Annata piuttosto negativa per il kaki campano, un po’ in tutti gli areali di coltivazione. «Nell’areale di Acerra» – ci dice Domenica Divano, titolare dell’omonima società agricola, «le intense piogge primaverili, a cui ha fatto seguito un periodo di siccità, hanno influenzato negativamente la produzione causando una forte cascola dei frutticini nel periodo di giugno e luglio.
I frutti rimasti sulle piante hanno subito una maggiore crescita, con conseguenti microlesioni all’epidermide, sulle quali si è innescata la caratteristica “macchia nera”, elemento non gradito dal mercato. In questa zona si può stimare una riduzione della produzione di circa il 50%, considerando anche la percentuale di frutti di seconda scelta».
Diversa la situazione in provincia di Caserta dove, a differenza di quanto avviene in altre regioni italiane ove la produzione viene completamente raccolta e stoccata, i frutti sono lasciati sulla pianta fino al momento della commercializzazione.
«Nella zona di Sessa Aurunca, Cancello Arnone, ecc.» – continua Divano – «non si è registrata la stessa situazione, però le piogge del periodo autunnale hanno causato grossi problemi causando marciumi ai frutti, con un danno stimabile attorno al 30%». Tuttavia, la scarsità di merce locale non ha influito molto sui prezzi di vendita.
«Purtroppo per i produttori italiani» – spiega Divano – «in Spagna l’annata è stata molto positiva, con un’elevata quantità di prodotto immesso sul mercato. D’altro canto, il periodo autunnale è stato caratterizzato da valori termici piuttosto elevati che hanno scoraggiato il consumo di frutti tipici del periodo». Tutte le varietà coltivate hanno subito le difficoltà metereologiche, compresa Rojo Brillante, da poco introdotta nel mercato italiano, ma per la quale la Spagna è leader incontrastata a livello internazionale. «Pur essendo una varietà più tardiva» – aggiunge Divano – «anche Rojo Brillante non è sfuggita ai danni provocati dalle continue piogge di novembre.
Questa varietà, impiantata da circa un decennio in Italia, è gradita dai consumatori per le sue particolari caratteristiche (polpa croccante e senza semi), ma i produttori campani non sono competitivi con quelli iberici che hanno frutteti in piena produzione e assai performanti, riuscendo ad esitare i frutti a prezzi molto contenuti e competitivi». Rojo Brillante ha anche il vantaggio di conservarsi meglio in frigorifero rispetto al Kaki Tipo e avere un aspetto più attraente, ma i produttori spagnoli restano i padroni del mercato.
«Si può riassumere che nel prossimo futuro per la coltivazione dei kaki non si prevedono grandi cambiamenti, sia per la concorrenza estera, sia per la gestione non semplice dell’intero processo produttivo che non consente di improvvisarsi produttori, soprattutto alla luce delle difficoltà che nascono in presenza di andamenti climatici particolari e negativi».
Il packaging
Il consumo di kaki si sta diffondendo grazie anche al lavoro svolto dalla grande distribuzione organizzata. “La nostra azienda” – ci riferisce Domenica Divano – “per valorizzare ulteriormente questo prodotto sta intraprendendo molte attività: andiamo negli store per promuoverne il consumo, abbiamo creato una sezione specifica nel nostro sito per promuovere ricette di importanti “food blogger”, partecipiamo alle più importanti fiere europee dell’ortofrutta”. Alla Divano s.r.l. viene curato in modo maniacale il packaging per rendere riconoscibile il prodotto aziendale e per garantire al consumatore massima qualità, salubrità e tracciabilità.
La ricerca
«Le novità varietali di kaki – ci riferisce Angelina Nunziata, ricercatrice presso l’unità di frutticoltura del Crea di Caserta – provengono da Ucraina, Russia e Corea, areali non molto interessanti per la diospiricoltura campana a causa della grande diversità climatica. Da valutare, invece, per ragioni climatiche, è la cultivar giapponese Kishutemari, dai frutti giallo-arancio con calice relativamente piccolo, polpa compatta senza punteggiatura bruna e senza ‘ragnatura’ dell’epicarpo».
La cultivar sembrerebbe molto produttiva e, secondo test condotti in areali giapponesi, non necessita di impollinatori né per sostenere la produttività, né per controllare l’astringenza.
«Naturalmente, le sue performance negli areali di produzione italiana dovranno essere attentamente valutate, prima di poterla inserire nei programmi produttivi dei frutticoltori nazionali».