Nel prossimo futuro le scelte sull’utilizzo dell’imballaggio, sia nel settore industriale, sia in quello dell’ortofrutta, subiranno un forte cambiamento. Tale cambiamento, in parte già in atto, riguarderà in particolare la “sostenibilità ambientale”. In passato le scelte su quale imballaggio utilizzare erano incentrate sul costo, l’estetica e la facilità di reperimento/utilizzo; la plastica era sicuramente il materiale più adatto. Attualmente, però, gli attacchi alla plastica in generale e agli imballaggi di plastica, in particolare, sono al centro di una campagna mediatica continua e martellante su tutti i mezzi di comunicazione, sostenuti spesso da associazioni ambientaliste e a volte cavalcate da organizzazioni politiche per attirare consenso.
Questa situazione ha provocato un forte senso di colpa presso i consumatori e ha spinto le catene distributive a tentare di sostituire la plastica con materiali alternativi. Il settore ortofrutta è uno di quelli maggiormente presi di mira, per tre ragioni:
- la presenza sul mercato di materiali alternativi, quali, carta, cartoncino e polpa di legno;
- il reparto ortofrutta è quello più frequentato dai consumatori;
- essendo il reparto più visitato è quello che da l’immagine al supermercato.
Perché tanta plastica?
Storicamente la plastica è sempre stato il materiale principe per imballare frutta e verdura perché è leggero, trasparente (quindi il consumatore vede bene quello che compra), facilmente trasportabile, costa poco, è perfetto per velocizzare i processi produttivi, ma soprattutto protegge molto bene i prodotti. Da non dimenticare che gli imballaggi di plastica hanno permesso una sensibile riduzione nello spreco di frutta; in parole povere, quando si compra “imballato” si butta via meno.
Oggigiorno le tendenze generali sono di sostituire la plastica con materiali alternativi oppure di continuare ad utilizzarla aumentando, però, la percentuale di materia prima riciclata. Solitamente i materiali sostitutivi sono carta, cartoncino, polpa di legno (nell’immaginario collettivo tali materiali sono ecologici e biodegradabili) oppure le cosiddette “bio-plastiche”. Quest’ultime sono, però, considerate materiali di nicchia, in quanto molto costose e, di conseguenza, vengono utilizzate per imballare i prodotti a più alto valore aggiunto come quelli bio ed esotici (prodotti costosi che giustificano i costi più alti delle confezioni).
Chi opta per continuare ad utilizzare la plastica si sta spostando verso la “R-PET” (“recyclable PET”), derivata dalle bottiglie trasparenti che normalmente compriamo e che si può riciclare all’infinito. Inoltre, la filiera di raccolta, selezione e riciclo è la più matura, pertanto, molto disponibile sul mercato.
Plastica o materiali alternativi?
A questo punto la domanda che tutti si pongono è: quale delle due soluzioni è la più sostenibile per l’ambiente, plastica o materiali alternativi?
Sicuramente la carta o la polpa di legno se finisce in mare prima o poi si scioglierà, quindi non la troveremo sulle nostre spiagge e non creerà grossi problemi alla fauna marina. Questo aspetto è incontestabile, ma non significa che sia più sostenibile per l’ambiente.
In effetti, la produzione della carta necessita l’utilizzo di materie prime naturali quali il legno che, anche se rinnovabile, necessita anni per essere nuovamente disponibile; inoltre, il consumo di acqua per produrre tali imballaggi è moto alto.
Per quanto riguarda le bio-plastiche, esse si possono suddividere in:
- materiale biodegradabile, che si degrada per il 90 % del suo peso in meno di 180 gg ad opera di microrganismi;
- materiale compostabile, che si disintegra in frazioni di meno di 2 mm per il 90% del suo peso in 90 gg senza rilascio di materiali pesanti e contaminanti;
- materiali bio-based, ovvero materiale plastico derivato da materia rinnovabile di origine vegetale o animale.
Anche se la parola “bio” aiuta il consumatore a ridurre il suo senso di responsabilità, questi materiali non hanno avuto il successo sperato poiché sono molto costosi, hanno comunque un aspetto plastico quindi confondibili e, infine, vengono gettati insieme alla plastica tradizionale perturbando il processo di riciclo. Di queste bio-plastiche le più ricercate sono le “bio-based” che, però, hanno un grande difetto, ovvero l’utilizzo di terreno che potrebbe essere coltivato per produrre cibo.
Meglio riciclare
Ritornando alla plastica di cui abbiamo già elencato i pregi (basso costo, leggerezza, riciclabile), rimane il problema innegabile dell’inquinamento degli oceani e del pianeta intero. Il fenomeno, però, non può essere attribuibile al materiale stesso, ma ai comportamenti dell’essere umano. I dati oggettivi confermano che ad oggi la plastica rimane il materiale più sostenibile a patto che venga riciclato e non venga gettato nei mari, ma nei contenitori appositi per la raccolta differenziata. E’ per questo motivo che l’Ue sponsorizza il riciclo nel quadro dell’economia circolare.
Il riciclo coinvolge molti attori: in primis il singolo individuo che deve differenziare, poi le autorità locali che devono raccogliere e, infine, le industrie stesse che devono riciclare e rendere disponibile tale materiale per essere riutilizzato.
La salvaguardia dell’ambiente che ci circonda è responsabilità di tutti riciclando sempre di più in modo da utilizzare sempre meno materiale “vergine” e diminuendo drasticamente lo spreco di risorse.
Il nastro di Moebius è uno dei simboli del riciclaggio. Si trova su imballaggi di carta, cartone e cellulosa in diverse varianti di colore. Significa che il prodotto è riciclabile, ma anche che la confezione è composta di materiali riciclati o è riciclabile anch’essa.
Il triangolo di frecce si trova sulle confezioni di plastica e può voler dire sia che l’imballaggio è riciclabile, oppure che parte del materiale è riciclato. I numeri presenti al suo interno, da 1 a 6, indicano il tipo di plastica utilizzata secondo un codice prestabilito. La presenza del numero 7 indica che il materiale non è riciclabile.