Il nocciolo è tra le specie frutticole che destano il maggior interesse tra i frutticoltori italiani, al pari di poche altre referenze. Nel quadro di generale ridimensionamento degli investimenti frutticoli da tempo in atto in Italia, il nocciolo ha invece avviato un deciso percorso di espansione, particolarmente evidente soprattutto a partire dal 2015. Nel 2019, la superficie complessivamente investita, secondo le rilevazioni Istat, è pari a 86.400 ettari, contro poco più di 73.000 ettari nel 2015, per un aumento, dunque, di oltre 13.000 ettari (Figura 1). L’incidenza dei nuovi impianti rispetto al totale è balzata dal 4,5% di un decennio fa all’8,5% del 2019. Anche nel volume di offerta si cominciano ad apprezzare i risultati di tale espansione, tanto che nel 2019 la produzione era stimata in oltre 150.000 tonnellate, sebbene le anomalie climatiche abbiano ridotto la produzione reale a 60% circa di tale valore (cfr. Tosi, 2019).
Dal punto di vista territoriale, la coltivazione permane fortemente concentrata nelle 4 storiche regioni produttrici, Lazio, Piemonte, Campania e Sicilia, ma anche al di fuori l’interesse è in decisa crescita).
Un deciso stimolo all’espansione della coltura deriva dai piani di investimento promossi dalle industrie dolciarie. Dopo il “Progetto Nocciola Italia”, promosso da Ferrero, è stato infatti predisposto il progetto “Noccioleti italiani” di Loacker ed altri ancora patrocinati da Nestlé Italia Spa, Novi, Nocciolcono e Besana International Ltd (Manzo, 2019).
L’individuazione di un costo standard
Al fine di valutare i costi medi di produzione del nocciolo, vista la grande variabilità di situazioni produttive presenti sul territorio italiano si è scelto di determinare un costo standard riferito ad un moderno corileto posto in zona collinare, con giacitura prevalentemente pianeggiante, irriguo e interamente gestibile con mezzi meccanici (Tabella 1).
Pertanto i dati tecnico-economici sono stati mediati sia riguardo alle zone tipiche del paese, sia relativamente alle principali cultivar ed inoltre sono stati elaborati considerando talune variabili di rilievo. La prima di queste è la durata dell’impianto che per il caso esaminato si è stimata, come prima ipotesi, in 30 anni e come seconda ipotesi più prudenziale, in 25 anni. La seconda variabile rappresenta uno dei problemi più concreti ed immediati che l’imprenditore deve affrontare, ovvero l’ampiezza della superficie che desidera investire. Tale scelta, evidentemente, si riflette direttamente sul carico finanziario iniziale, sia sui costi di esercizio della macchina raccoglitrice, particolarmente sensibili alle economie di scala. La gestione meccanizzata della raccolta, difatti, impone il problema dell’efficienza di utilizzo del relativo cantiere e, a tale riguardo, per ottimizzarne i costi per il caso proposto si è considerata una gestione di tipo consorziale, considerando una superficie investita per singola azienda tra 10 e 20 ettari.
Costi d’impianto e di produzione
Riguardo ai risultati attesi, in primo luogo va evidenziato l’ammontare finanziario per far fronte alle spese iniziali di impianto calcolabili in circa 8.700 Euro/ha (Tabella 2), relativamente ad un imprenditore che non apportasse alcun fattore produttivo, mentre nel caso più concreto di parziale apporto di manodopera e capitali aziendali, il costo nell’anno di impianto scenderebbe a poco meno di 7.700 Euro/ha.
In particolare, la maggior parte dei costi sono da imputare all’acquisto delle piante certificate (24% del costo totale) e alla realizzazione delle opere idrauliche per l’irrigazione (31,5%).
In tabella 3 si riportano i costi annui medi di produzione nell’ipotesi razionalmente più ottimistica, cioè con una durata dell’impianto pari a 30 anni e per una superficie investita a nocciolo di 20 ettari.
Il costo totale di produzione ammonterebbe, in questo caso, a 5.052 Euro/ha per l’imprenditore puro, mentre il costo per un’impresa di proprietà in grado di coprire circa il 50% del fabbisogno di lavoro, scenderebbe a 4.050 Euro/ha.
Il contributo della quota annua di ammortamento sul costo annuo complessivo sarebbe dunque pari a circa 1.000 Euro/ha nell’ipotesi dell’imprenditore puro e a 773 Euro/ha nel caso di imprenditori che apportano parzialmente capitali e lavoro, cioè il 20% circa della spesa totale. È da ricordare che la quota è stata calcolata considerando anche i costi da sostenere nella lunga fase di allevamento, prima cioè che i ricavi annui dell’impianto superino stabilmente i rispettivi costi annui.
In tale contesto, rilevante è l’incidenza delle materie prime di coltivazione che, addirittura, sul costo pieno rappresentano la prima voce in ordine di importanza, con un peso del 46%. Più contenuto, invece, è l’onere per la manodopera, come intuibile trattandosi di un impianto altamente meccanizzato che si può gestire con un carico complessivo inferiore a 100 ore/ha. I costi fissi della meccanizzazione si ripartiscono in maniera equilibrata in questa esemplificazione basata su un investimento complessivo di 20 ettari, pesando così per il 5-6% sui costi complessivi.
Costi per unità di prodotto
Con tali livelli di spesa e tenuto conto di una produttività che può essere prudenzialmente stimata in poco più di 2,4 t/ha per l’intero periodo di piena produzione economica, il costo totale per unità di prodotto si collocherebbe sui 2,09 Euro/kg, mentre il costo pieno all’impresa (al netto dunque degli apporti di capitale e di manodopera immessi dall’imprenditore) ammonterebbe a 1,67 Euro/kg.
Qualora le condizioni ipotizzate non siano raggiunte, il costo di produzione aumenta progressivamente, fino a sfiorare i 2,4 Euro/kg nelle ipotesi meno favorevoli tra quelle considerate (durata dell’impianto pari a 25 anni, resa produttiva di 2,25 t/ha e 10 ettari investiti). Al contrario nell’ipotesi più ottimistica (20 ettari investiti, durata impianto di 30 anni e resa media produttiva di 2,5 t/ha) il costo scenderebbe a poco più di 2 Euro/kg.
I margini di redditività
Volendo raffrontare il costo per unità di peso con i più recenti prezzi di mercato alla produzione per determinare un possibile margine di redditività va detto che le quotazioni delle nocciole in guscio sono fortemente condizionate dalle dinamiche dell’offerta internazionale e in particolare dall’entità dell’offerta in Turchia, primo paese produttore al mondo e primo paese esportatore. Limitandoci all’esame delle quotazioni italiane così come riportate da Ismea per il biennio 2018-19 è possibile riscontare valori che hanno oscillato intorno a 2,50 Euro/kg per la gran parte delle cultivar, con l’eccezione della Tonda Gentile trilobata che sistematicamente si pone su un livello superiore e con punte intorno a 3,5 Euro/kg. In ogni caso, va detto che, con le attuali quotazioni di mercato, è assicurata la copertura integrale dei costi di produzione e nelle annate più favorevoli sono anche rilevabili interessanti margini di redditività.
Tempi di recupero dei capitali
Il nocciolo sconta una lenta entrata in produzione che si traduce inevitabilmente in tempi di recupero dei capitali investiti piuttosto lunghi. I parametri finanziari della moderna corilicoltura, difatti, si presentano già molto interessanti anche con un prezzo alla produzione pari a 2,5 Euro/kg, che genera un Valore Attuale Netto (VAN) di quasi 30.000 Euro/ha ed un rendimento dei capitali investiti (SRI) di poco inferiore al 10% per un’impresa diretto coltivatrice come quella ipotizzata nei calcoli di cui sopra. Al contrario, il tempo di ritorno dei capitali investiti si colloca, a questo prezzo, attorno a 12-14 anni, il che determina la necessità di accordi stabili che garantiscano nel tempo la tenuta di un livello minimo di prezzo, anche nel caso di incremento dell’offerta mondiale.
Il positivo trend della domanda atteso per gli anni a venire è certamente il primo punto di forza che può vantare oggi l’investimento corilicolo, unitamente a costi di gestione piuttosto contenuti rispetto ad altri impianti arborei che permettono di pensare ad idonee economie di scala. D’altro canto, l’entità delle superfici investite è un punto che richiede particolare attenzione, in virtù degli elevati costi e della specificità d’uso delle macchine per la raccolta, la cui scelta di acquistarla o di usufruire di servizi consorziali (o privati) rappresenta un momento rilevante nell’economicità di gestione. Altro punto di attenzione è costituito dalla natura delle nocciole, riconducibili a commodities, ma con rilevanti differenze qualitative, apprezzate dal mercato. Sarà, pertanto, fondamentale, mantenere un elevato livello qualitativo rispetto ai paesi concorrenti, così come attualmente riconosciuto dai mercati.