La situazione dell’actinidia in Italia: evoluzione varietale sì ma con tante avversità

actinidia
Investimenti ingenti per le nuove varietà a polpa giallo-rossa, ma tante incognite per lo stato fitosanitario e l’efficienza degli impianti. La morìa fa paura, da Nord a Sud, ma ancora nessuna soluzione al problema

L’actinidia in Italia copre una superficie di quasi 25.000 ha e raggiunge una produzione commercializzabile di oltre 315.000 t. L’esame dei dati relativi agli ettari realizzati e alle produzioni conferma la tendenza, già emersa all’inizio di questo secolo, verso la riduzione della cultivar Hayward (sino da allora praticamente l’unica varietà coltivata e peraltro ancora molto diffusa) e di altre varietà con frutti a polpa verde appartenenti alla specie Actinidia chinensis var deliciosa e alla crescita delle cultivar con frutti a polpa gialla e, più recentemente, a polpa rossa appartenenti alla specie A. chinensis var chinensis.

Alcune considerazioni sulle superfici

L’esame dell'andamento delle superfici consente di fare alcune considerazioni:
1. in primo luogo, la superficie investita rimane stabile sui 24-25.000 ha e probabilmente la riduzione delle cv a polpa verde viene compensata dall’incremento delle cultivar a polpa gialla;

2. fra le cultivar a polpa gialla, Sungold® (G3) è triplicata nel periodo considerato (2015-19) e i programmi di sviluppo presentati da Zespri hanno espresso la volontà di aumentare consistentemente gli ettari di questa varietà; la seconda varietà è Jintao® che è raddoppiata negli ultimi 5 anni, mentre le altre cultivar si aggirano sui 300-350 ettari indicativamente. Interessante l’aumento della cv Dorì®, di origine italiana, derivante da un programma di miglioramento genetico congiunto fra le Università di Udine e Bologna, e di Jinyan, di origine cinese (come Jintao® appartenente al consorzio Jingold®) che, pur essendo fra le ultime varietà entrate in ordine di tempo, ha già raggiunto una consistenza di circa 300 ha coltivati in Italia (tab. 1b). Sono anche recentemente entrate sul nostro mercato altre due cultivar di origine cinese a polpa gialla (HFY01 e HFY02) controllate da Fruitgrowing Equipment and Service di Ferrara;

3. accanto a queste cultivar a polpa gialla, più recentemente sono stati realizzati impianti con genotipi a polpa rossa (o bicolori, gialle o verdi nel pericarpo e rosse al centro del frutto intorno alla columella, più o meno esteso nel pericarpo); si devono citare DongHong (denominata Oriental Red® dal Consorzio Jingold), HFR18 (Vivai Zanzi e Fruitgrowing Equipment and Service), RK2018 gestita da due club (CAMFruit e Summerkiwi) dei F.lli Dal Pane (Costa et al., 2018; Costa e Testolin, 2019); l’interesse e la crescita delle cultivar con frutti a polpa rossa possono attualmente contare su un centinaio di ettari o poco più in Italia, ma stanno riscuotendo un forte interesse da parte degli imprenditori agricoli e del mercato.

L’andamento delle produzioni

In primo luogo la produzione totale di frutti a polpa verde negli ultimi 5 anni si è ridotta da 575.000 a 315.000 t circa; le cause di questa situazione possono dipendere dal fatto che la produzione complessiva si è più che dimezzata a causa degli andamenti climatici anomali e dall’avvento del cancro batterico (PSA), nonostante il numero di ettari realizzato sia rimasto invariato. La produzione delle cultivar a polpa gialla ha invece avuto un aumento di oltre 4 volte rispetto al quantitativo riportato nel 2015 (tab. 2).
È noto che le cultivar con frutti a polpa gialla raggiungono produzioni più elevate rispetto ad Hayward; man mano che gli impianti realizzati con le cultivar a polpa gialla entreranno in piena produzione si assisterà con molta probabilità ad un incremento considerevole dalla produzione totale di kiwi.

 

Nuove varietà, gruppi e club

L’irrompere del cancro batterico (Pseudomonas syringae pv actinidiae, PSA) dal 2008 ha sconvolto l’intera industria del kiwi determinando l’estirpazione di diverse centinaia di ettari seriamente compromessi dalla malattia. Peraltro, le previsioni catastrofiche sul destino dell’industria actinidicola italiana non sono di fatto state rispettate.
La riduzione c’è sicuramente stata, alcune cultivar hanno subito riduzioni produttive importanti, ma di fatto l’Italia, dopo alcuni anni dove la produzione ha avuto una contrazione, rimane oggi uno tra i principali Paesi produttori a livello mondiale dopo la Cina (Costa et al, 2018). Analizzando la situazione si può affermare che gli agricoltori hanno imparato a convivere con la malattia, sono diventati più attenti nella pulizia dei frutteti ed eseguono una serie di interventi di difesa capaci di contenere, in alcune situazioni, lo sviluppo della patologia. Va anche considerato che, dopo un periodo di forte disorientamento, sono stati realizzati nuovi impianti ricorrendo soprattutto alle cultivar appartenenti a Actinidia chinensis var chinensis (a polpa gialla e rossa).
Queste ultime varietà pur riscuotendo un forte interesse da parte degli imprenditori e dal mercato, sono indicate da diversi studi altamente suscettibili al cancro batterico (Cotrut et al., 2013; Nunes et al., 2019, 2020). Gli agricoltori sono consapevoli di questo rischio, ma l’imprenditore, per definizione, è colui che si assume il rischio delle sue scelte e sono molte le aziende che stanno rincorrendo l’innovazione adottando nuove cultivar, ancorché poco note, che sembrano accreditate di risultati produttivi e commerciali molto elevati e mai corrisposti al kiwi verde.

situazione actinidia in Italia
Da sinistra, sintomi caratteristici di Pseudomonas syringae pv. syringae (Pss) su boccioli, di Pseudomonas viridiflava (Pv) e di Pseudomonas syringae pv actinidiae (Psa) su foglie di actinidia

Come si evince da quanto accennato precedentemente, i consorzi o club sono diventati numerosi; oltre alla presenza del gruppo Zespri e del Consorzio Jingold, sono sorti altri club (Variety Innovations, Consorzio Dorì Europe) e la presenza di alcuni vivaisti è molto attiva nella moltiplicazione di varietà esclusive (Vivai F.lli Zanzi, CO.N.VI., Miretti, ecc.) rappresentando un’esperienza positiva che ha sicuramente dato nuova linfa ad un settore che aveva subito un duro colpo con la comparsa della PSA.
I consorzi, infatti, forniscono assistenza ai loro associati durante le diverse fasi dell’impianto, garantiscono il ritiro, la frigoconservazione e la commercializzazione dei frutti e in generale hanno contribuito a ridare nuovo entusiasmo al settore. Peraltro, questi club/consorzi, pur svolgendo un’attività simile, non hanno mai tentato un’aggregazione tra di loro con l’obiettivo di essere più competitivi sul mercato, fornire un’offerta più ampia e differenziata e, in ultimo, garantire migliori remunerazioni per tutti gli attori della filiera.

Leggi l'articolo completo su rivista di Frutticoltura n. 7/2020

La suscettibilità ad alcune malattie rende tutto più difficile

Il problema principale per lo sviluppo e la diffusione di nuove e vecchie varietà di actinidia rimane sicuramente quello della loro possibile suscettibilità ad alcune malattie che stanno rappresentando una limitazione allo sviluppo della coltura anche in zone particolarmente vocate e che richiedono costi aggiuntivi per la prevenzione, anche fisica (esempio coperture con reti o con film plastici).
Quando non è stato possibile realizzare impianti in zone ancora esenti da PSA, sono stati realizzati impianti in condizioni completamente protette con tunnel completamente chiusi con film plastici o in vere e proprie serre; l’idea alla base di queste costose scelte è quella di modificare il microclima (umidità relativa, temperatura, ecc.) all’interno della struttura adottata, ridurre i possibili danni causati dal vento e ridurre le microlesioni che possono rappresentare punti di entrata del batterio.
Quando le coperture diventano vere e proprie serre si possono anche rallentare gli attacchi di differenti parassiti (batteri, funghi, insetti, tra cui la cimice asiatica).

Una specie ancora in grado di garantire un reddito

Il kiwi rappresenta ancora oggi una delle specie in grado di garantire un reddito interessante ai frutticoltori, nonostante le batteriosi, la moria e, più recentemente, i problemi causati dalla cimice asiatica.
Ciò che deve essere tenuto in considerazione dai diversi attori della filiera per mantenere le posizioni che ricopriamo a livello internazionale con la specie sono:
1. l’introduzione di nuove cultivar prodotte da programmi di miglioramento genetico nazionale o importate dall’estero; ha senso diffonderle solo se valutate seriamente da istituzioni pubbliche o private indipendenti e ammesso che possiedano caratteristiche di “tolleranza” alle diverse fitopatie;
2. la disponibilità di cultivar tolleranti o resistenti a PSA sarebbe la soluzione ideale, ma nel frattempo è necessario individuare alcuni formulati realmente capaci di contenere la malattia o di poter consentire ai coltivatori di convivere con essa;
3. Club e consorzi hanno introdotto nuove cultivar, portando nuova linfa in un momento di difficoltà nello sviluppo della specie, ma se vogliamo giocare ancora un ruolo preponderante nel mercato internazionale si devono raggiungere dimensioni che solo una loro fusione (ad oggi impensabile!) o, almeno, un loro coordinamento produttivo e commerciale (più probabile!) consentirebbero al fine di mantenere le posizioni di eccellenza che oggi ha l’actinidicoltura italiana possiede, tenendo nella giusta considerazione tutti gli attori della filiera al fine di corrispondere al primo anello della catena, il frutticoltore, la giusta ricompensa per l’impegno e la professionalità che immette nel sistema.

La situazione dell’actinidia in Italia: evoluzione varietale sì ma con tante avversità - Ultima modifica: 2020-09-14T10:37:37+02:00 da Lucia Berti

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