dalla pulizia del sottobosco, che avviene a inizio inverno, con l’abbruciamento o l’interramento di foglie e ricci per apportare nutrienti. Lo stesso vale per la raccolta, visto che gli appezzamenti raramente superano i 4-5 ettari di estensione».

Diverso il panorama nei frutteti, dove le operazioni sono meccanizzate, le strategie di difesa prevedono, oltre all’impiego del rame, «due o tre interventi, dal mese di luglio, con un insetticida per tenere sotto controllo la Cydia splendana, un lepidottero che depone le uova alla base dei ricci, e un trattamento fungicida contro il marciume dei frutti». La castanicoltura cuneese è una realtà a due velocità anche sul piano delle rese. «Con produzioni fino a 30 quintali per ettaro, i frutteti di pianura sono decisamente più competitivi rispetto agli appezzamenti storici nei quali ci si ferma a 10-12 quintali. Questi ultimi costituiscono un’ottima integrazione al reddito delle aziende agricole».

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Bouche de Betizac (Bertolino)

Il mercato delle castagne

Sul mercato le castagne boschive sono un prodotto richiesto per il consumo fresco, la realizzazione di farine e le produzioni di nicchia; le varietà euro-giapponesi vengono destinate alle lavorazioni industriali e ai prodotti di pasticceria.

«La stagione si apre a inizio settembre con i conferimenti di Bouche de Betizac: la raccolta varia a seconda degli areali, il Saluzzese è il più precoce», spiega Simone Monge, tecnico di Confagricoltura Cuneo. «I prezzi sono estremamente volatili: si parte con quotazioni che possono arrivare a 4 euro il chilo e precipitano, talora nell’arco di dieci giorni, fino al blocco dei conferimenti perché il mercato è saturo. Il nostro areale è penalizzato dalla concorrenza di paesi come Grecia, Turchia, Spagna, Portogallo e Cina bacino di rifornimento della grande distribuzione, dove i costi di produzione sono minori». A ottobre, infine, inizia la stagione «delle varierà locali che riescono comunque a ritagliarsi spazi di mercato. I valori difficilmente superano i 2 euro e 50 il chilo, con una tendenza al ribasso, osservata in alcune annate difficili, fino ad arrivare a 1 euro al chilo».

La penuria di prodotto dell’annata 2024 ha ridefinito dinamiche e valori del mercato. «I prezzi medi hanno raggiunto i 3 €/kg sia per le varietà europee sia per gli ibridi: nel 2023 per le prime si erano fermate a 2 euro, le seconde oscillavano fra i 2,50 e i 2,60». Wilma Benessia gestisce, a Valgrana, un centro di conferimento: le castagne ritirate vengono inviate, dopo pochi giorni nelle celle frigorifere, nell’Avellinese. «L’aumento dei prezzi non ha scongiurato cali vertiginosi nei fatturati aziendali, visto che si è raccolto il 60 per cento in meno rispetto al 2023. Sono passata da 4 mila quintali di prodotto ritirato a poco meno di 2 mila, anche a causa di una violenta grandinata che ha interessato l’area di Bernezzo e Cervasca».

La parentesi negativa del 2024 non scoraggia gli investimenti. «Quest’autunno ho piantato poco meno di 4 ettari con Garrone rosso e Bouche de Betizac, sostituendo un frutteto di pere Madernassa. Le remunerazioni non erano soddisfacenti, i costi di gestione troppo elevati fra potatura, trattamenti e conservazione della frutta. Inoltre, mentre il mercato degli ibridi tende alla saturazione, il calo del prodotto boschivo disponibile rende le cultivar europee sempre più ricercate dall’industria».

Il parere dei produttori

Marco Bertolino conduce due ettari di castagneto fra i comuni di Busca e Dronero. «Le prime piante le ho messe a dimora nel 2011, prima avevo i ciliegi ma i ricavi, dopo qualche anno buono, sono crollati. Le Bouche de Betizac sono facili da raccogliere perché i ricci si aprono a lasciano cadere a terra la maggior parte delle castagne: in un giorno, operando a mano, si arriva tranquillamente a 150 chili di prodotto. Inizio verso il 5 settembre e in 20 giorni ho finito». Le modalità di gestione sono analoghe a un frutteto: «Pratico una doppia concimazione primaverile con letame e prodotti azotati; dal mese di maggio, inoltre, irrigo a scorrimento con cadenza settimanale». I trattamenti servono a contenere la Cydia splendana: «ne eseguo tre da fine fioritura al mese di agosto, uno per il marciume». L’annata 2024 è stata la prima caratterizzata da un vistoso calo di produzione: «Il raccolto è stato misero. Da 50 quintali complessivi sono passato a 27, in compenso i prezzi sono migliorati: da 3 euro e 60 il chilo siamo arrivati a 3,90 data la scarsità di prodotto disponibile».

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Frutteto di Bouche de Betizac 3 anni (Agrion)

A Montemale, comune fra le valli Grana e Maira, Albino Dao ha puntato sulle varietà tradizionali: dagli anni Novanta, con interventi di potatura sistematici, ha rimesso in produzione un bosco di 12 giornate piemontesi (4 ettari e mezzo). Ampio il novero di varietà: Bracalla, Rubiera e Tempuriva di grande pezzatura, Siria e Brunet di piccole dimensioni, Sarvaschina precoce. «Le rese sono altalenanti: da un minimo di 40 quintali a picchi di 80. I prezzi, di norma fra 1 euro e 50 e 2 euro al chilo, sono saliti a 2 euro e mezzo perché non si trovava prodotto nell’area di Bernezzo e Cervasca. La raccolta avviene con tubi per l’aspirazione, si inizia a fine settembre con le sarvaschine e si conclude a metà novembre. A fine raccolta rimuovo foglie e ricci, mucche e asini contribuiscono alla pulizia del sottobosco d’estate. A settembre si fa la potatura verde per eliminare i ricacci sulle radici delle piante. La sostituzione delle piante avviene in loco innestando le ceppaie con le varietà presenti nel fondo, così facendo i nuovi esemplari non hanno problemi di moria».

Punta sull’abbinamento fra Bouche de Betizac e varietà tradizionali anche Ivan Barbero, titolare dell’omonima azienda vivaistica, castanicola e di piccoli frutti a Revello, nella bassa valle Po. «Accanto ai mirtilli, la produzione prevalente, coltiviamo 3 ettari di Bouche de Betizac; su altrettanti, nel Cebano, abbiamo piantato da poco marroni. Gli ibridi permettono di entrare sul mercato, viste le elevate produzioni e i tempi brevi di raccolta. Nel Saluzzese la stagione delle castagne precoci inizia con una settimana d’anticipo rispetto alla zona di Cuneo, un vantaggio che ci consente di spuntare prezzi migliori, con medie che oscillano fra i 3 e i 4 €/kg». La valorizzazione del marrone è un punto di forza: «È una varietà di più difficile coltivazione, anche per l’alternanza produttiva, che ha tuttavia il pregio di garantire prezzi stabili, fra i 3,80 e i 4 €/kg, data la penuria di prodotto». Realizzare frutteti con questa varietà in pianura «è la strada da seguire, ma serve una filiera specifica che certifichi geneticamente le piante e consenta la vendita in loco del prodotto, oggi trasferito per lo più in Campania con la denominazione di Castagna Cuneo Igp».

La castanicoltura in Piemonte si divide tra modernità e tradizione - Ultima modifica: 2025-06-13T12:13:00+02:00 da Sara Vitali

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