All’interno di questo numero di Frutticoltura i Lettori trovano un articolo intitolato “Actinidia: la crisi della maturità”. Abbiamo tentato in quella nota un’analisi dell’evoluzione della specie nel nostro Paese e della situazione attuale, sottolineando i punti di forza e di debolezza del settore.
La crescita e l’introduzione
delle varietà a polpa gialla
Tra la fine degli anni ’90 e primi anni 2000 l’actinidia passa dalla coltivazione di un’unica varietà (Hayward), appartenente ad un’unica specie (Actinidia chinensis var. deliciosa), ad un ampliamento del panorama varietale, che dà nuova linfa al settore in rallentamento dopo la spinta iniziale. In ordine cronologico iniziano a realizzarsi impianti con tre cultivar a polpa gialla: Hort16A (Zespri Gold) negli anni ’90, Jintao nel 2001 e Soreli nel 2007.
Più recentemente, il Consorzio Jingold introduce dalla Cina Jinyan, a polpa gialla, Donghong (“Oriental Red”), a polpa rossa, e Z5Z6 a polpa verde, mentre i Vivai F.lli Zanzi introducono alcune selezioni a polpa gialla, come HFY01, e a polpa bicolore (verde/rossa), come HFR18, e altre.
Nel 2010 i programmi di incrocio e selezione delle Università di Udine e Bologna portano al licenziamento di Dorì che, insieme a Soreli, rappresenta l’unico esempio di varietà attualmente coltivate derivanti da programmi di miglioramento genetico italiano e da prove di ambientamento condotte nel nostro Paese.
L’irruzione della Psa
Dieci anni fa Pseudomonas syringae pv actinidiae sconvolse l’industria del kiwi, in crescita e tra le poche attive nella bilancia commerciale dell’ortofrutta italiana. Dopo un periodo di forte disorientamento, nuovi impianti vengono realizzati in molte aree actinidicole del Paese, nonostante la presenza della malattia. La malattia richiede cure e decisioni professionalmente all’altezza per fronteggiare l’evoluzione della malattia e fondamentali per “convivere con la malattia”. L’actinidia diventa una coltura per imprenditori agricoli a tempo pieno, che elimina di fatto gli agricoltori part-time.
La convivenza con il cancro batterico è complicata, ma vengono messe in atto diverse iniziative nelle più importanti regioni actinidicole del nostro Paese. Vengono finanziati programmi di ricerca e iniziative a sostegno della specie che portano a:
- maggiore attenzione nella produzione del materiale vivaistico; le imprese vivaistiche producono le piante sotto tunnel di plastica o serre, che escludono completamente le piante dall’ambiente esterno onde evitare il rischio di infezioni e i Servizi Fitosanitari Regionali verificano e certificano la sanità delle piante;
- una tecnica colturale rivolta a mantenere un equilibrio vegeto-produttivo della pianta evitando stress idrici e nutrizionali;
- interventi fitosanitari con molecole e presidi vari (rame, elicitori di resistenza, batteri antagonisti) che non eradicano la malattia, soprattutto se le condizioni climatiche sono avverse (gelate invernali, grandinate, ecc.), ma aiutano il contenimento;
- esecuzione di una costante pulizia dell’impianto (eliminazione del materiale infetto e/o sostituzione delle piante compromesse).
Si è assistito recentemente alla realizzazione di impianti sotto tunnel di plastica o addirittura, in alcune situazioni, sotto serra. È ormai chiaro che la coltivazione nelle zone dove si verificano importanti abbassamenti di temperatura nei mesi invernali e laddove c’è una forte pressione della malattia la protezione deve essere totale (copertura di plastica completa); laddove il clima è più favorevole e dove la malattia non è diffusa (ad esempio nel Meridione) può essere sufficiente coprire con reti antigrandine o antipioggia. Se la pressione della malattia dovesse diventare importante allora potrebbe essere necessario ricorrere ad una copertura totale, mentre è assodato che lasciare gli impianti scoperti, esponendoli al rischio di eventi climatici avversi, può comportare la perdita del frutteto.
Non va trascurato il fatto che la gestione della copertura è estremamente importante, in quanto deve essere mantenuta tutto l’anno ed è necessario considerare che la tecnica colturale va modificata e va curata l’impollinazione. Ovviamente, è superfluo dire che in annate caratterizzate da temperature elevate come quelle che si sono verificate nell’estate 2017 e anche quest’anno, la temperatura va tenuta sotto controllo e devono essere messe in atto soluzioni per evitare aumenti che possono danneggiare le piante.
Quest’anno la Psa è stata particolarmente aggressiva, al punto che in alcune zone da sempre “vocate” per il kiwi nel nostro Paese, dove era diffuso un certo scetticismo sulla necessità di coprire con plastica il kiwi giallo, oggi molti ritengono che anche il verde (Hayward) debba essere coperto per poter garantire una produzione soddisfacente e, soprattutto, per non perdere gli impianti. Possiamo essere d’accordo, ma la copertura con plastica su kiwi verde non è mai stata proposta sia per le modeste produzioni di queste varietà (20-30 t/ha), sia per il prezzo modesto corrisposto agli agricoltori (abbondantemente sotto l’euro/kg), due fattori che rendono difficile l’ammortamento della struttura.
I consorzi operanti in Italia
La comparsa dei club è stata certamente un’esperienza positiva. I consorzi ed i loro servizi tecnici svolgono sicuramente un’utile e capillare assistenza ai loro associati (all’impianto, durante il ciclo vegetativo, suggeriscono il momento più opportuno per effettuare la raccolta; suggeriscono interventi e sono particolarmente attenti al miglioramento della qualità delle produzioni ed al controllo delle sovrapproduzioni). Svolgono, inoltre, il ritiro, la frigo-conservazione e la commercializzazione dei frutti. Tuttavia, molti agricoltori sono insofferenti. I motivi: non esistono più varietà libere, a parte la solita Hayward, che sta incontrando difficoltà e un agricoltore non affiliato ad un club non ha accesso alle nuove varietà.
Un altro problema riguarda gli associati a Zespri. Questi devono sottoscrivere contratti vincolanti, che impediscono a chi coltiva la loro varietà a polpa gialla SunGold di produrre e commercializzare altre varietà a polpa gialla. Infine, l’editore si prende carico della vendita diretta o indiretta del prodotto, chiedendo generalmente una royalty supplementare sul prodotto. La gestione centralizzata del prodotto è positiva se l’editore spunta prezzi sostenuti sui mercati, ma non sempre questo accade e ciò crea motivi di insoddisfazione
Ribadiamo, i consorzi rappresentano un’esperienza positiva che ha ridato entusiasmo e spinta al settore actinidicolo, da molti considerato a ragione uno dei più dinamici e interessanti. Ci siamo domandati spesso perché questi club/consorzi che fanno sostanzialmente lo stesso lavoro, non si aggregano. Forse questa proposta è troppo semplice. Riteniamo tuttavia necessario trovare una soluzione che da un lato favorisca una aggregazione dell’offerta tale da garantire migliori remunerazioni per tutti gli “stakeholders” della filiera, ma nello stesso tempo mantenga i rapporti di forza tra i diversi consorzi. Sarebbe infine utile disporre di maggiori quantitativi, capaci di soddisfare le richieste di alcuni mercati emergenti.
L’introduzione di nuove cultivar
Disporre di cultivar resistenti alla Psa sarebbe la soluzione più pulita ed ideale, ben considerando che il panorama attuale verrebbe completamente modificato. Non nascondiamoci “dietro ad un dito”: nonostante gli avanzamenti della ricerca sul miglioramento genetico, l’introduzione di nuove varietà con le caratteristiche di tolleranza o resistenza alla Psa non è né semplice, né breve. La presenza di ceppi diversi del patogeno nei vari Paesi complica sia il trasferimento di materiale vegetale tra Paesi diversi, sia l’individuazione di materiale resistente ai vari ceppi; i programmi di miglioramento genetico “tradizionali”, in corso in Cina, Nuova Zelanda e altrove, non hanno offerto sino ad ora selezioni sicure. Crediamo sia giusto diffidare o andare con molta cautela nel cantare vittoria avendo individuato “casualmente” piante che non si sono ammalate in alcune condizioni ambientali. Queste selezioni vengono definite incautamente “tolleranti” o addirittura “resistenti” e poi non reggono le aspettative. Hayward viene a volte considerata “tollerante” o meno suscettibile alla Psa di altre varietà; ebbene, Hayward è stata una delle varietà più colpite in questa e nella precedente annata.
Ci siamo spesso sentiti dire che non si possono introdurre nuove varietà senza avere fatto un adeguato periodo di sperimentazione. Green Angel e alcuni portinnesti, come il neozelandese Bounty 71, recentemente sono stati proposti da alcune aziende vivaistiche come cultivar capaci di offrire una valida soluzione ai problemi che affliggono la coltura (Psa e moria). Ci auguriamo che questo materiale sia in grado di rispondere alle aspettative e sia capace di contrastare queste calamità.
Dorì, l’ultima delle varietà introdotte in Italia, deriva da un programma di miglioramento genetico svolto da due Università (Udine, che ha avuto la responsabilità di effettuare l’incrocio con il materiale allora disponibile e per scopi che non contemplavano la resistenza a Psa – unicamente perché la Psa non era ancora comparsa – e Bologna, che ha avuto la responsabilità di effettuare le osservazioni in campo per una decina di anni). Se la serietà di due Università viene messa in discussione e 10 anni sono considerati un periodo di osservazione troppo breve, ci domandiamo come sono state individuate alcune delle varietà e portinnesti considerati “tolleranti” o “resistenti” e per quanto tempo siano state condotte le sperimentazioni e da chi.
La situazione attuale rimane preoccupante; non abbiamo ancora varietà resistenti o tolleranti perché i programmi di miglioramento genetico condotti sia in Italia, sia in altri Paesi (Cina e Nuova Zelanda) non sono in grado di promettere soluzioni in tempi brevi. Nonostante questo, vengono acquisite nuove varietà direttamente dalla Cina, mentre pochi programmi di miglioramento genetico sono finanziati “saltuariamente” da parte di consorzi e associazioni temporanee di imprese e istituzioni di ricerca italiane. Ognuna di queste varietà viene sviluppata da diversi gruppi che di fatto competono a livello nazionale e internazionale cercando associati cui proporre le proprie cultivar.
Perché gli agricoltori corrono questo rischio
I motivi possono essere diversi. Sono imprenditori e devono far quadrare il bilancio della loro azienda rincorrendo l’innovazione. Ripongono fiducia nei consorzi che propongono loro queste varietà anche sostenendo economicamente, in alcuni casi, la realizzazione degli impianti. Alla luce di tutto questo non è possibile che i diversi attori coinvolti nella filiera possano trovare un accordo e studiare strategie comuni capaci di imporre il prodotto ‘italiano’ sul mercato internazionale. Siamo il secondo Paese produttore a livello mondiale dopo la Cina. Perché subiamo le regole di altri Paesi manifestando spesso una sudditanza a fronte di chi o… di che cosa?
Altre cultivar oltre a quelle citate entreranno nel nostro mercato. Recentemente FreshPlaza ha riportato che Zespri introdurrà sul mercato una nuova cultivar a polpa completamente rossa, che deve aver superato i primi test effettuati sul mercato, ma della quale non sono disponibili esaustive informazioni. Zespri sicuramente è una “garanzia” avendo dietro una istituzione di ricerca come Plant & Food, ma è sempre stato detto che il rosso non veniva introdotto a causa della sua elevata suscettibilità a Psa.
In definitiva, l’intraprendenza e i rapporti con istituzioni estere portano ad una situazione di questo tipo, che non ci sentiamo di colpevolizzare. Auspichiamo però che il materiale introdotto nei nostri impianti abbia avuto un adeguato periodo di sperimentazione nelle nostre condizioni pedo-climatiche.
Abbiamo polemicamente tentato un paragone con un settore amato nel nostro Paese, ultimamente anche e soprattutto femminile: il calcio. L’industria del kiwi è come il calcio nazionale: pochi investimenti nei ‘vivai’ e acquisti all’estero. Il risultato… “calcistico”: non riusciamo ad imporci nelle competizioni internazionali importanti.■