“I nuovi impianti di albicocco sono piuttosto limitati e in Campania si assiste piuttosto ad estirpazione di vecchi frutteti che vengono sostituiti con altre specie”. E’ quanto ci riferisce Felice Pennone dell’Unità di frutticoltura del Crea di Caserta. “Nell’area vesuviana ci si rivolge sempre maggiore interesse al “Pomodorino del piennolo”, che spesso viene consociato all’albicocco, perché stanno prendendo sempre più piede le coltivazioni tradizionali legate al territorio”.
Le difficoltà appaiono più evidenti nelle aree di coltivazione dove non ci sono alternative valide. “Dove è possibile puntare a coltivazioni tipiche, con il valore aggiunto di un marchio DOP o IGP”, ci riferisce Pasquale Imperato, imprenditore agricolo napoletano, “si passa dall’albicocco ad altro. Difficilmente la coltura dell’albicocco trova adeguata sostenibilità economica. Nel mio caso specifico, affronto il problema destinando le albicocche alla trasformazione interna; sto comunque procedendo all’estirpazione a favore del pomodorino”.
Il problema è di tipo culturale poiché i produttori non hanno la mentalità per aggregarsi e contrattare direttamente con l’industria di trasformazione. “In questo contesto”, ci dice Mario Angrisano, produttore di Somma Vesuviana (Na), “intervengono figure mediatrici che, frapponendosi tra i produttori e l’industria, speculano sul prodotto d’eccellenza napoletano pagando pochi centesimi ai frutticoltori e accaparrandosi il valore aggiunto”. L’unica soluzione, per evitare la scomparsa dell’albicocco è quella di creare un canale diretto tra produzione e trasformazione. “Ci sono industrie che cercano prodotto sano, certificato e con buone qualità organolettiche”, continua Angrisano, “che potrebbero garantire un’adeguata remunerazione alla coltivazione vesuviana riconoscendone le caratteristiche eccellenti. Se ciò non avverrà in maniera seria e continuativa l’albicocco di questi areali è destinato a scomparire”.
L’alternativa per i produttori è quella di cercare “nicchie” di mercato che valorizzano convenientemente il prodotto. “Questa strada, però, non è facilmente percorribile. Nel mio caso specifico sono riuscito ad intraprendere contatti con alcune filiere produttive impegnate nella realizzazione di prodotti d’eccellenza (polpa di albicocca) o nell’utilizzo delle albicocche nel settore dell’alta pasticceria (panettoni all’albicocca) che riconoscono l’elevata qualità delle mie produzioni tipiche remunerandole adeguatamente”.
Non ci sono novità per quanto concerne la tecnica colturale, mentre qualcosa di nuovo si registra per quanto riguarda la difesa. “Sono state rese disponibili alcune sostanze come lo spinetoram”, ci dice Pennone, “che è un insetticida appartenente alla famiglia delle spinosine attivo nei confronti di molti insetti, ma interessante soprattutto per il controllo di Drosophila suzukii che ultimamente minaccia anche l’albicocco”.
Ancora molto elevato, nonostante tutto, l’interesse per le novità varietali che vengono proposte in maniera continua, principalmente da organizzazioni vivaistiche francesi e spagnole. “Questi gruppi”, dice Pennone, “per diffondere le loro novità in Italia si servono dei principali vivaisti ai quali rilasciano le loro licenze prevedendo spesso contratti ben definiti che hanno un costo per ettaro talvolta troppo elevato”. Intanto, l’attività di ricerca in Italia appare completamente ferma. “Non si dedica molto interesse all’albicocco nel nostro Paese”, lamenta Pennone; “le attività di ricerca degli enti pubblici rimangono piuttosto limitate, mentre è molto attivo il lavoro dei vivaisti volto a promuovere continuamente novità varietali, provenienti soprattutto dall’estero”.n
Sempre meno albicocche, conferma di un’annata difficile
Preferiti altri prodotti a marchio come il Pomodorino del piennolo o la Annurca