In un momento difficile per le filiere frutticole nazionali a causa di crisi causate da parassiti e patogeni alieni, cambiamenti climatici, carenze idriche e alluvioni catastrofiche, con la bilancia import/export che per la prima volta nel 2022 ha segnato un allarmante dato negativo con lo sbilancio a favore delle importazioni di oltre 110.000 t di prodotti ortofrutticoli, la necessità di disporre di nuovi genotipi in grado di contrastarle è fondamentale.
È stato questo il filo conduttore della tavola rotonda Nuove tecnologie a servizio dell’innovazione genetica del comparto vivaistico, svoltosi nel corso dell’edizione 2023 di Macfrut, con il contributo di ricercatori di prestigiosi istituti di ricerca e tecnici di importanti realtà vivaistiche nazionali.
Segnali dalla politica
L’onorevole Paolo De Castro, componente della Commissione Agricoltura del Parlamento Ue, ha ribadito la necessità di sbloccare le Tecnologie di evoluzione assistita (Tea) in Europa, con un approccio pragmatico e realista che permetta di dare chiare e rapide risposte alla transizione ecologica, al centro delle azioni New Green Deal e Farm to Fork lanciate dalla Commissione, che rischiano però di rimanere vacui slogan se non si hanno validi strumenti per affrontarle.
C’è una forte discrasia tra i traguardi e i risultati raggiunti della scienza e la possibilità che essi diventino patrimonio comune della vita quotidiana. A causa di una legislazione che manca in Europa, Genome editing e Cisgenesi, le meglio note Nbt’s (New breeding techniques) che vantano decenni di validazione e dimostrazione da parte della comunità scientifica internazionale di assenza di effetti collaterali dannosi a carico dell’ambiente e dell’uomo, oggi non possono essere utilizzate. A livello comunitario si sta lavorando affinché l’esame della proposta di regolamento in materia, che a breve arriverà sui banchi del parlamento e del consiglio, sia di competenza della commissione Agricoltura e non di quella sull’Ambiente.
In Italia le Tea sono ancora relegate e ristrette ad attività di laboratorio, perché erroneamente equiparate agli Ogm. Al momento sono state presentate in parlamento 3 proposte di legge che mirano a permettere di sperimentare, valutare e validare in campo i materiali genetici costituiti in laboratorio con l’ausilio di queste tecniche. Questo permetterebbe di testare in campo e in condizioni naturali i risultati ottenuti dal progetto Biotech che, dopo decenni, ha rappresentato il primo grande progetto nazionale sul miglioramento genetico vegetale, finanziato dal dicastero per l’agricoltura per il triennio 2018/21 con 6 milioni di euro.
Le Tea meritano l’attenzione del legislatore affinché siano permesse e applicate in un quadro normativo che da una parte tuteli ambiente e consumatori, ma dall’altra permetta di produrre in maniera sostenibile, in uno scenario complesso che per il raggiungimento dei traguardi previsti dal Green Deal, prevede la forte riduzione dei mezzi della produzione da parte degli agricoltori. Con piacere si registra che anche la politica nazionale inizia a intuire che non c’è agricoltura senza ricerca e che la ricerca ha bisogno di essere regolamentata e adeguatamente finanziata (ndr, nel frattempo il 30 maggio è stato approvato l’emendamento al decreto Siccità per avviare la sperimentazione in campo delle Tecniche di evoluzione assistita).
Nuove tecnologie per la costituzione di nuove varietà a supporto delle filiere produttive nazionali e della loro competitività per rafforzare il made in Italy. Non uno slogan, ma una forte richiesta dal mondo agricolo.
Dalla parte della ricerca...
C’è l’urgenza di disporre di nuovi materiali genetici per dotare gli agricoltori e i frutticoltori di strumenti idonei a continuare a produrre quantità adeguate di produzioni di qualità e in maniera ecosostenibile al fine di assicurare un futuro alle filiere produttive nazionali e non solo.
La ricerca ha messo a punto tecnologie che possono portare a risultati pari a quelle delle vituperate metodiche Ogm e questo permetterebbe di accorciare i tempi del trasferimento di nuovi genotipi nel processo produttivo.
Questo, in sintesi, il messaggio di due ricercatori del Crea, Riccardo Velasco del Crea viticoltura ed enologia e Luigi Cattivelli del Crea genomica e bioinformatica, che hanno avuto un ruolo importante nello sviluppo e coordinamento del progetto Biotech.
Nell’ambito del progetto Biotech, gli importanti risultati raggiunti riguardano l’utilizzo delle Tea per l’ottenimento di viti resistenti a stress biotici e abiotici e di uve da tavola apirene. Nello specifico, il comparto nazionale del settore ha una disperata necessità di rinnovare il parco varietale per poter ricoprire un ruolo importante per la coltura, che appena una decina di anni fa sembrava fosse al riparo dai funesti e pericolosi venti di crisi che l’attraversano.
In frutticoltura,
- per le drupacee si segnalano
- le ricerche sulla resistenza alla sharka,
- il miglioramento dei protocolli di rigenerazione di tessuti di specie di Prunus recalcitranti alla radicazione;
- per le pomacee si sono ottenute
- piante cisgeniche in melo per resistenza a ticchiolatura e a fuoco batterico e
- di pero per la resistenza al colpo di fuoco batterico ed editate per il carattere dell’autocompatibilità;
- per la fragola è stata affrontata la costituzione di genotipi che esprimono i geni per la rifiorenza.
- per il kiwi ricercata la putativa resistenza a Psa. Sono solo alcuni dei risultati raggiunti che potranno avere grandi benefici per i frutticoltori.
- Per gli agrumi, la messa a punto di protocolli di rigenerazione per arancio e mandarino al fine di ottenere varietà apirene e con caratteristiche nutraceutiche rappresentano i risultati di cui potranno avvantaggiarsi vivaisti e consumatori.
Quanto sopra brevemente accennato, rappresenta solo un piccolo spaccato di come con l’utilizzo delle Tea è possibile dare risoluzione in tempi brevi a problematiche che interessano profondamente le diverse filiere frutticole nazionali e che in alcuni casi le minacciano pericolosamente, tracciando un incerto futuro.
I ricercatori tenacemente perseguono lo sforzo di spiegare che esse non ricadono nella definizione vigente di Ogm:
- Piante dove è stato eliminato il DNA transgenico (ma rimane solo il DNA cis-genico ovvero il risultato che in natura si ottiene grazie all’impollinazione incrociata tra due individui della stessa specie);
- Piante dove è stato eliminato il transgene di Cas9/Cas12 per realizzare il genome editing (ma resta il DNA editato);
- Piante ottenute tramite azione della proteina mutagena e rigenerate post-mutagenesi.
E sono proprio questi aspetti, ben chiari per la scienza ma travisati da parte dei decisori politici, ad aver determinato il vuoto legislativo che sta generando l’inerzia per l’adozione delle Tea.
Interessanti indicazioni sono emerse per l’innovazione nel processo di propagazione delle piante a vivaio. Seguendo i principi dell’ontogenesi (che indica i complessi e diversi passaggi durante la crescita di un individuo, dalla fase giovanile alla senescenza) l’olivo è tra le specie che meglio si presta a rappresentare questi fenomeni sulla base di ben noti comportamenti dei diversi tipi di rami che compongono la sua chioma.
Ne derivano così preziose indicazioni sulla gestione delle piante madri, così come del tipo di rami da prelevare per la propagazione nel vivaismo industriale che, oltre a dover prevedere alte rese alla radicazione, deve anche approntare piante che inizino a produrre subito in campo, dopo la messa a dimora. A tal riguardo, il prelievo di espianti per avviare una coltura in vitro o di talee da far radicare per la produzione di barbatelle, dalle piante madri, ha grande importanza sulle piante finite prodotte per quel che riguarda la fase giovanile improduttiva che potranno poi avere in campo.
Altro aspetto evidenziato è quello relativo ai contenitori utilizzati durante l’allevamento delle piante a vivaio. In questo caso le evidenze sui volumi adeguati da adottare e sulla struttura dei vasi provengono da apposite ricerche e sperimentazioni eseguite sulla fragola. L’utilizzo di contenitori dalle pareti interne costolute, non lisce, permette di ottenere apparati radicali ben distribuiti nell’intero volume del substrato di crescita e non solo all’esterno, a contatto con la loro superficie.
...e delle imprese vivaistiche
È ormai da oltre due decenni che in Italia il miglioramento varietale in frutticoltura è frutto di programmi sviluppati da imprese private.
Un esempio è stato portato dai Vivai Cooperativi Rauscedo, che dopo aver validato i portinnesti della serie M costituiti dal prof. Scienza dell’Università di Milano, ha ora un proprio programma di breeding per le uve da tavola, che ha tra i principali obiettivi
- L’elevata resistenza poligenica alla peronospora e all’oidio;
- La tolleranza alla botrite e alle malattie secondarie;
- L’apirenia;
- Grappolo e acino grosso, polpa croccante, polpa colorata, gusto diversificato;
- Elevata resistenza ai trasporti e shelf life;
- Elevato grado di adattamento al cambiamento climatico
Il numero di semenzali in fase di valutazione, compresi quelli di breeders stranieri è di circa 20.000 individui, compresi alcune selezioni avanzate con geni di resistenza alla peronospora (Rpv1, Rpv3, Rpv12) ed oidio (Ren3, Ren9, Run1)
Il Civ - Consorzio Italiano Vivaisti, che raggruppa importanti vivai, da decenni è impegnato nel breeding di melo e fragole. Il lavoro condotto riguarda sostanzialmente la fase di incrocio e di valutazione dei semenzali sia in condizioni artificiali, sia di pieno campo. Tutto il corollario di analisi biomolecolari per la verifica della presenza dei caratteri ricercati è delegato a laboratori che hanno queste specifiche competenze. Pur riconoscendo i grandi passi in avanti della scienza, è stata evidenziata come la fase della valutazione di campo fatta da tecnici esperti con decenni di esperienza, al momento rappresenta l’unica in grado di dare chiare risposte sulla validità dei nuovi genotipi costituiti.
Per la fragola, i target del miglioramento genetico del Civ riguardano la costituzione di varietà ad alto fabbisogno di freddo, unifere e rifiorenti, dalle caratteristiche sensoriali di elevata qualità, adattabilità e resistenza alle principali patologie, che hanno permesso la loro diffusione in oltre 60 Paesi.
Per il melo, invece, gli obiettivi riguardano la costituzione di varietà caratterizzate da una naturale rusticità delle piante, produttività e semplicità di coltivazione, adattabilità a diverse condizioni pedoclimatiche (per produzioni integrate e biologiche), resistenza ai principali organismi nocivi per una sempre maggiore eco-sostenibilità, elevata shelf-life dei frutti, elevate caratteristiche organolettiche ed aspetto estetico distintivo.
L’innovazione nei processi di micropropagazione in vitro delle piante è stata evidenziata dai vivai Battistini, storica impresa del settore nel nostro paese. Rispetto al passato, si è passati ad una forte automazione delle singole fasi che si susseguono nel ciclo di produzione. Nel laboratorio essa ha fortemente inciso nei processi di preparazione dei substrati, gestione e movimentazione contenitori, lavaggio dei vasi di coltura e vetreria ecc. Nella fase di crescita in vitro, grandi progressi sono stati fatti nella composizione dei substrati e con l’illuminazione a led.
Infine, nelle fasi di acclimatamento e allevamento delle piantine molto dell’innovazione deriva dalle tecnologie in uso nel settore orticolo, a partire dalle trapiantatrici meccaniche. Tutto ciò ha permesso la produzione di grandi quantità di piante garantite per la sanità e le caratteristiche genetiche, in grado di abbattere le barriere fitosanitarie e poter essere movimentate a grandi distanze con maggior facilità, grazie agli ingombri e volumi ridotti.
Ancora lontani dall’obiettivo
Da sempre il comparto vivaistico rappresenta l’avanguardia dell’innovazione in frutticoltura e non solo. Un vivaismo forte può essere preso quale parametro di valutazione sulle capacità agricole di ogni Paese. In questo l’Italia, in campo internazionale, è Paese da sempre sul podio.
In Italia siamo al top nelle tecnologie del vivaismo e nella qualificazione dei materiali con i programmi di certificazione volontaria. Siamo, invece, sempre più dipendenti dall’estero e a livelli sempre più crescenti nell’innovazione varietale. I due settori (vivaismo e breeding) sono strettamente dipendenti. Questo divario sarà ancora più evidente quando l’Europa darà il via libera alle Tea. Comunque vada noi partiamo in salita e lontano dalla vetta, mentre altri Paesi viaggiano spediti e in discesa verso il traguardo. Triste realtà.
Il Civi-Italia, unico organismo interprofessionale italiano che opera da oltre 30 anni per la qualificazione delle produzioni vivaistiche nazionali, che associa il 95% del vivaismo organizzato delle piante da frutto e vite, oltre alle unioni nazionali dei produttori ortofrutticoli, auspica lo sdoganamento delle Tea per la competitività delle filiere nazionali. Competitività che va associata a sostenibilità ambientale ed economica, in uno scenario di rinnovata e più ampia collaborazione tra enti pubblici ed imprese private, ognuno con propri compiti, con il solo obiettivo di produrre qualità e quantità per un futuro che assicuri sicurezza alimentare, cibo per tutti e prosperità alle aziende agricole e all’economia nazionale.
È questa l’unica via percorribile se si vuole essere padroni e artefici del proprio futuro, promotori e non meri utilizzatori delle innovazioni varietali, sviluppando progetti sulla base di strategie ben studiate per proporre prodotti nuovi che sfuggono alle crisi di mercato e che si ben differenziano da quelli di massa.
Promuovere le varietà in frutticoltura
La lotta all’abusivismo varietale, le modalità di protezione e tutela dei brevetti vegetali, i club varietali e le moderne formule di programmazione della filiera frutticola sono stati i temi centrali dell’altra tavola rotonda del Salone del vivaismo.
La pirateria varietale rappresenta un fenomeno dilagante in frutticoltura. Nonostante la quasi totalità delle varietà siano oggi brevettate, la moltiplicazione e la coltivazione abusiva delle novità varietali ha assunto dimensioni smisurate e incontrollate: una minaccia per l’intera filiera nazionale, un danno inestimabile per il mondo produttivo, con i conseguenti rischi legati alla diffusione incontrollata di varie patologie, oltre a costituire un danno morale e materiale per i costitutori, i produttori e i commercianti che operano nella legalità.
Per un approfondimento di queste tematiche leggi l’articolo “Creare e valorizzare le novità varietali è una sfida sempre più ardua” pubblicato sulla rivista di Frutticoltura 10/2022.
Nell’edicola digitale puoi scaricare liberamente l’inserto Vivaismo e innovazione varietale.