Certificazione volontaria: promozione o freno per il vivaismo frutticolo?

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Innovazione varietale e certificazione volontaria, fondamentali per valorizzare i prodotti vivaistici, sembrano mal conciliarsi tra loro. Per questo motivo sono necessari interventi legislativi che includano e velocizzino i programmi di valutazione, al fine di garantire qualità e sicurezza attraverso la privativa varietale.

Nell’ambito delle iniziative svoltesi all’interno del Salone del Vivaismo - Plant Nursery Area di Macfrut 2024, la SOI (Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana) e CIVI Italia (Centro interprofessionale per le attività vivaistiche) hanno organizzato una tavola rotonda dal titolo “QVI – La certificazione volontaria del vivaismo frutticolo italiano: strumento di promozione o freno per la qualificazione delle produzioni vivaistiche?”. Al centro del dibattito la QVI-Qualità vivaistica Italia, il livello di certificazione volontaria del materiale di propagazione vegetale delle piante da frutto prodotte in Italia, in relazione ai brevetti in un’ottica di crescita e potenziamento delle filiere produttive nazionali.

Certificazioni e brevetti per tutelare le varietà

Obbiettivo dell'incontro è stato quello di mettere in luce le potenzialità del marchio Qvi (Qualità Vivaistica Italia), di proprietà del Masaf, che rappresenta un ulteriore elemento di garanzia a tutela degli imprenditori del settore. Il comparto del vivaismo frutticolo, infatti, come evidenziato da Domenico Consalvo e Luigi Catalano, rispettivamente Presidente e Direttore di Civi-Italia, manifesta la necessità di inserire programmi di certificazione genetico-sanitaria e protezione delle novità varietali per l'ottenimento della privativa, attraverso le procedure comunitarie previste dal Cpvo (Ufficio Comunitario delle varietà vegetali). Sono queste le leve più potenti per il comparto vivaistico, che concorrono altresì a definire la professionalità dei suoi operatori.

 

Il panorama nazionale delle certificazioni volontarie

«Lo schema di certificazione volontario nazionale QVI (Qualità Vivaistica Italia) annovera la registrazione di 1747 accessioni di varietà che rappresentano la base per lo sviluppo delle varietà così qualificate. Di queste, meno del 10% rappresentano varietà assoggettate a PBR (brevetti e privative). La conseguenza è che innovazione varietale e percorsi di qualificazione attraverso la certificazione volontaria QVI sembrano mal conciliarsi tra loro. Questo vale soprattutto per le drupacee – pesco, nettarine, ciliegio ed albicocche - che presentano un rapido rinnovo varietale. Il melo registra grosse criticità, laddove le stazioni di valutazione del network CPVO hanno grandi ritardi nell’esamina di genotipi che invece mostrano chiare differenze fenotipiche. Si discostano da questo andamento le produzioni di piantine di fragola che sono qualificate per la quasi totalità della produzione nazionale».

Piante fruttifere certificate QVI di varietà protette CPVO rispetto al totale (triennio 2021-2023)

Necessario velocizzare i processi di valutazione

Un tema centrale, dunque, rimane la celerità dei percorsi di valutazione. «I numeri delle produzioni certificate Qvi sarebbero di certo di gran lunga maggiori se le novità varietali avessero un processo più celere di valutazione. Ad esempio, con l’ausilio di test biomolecolari oggi disponibili. Le varietà per le quali non sono ancora terminati test Dus (Distinguibilità, Uniformità e Stabilità), pur con stato fitosanitario pienamente rispondente agli schemi di certificazione non possono essere così qualificate. L’attuale normativa comunitaria prevede la qualificazione attraverso gli schemi di certificazione per le sole varietà iscritte ai registri ufficiali, compreso quelle che hanno ottenuto la privativa nazionale e/o comunitaria. Un intervento legislativo in tal senso ed una riorganizzazione delle stazioni che eseguono i test DUS andrebbero previste per dare uno slancio ai programmi di certificazione volontaria, anche come strumento di prevenzione di pericolosi agenti nocivi che si trasmettono con i materiali di propagazione vegetale».

Privativa varietale come garanzia di qualità e sicurezza

«Il sistema di qualità del vivaismo frutticolo riveste un ruolo fondamentale, in particolare per le varietà protette da privativa a livello comunitario - aggiunge Francesco Mattina, Presidente Cpvo - Questo sistema garantisce un'alta qualità del prodotto vivaistico, cruciale per mantenere la fiducia dei produttori e dei consumatori finali. In particolare, un sistema efficiente assicura che le piante distribuite siano effettivamente della varietà dichiarata, sane e libere da patogeni; fornisce uno standard uniforme di qualità che i vivai devono rispettare, assicurando una produzione omogenea e affidabile. Infine, contribuisce alla sostenibilità economica del settore, facendo nascere piante che daranno frutti di qualità elevata e costante, migliorando la redditività degli agricoltori. Le varietà protette da privativa varietale sono soggette a diritti di proprietà intellettuale specifici. Questo tipo di protezione garantisce ai costitutori di nuove varietà il diritto esclusivo di sfruttamento commerciale per un periodo di tempo determinato, incentivando l'innovazione e la ricerca».

Un simbolo per facilitare l'identificazione di varietà protette

«Sarebbe auspicabile l'adozione di un simbolo di riconoscimento per le varietà protette da privativa varietale, analogamente a quanto avviene per i marchi d'impresa ed il copyright - propone Mattina - Un tale simbolo potrebbe rendere immediatamente riconoscibili le varietà protette da privativa varietale, aiutando agricoltori, distributori e consumatori ad identificarle facilmente. Inoltre, potrebbe contribuire a rafforzare la tutela legale delle varietà vegetali. Aumenterebbe altresì il valore percepito delle varietà vegetali protette, contribuendo ad un maggior apprezzamento dell’intenso lavoro di ricerca e sviluppo effettuato per crearle. Tale attività è infatti altamente dispendiosa e richiede ingenti investimenti in programmi di ricerca e sviluppo. Da ultimo, associare il simbolo a un concetto di qualità e affidabilità, contribuirebbe a migliorare la reputazione del settore frutticolo e dei prodotti che ne derivano».

L'impegno del Masaf per le certificazioni volontarie

Sull’attività del Masaf (Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) ha parlato Bruno Carlo Faraglia, Direttore Produzioni Vegetali. «L’amministrazione con il Qvi ha ritenuto rafforzare l’elevata qualità dei materiali di propagazione prodotti all’interno dello schema di certificazione volontaria nazionale. Le possibilità di mettere sui cartellini certificato i riferimenti al Cpvo per le varietà protette, conferirebbe ulteriore valore alle produzioni italiane. Consapevoli che per la competitività dell’intero comparto ricopre molta importanza l’utilizzo di varietà protette, il Ministero ha definito i centri di saggio a livello nazionale per le prove Dus, presso istituzioni organizzate e con grandi esperienze nelle valutazioni varietali delle differenti specie. Queste istituzioni potrebbero altresì candidarsi a centri di saggio anche per il Cpvo. L’attenzione e l’impegno del Masaf verso queste tematiche è sempre alta, grazie anche al continuo e costante rapporto con gli stakeholders».

L'obbiettivo: potenziare la competitività

A chiudere gli interventi Davide Vernocchi, Presidente di ApoConerpo: «I produttori sono da sempre attenti alla qualità dei materiali di propagazione. Produrre buona e bella frutta è la miglior leva per la competitività delle filiere frutticole italiane. A testimoniare tale aspetto vi è la partecipazione nell’interprofessione Civi-Italia. Le filiere frutticole guardano di buon occhio produzioni che, oltre alle garanzie genetiche sanitarie proprie della certificazione volontaria, riguardano anche varietà che permettono una segmentazione sul mercato. L'obbiettivo è una migliore valorizzazione delle produzioni, anche in considerazione del cambiamento climatico».

Certificazione volontaria: promozione o freno per il vivaismo frutticolo? - Ultima modifica: 2024-06-03T10:27:13+02:00 da Redazione Frutticoltura

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