Nuova castanicoltura piemontese: impianti intensivi e innovazione varietale

castanicoltura piemontese
Il Castanetum: collezione delle principali specie e cultivar del genere Castanea (Regione Gambarello, Chiusa di Pesio, Cuneo)

Il Centro Regionale di Castanicoltura del Piemonte è un chiaro e lungimirante esempio di come la ricerca abbia creduto in una specie che, finora, è stata poco considerata dalla frutticoltura moderna, specie rimasta pressoché esiliata all’areale collinare e medio-montano e destinata ad un lento declino. Declino che sarà inevitabile se non dovessero essere attuate strategie e opere atte anzitutto a rinnovarne le pratiche colturali. Attraverso la realizzazione di questo Centro, nel 2003 la Regione Piemonte assieme all’Università di Torino e alle locali Comunità Montane, ha scommesso sul rilancio della castanicoltura valorizzando, non solo il patrimonio genetico regionale e nazionale, ma anche quello internazionale.

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Talee del portinnesto Marsol (CA 07).

Ciò ha fatto sì che il Castanetum del parco racchiuda specie provenienti da tutto il mondo (C. sativa, C. crenata, C. pumila, C. mollissima, C. dentata) e i relativi ibridi interspecifici (C. sativa x C. crenata, C. crenata x C. mollissima). Complessivamente, tra le cultivar locali (Chiusa Pesio, Garrone Rosso), nazionali (Castel del Rio, Mugello, Roccadaspide) e internazionali, il parco racchiude ben 150 genotipi su una superficie di 4 ettari. Ogni varietà è stata innestata sui portinnesti clonali (3 repliche per varietà) Marsol (CA 07) e/o Marlhac (CA 118), con l’obiettivo di ridurre al minimo effetti di disaffinità d’innesto e mantenere le condizioni agronomiche e di portinnesto il più omogenee possibili tra le varie cultivar.
Il Centro piemontese si prefigge quindi di essere al tempo stesso sia una collezione di biodiversità, sia una palestra per la ricerca. “Palestra” per studi di carattere agronomico, fitopatologico, entomologico e di miglioramento genetico. Sono infatti condotte attività di studio della mappa genetica del castagno e di miglioramento genetico ai fini dell’ottenimento di nuove cultivar e portinnesti. Da qui la realizzazione del campo progenie (1 ettaro di estensione) il cui scopo principale è la creazione di mappe geniche di riferimento, in grado di andare a selezionare i caratteri di maggior interesse per la produzione di nuove cultivar e portinnesti conferenti le migliori performance agronomiche (es. resistenza/tolleranza a patogeni fungini come Phytophthora spp. e Cryphonectria parasitica e all’imenottero Dryocosmus kuriphilus), mirate anche e soprattutto alla ricerca e all’individuazione di nuovi portinnesti a vigoria ridotta, compatibili con cultivar di C. sativa, in particolar modo con i diversi ecotipi di marroni del territorio. La ricerca è quindi focalizzata allo studio dei composti polifenolici (es. castalagina e vascalagina) sviluppantesi a livello dell’innesto stesso, che sembrano essere di grande interesse come “biomarker” per il riconoscimento precoce della compatibilità tra i due bionti.
Una volta individuate le cultivar e/o i portinnesti di interesse, avviene la propagazione del materiale di base, all’interno di serre specializzate, tramite seme o talea. Le cultivar e i portinnesti di partenza (CA 07 Marsol e CA 74 Maraval) vengono moltiplicati vegetativamente (tre cicli all’anno, dal mese di maggio al mese di luglio) attraverso il sistema “C-roots”, dove sono utilizzate avanzate tecniche di propagazione (“fogging”, riscaldamento basale, utilizzo di moderne impiantistiche d’illuminazione Led a lunghezze d’onda differenti) per favorire il radicamento delle talee che, come per tutti i castagni, sono poco propense a radicare per l’elevata concentrazione di sostanze tanniche.
Attualmente l’unico materiale di base idoneo a radicare, quindi adatto alla produzione di portinnesti di tipo clonale, è rappresentato dagli ibridi (es. C. crenata x C. sativa), che sono in grado di uniformare la gestione agronomica del frutteto, la resistenza alle fitopatie e di ridurre il vigore delle piante.

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Impianto ad alta densità di C. sativa (Marrone di Chiusa Pesio e Marrone di Susa) su portinnesti clonali.

Terminata la fase di propagazione, avviene la messa a dimora e l’allevamento dei portinnesti, con innesto in campo/vaso, al secondo anno. L’innesto normalmente viene eseguito a gemma dormiente nel mese di agosto, con eventuale recupero delle fallanze nella primavera successiva tramite innesti a doppio spacco inglese o a triangolo. Di grande interesse è il progetto regionale HD Sativa, che mira a sterzare la gestione del castagneto da quello tradizionale a quello di tipo intensivo, cercando quindi di valutare il comportamento di C. sativa innestato su portinnesti clonali in impianti di pianura ad alta densità. I portainnesti clonali (CA 07) e da seme (ibrido e non) vengono messi a dimora in campi prova con sesti d’impianto di tipo intensivo (m 6x7) e innestati con cultivar locali (Marrone di Chiusa Pesio e Marrone di Susa) per valutarne la compatibilità d’innesto (avendo la cultivar Bouche de Bétizac su CA 07 come controllo), la gestione agronomica e l’habitus di sviluppo della chioma. Chioma che viene allevata secondo la tecnica, già ben validata in Cile, del cosiddetto “fusetto”, in cui le piante vengono cimate al secondo anno e fatte ripartire per favorire la ramificazione e lo sviluppo in volume della chioma.

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Moderno impianto castanicolo a sesto dinamico (m 7x3) della cv Buoche de Bétizac in un’azienda privata del Cuneese.

L’attività del Centro, corroborato dall’intensa attività di ricerca dell’Università di Torino, ha fatto sì che la castanicoltura piemontese sia riuscita negli ultimi anni a trasformarsi, incrementando sempre più il divario con la castanicoltura tradizionale, sempre più in declino, e quella di nuova concezione, dominata ad oggi dagli ibridi euro-giapponesi (es. Bouche de Bétizac) e che strizza sempre più l’occhio alla frutticoltura intensiva e industriale. La sfida dei prossimi anni sarà la creazione di nuovi impianti castanicoli di tipo intensivo, con cultivar nazionali di C. sativa (es. Marroni).
Ciò consentirebbe da un lato di mantenere l’eccellenza della qualità del prodotto italiano (es. Marrone Val di Susa Igp, Marrone Castel del Rio Igp, Marrone del Mugello Igp, Marrone di Roccadaspide Igp), ma al tempo stesso di migliorare la gestione agronomica del castagneto, incrementandone le rese ad ettaro, abbassandone i costi e rendendo quindi la coltivazione del castagno, alla stregua delle altre specie frutticole, economicamente allettante.


Coltura e cultura del castagno europeo

Elvio Bellini, già professore di frutticoltura all’Università di Firenze e ormai da molti anni attivo presidente del Centro di Studio e Documentazione del Castagno (CSDC) di Marradi (Fi), ha dato alle stampe un magnifico (e corposo) volume che illustra sinteticamente il mondo del castagno, documentato da oltre 1.600 fotografie, molte dell’autore, esposte permanentemente presso il Centro di Marradi. Ma non si tratta solo di un album fotografico, bensì di un condensato del patrimonio conoscitivo sul castagno che il prof. Bellini ha accumulato ed elaborato nel corso di decenni di studio e osservazioni, solo ora presentato in forma unitaria, organica, con un approccio olistico, multiculturale, suggestivo e di sicuro appagamento per il Lettore.


Nelle 400 pagine del volume l’Autore ha suddiviso gli argomenti in alcune sezioni. La prima parte descrive le caratteristiche pomologiche del castagno, cui seguono l’evoluzione della coltura in Europa, l’assortimento varietale, le operazioni colturali e di gestione del castagneto, il valore della risorsa genetica, le tradizioni gastronomiche e l’utilizzazione. La seconda parte si diffonde sulle specificità castanicole territoriali: le aree di eccellenza – un’ampia fascia collinare-montana – rilevandone la straordinaria biodiversità conservata nei boschi di castagno. Vi sono poi due capitoli dedicati agli alberi monumentali d’Italia e ai castagni multicentenari e altri patriarchi presenti nei parchi. Due appendici sono dedicate al CSDC di Marradi e agli atti dell’Incontro europeo della castagna del 2017. Il volume si conclude con un ampio elenco bibliografico per gli appassionati del castagno.
Questo volume, dunque, è un’opera unica nel suo genere, valida per la conoscenza specifica di una specie identitaria dei nostri boschi, radicata nella civiltà e nella storia italiana, portatrice di valori che trascendono l’economia, la valenza paesaggistico-ecologica di ampie aree geografiche, a Nord e Sud del Paese, ma anche testimone della sussistenza della vita umana.

Il LIBRO
“Coltura e cultura del castagno europeo. Cultivation and culture of European Chestnut”. Autore. Elvio Bellini, CSDC, Marradi (Fi), 2019; pp. 400; euro 70 scontato a euro 50 in occasione di incontri e convegni sul castagno. Per informazioni: Centro di Studio e Documentazione sul Castagno, Via Castelnaudary, 50034 Marradi (Firenze). www.centrostudicastagno.it - info@centrostudicastagno.it

Nuova castanicoltura piemontese: impianti intensivi e innovazione varietale - Ultima modifica: 2019-11-11T13:51:57+01:00 da Lucia Berti

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