Dalla nascita dell’agricoltura, l’innovazione è stata una costante del settore. Nuove tecniche e nuove tecnologie che hanno portato il settore fino alle sfide attuali. L’innovazione dev’essere in grado di migliorare il lavoro degli agricoltori, ma non deve essere calata dall’alto. Comunicare l’innovazione è ciò che ha cercato di fare Edagricole al Mafrut di Rimini nei giorni del 3,4 e 5 maggio 2023 con tre workshop dedicati a tre tematiche calde nel settore ortofrutticolo: irrigazione intelligente, illuminazione in serra e robot.
Oltre la luce Led
Il primo dei tre appuntamenti a Edagricole ha riguardato l’illuminazione in serra e l’utilizzo di nuove tecnologie per la conversione dell’uv in radiazione utilizzabile dalle piante per la fotosintesi.
Nella prima parte del workshop, con gli interventi di Antonio Ferrante e Giacomo Cocetta, docenti di orticoltura e floricoltura all’Università di Milano, e di Piero Santoro, esperto della simulazione e scelta delle lampade per la coltivazione indoor, si è parlato di come poter ottimizzare l’illuminazione in serra dell’area mediterranea. In questi ultimi anni, l’illuminazione artificiale in serra sta subendo una trasformazione tecnologica di forte impatto per cercare di aumentare la resa e la qualità durante il periodo invernale. Diodi a emissione di luce, dall’inglese Light Emitting Diodes (Led), hanno diversi vantaggi rispetto ai sistemi tradizionali a scarica come le lampade fluorescenti lineari (Lfl) o le lampade fluorescenti compatte (Cfl), le lampade al sodio ad alta pressione (Hps) o le lampade ad alogenuri metallici (Hid). Tutte queste lampade possono essere utilizzate sia per l’illuminazione supplementare a integrazione della luce naturale sia come fonte unica di radiazione come nelle coltivazioni indoor o vertical farm. I sistemi di illuminazione a Led, opportunamente progettati per la serricoltura, sembrano essere molto promettenti sia in termini di sofisticazione (illuminazione di precisione) sia in termini di ausilio alla produttività delle colture e al miglioramento della qualità nutrizionale. Le lampade a Led permettono di ridurre il consumo di energia elettrica rispetto ai sistemi tradizionali, avendo un’alta efficienza energetica. Il consumo energetico è uno degli aspetti più importanti che incide sui costi delle coltivazioni in serra.
L’efficienza energetica dipende dalla scelta dei diodi (efficienza del Led), dal modo in cui è progettato il dispositivo di illuminazione (conversione dell’elettricità in fotoni e perdite percentuali in calore) e dalle piante (conversione dei fotoni in biomassa) attraverso il processo di fotosintesi. Oltre a ridurre i costi, l'illuminazione a Led offre anche notevoli opportunità di sfruttare le conoscenze del patrimonio fotobiologico per produrre benefici alle colture e aumentare l’accumulo di composti bioattivi. Gli spettri di emissione dei Led colorati usati in agricoltura possono essere selezionati per stimolare specifici processi fisiologici e biochimici consentendo di modulare la crescita, la morfologia, il sapore e la pigmentazione così come il controllo dei patogeni e dei parassiti. Gli apparecchi di illuminazione a Led possono fornire spettri specifici in funzione dell’assorbimento delle colture, eventualmente modificare i picchi di emissione e modulare l’intensità. Il progetto Appled, un progetto Psr della Regione Lombardia, presentato durante il workshop, ha messo in evidenza come l’illuminazione Led sia un esempio d’innovazione di processo più recente nel settore delle colture protette e può essere un valido strumento per rafforzare la produzione invernale e urbana dell’area Mediterranea, evitando la delocalizzazione delle coltivazioni in altre aree geografiche.
La seconda parte del workshop ha visto la presentazione, da parte di Pasquale Mormile, dell’istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti del Cnr di Pozzuoli, dello studio di un gruppo di ricercatori italiani, in collaborazione con Lucedentro srl, per la quale è intervenuto Luca Beltrame. Lo studio presentato riguardava l’uso di pannelli costituiti da polimetilmetacrilato addizionato con una miscela di materiale inorganico di terre rare ad effetto fotoluminescente. La ricerca ha verificato che coltivare lattuga in serre rivestite con pannelli plastici fotoluminescenti aumenta la resa del +36% rispetto a una serra priva di questi pannelli. Oltre ad aumentare le rese, i pannelli hanno causato una riduzione del -22% dei fenoli totali e un incremento del +14% del contenuto di nitrati delle foglie. Nessuna variazione è stata invece osservata sul contenuto di carotenoidi, acido ascorbico e clorofilla, né sull’attività antiossidante. Secondo i relatori, l'incorporazione di complessi inorganici di terre rare all'interno della copertura della serra può essere considerata una promettente innovazione tecnologica, finalizzata allo sviluppo di pratiche agricole sostenibili. Al momento il prodotto non risulta essere in commercio, ma l’intenzione è quella di continuare gli esperimenti su altri tipi di colture e contesti produttivi. Per un’approfondimento di queste nuove tecnologie rimandiamo all’articolo di Paola Cassiano nello speciale Innovazioni nella filiera orticola di Terra è Vita 12/2023.
Tecnologie per la gestione dell’acqua
Il ruolo delle soluzioni tecnologiche avanzate e l’uso di software in campo e in serra per la gestione di una risorsa, l’acqua, sempre meno disponibile sono stati al centro del workshop del 4 maggio.
Per le tecnologie in pieno campo è intervenuto Tommaso Letterio, ricercatore del Canale Emiliano Romagnolo. Da alcuni anni le organizzazioni di produttori agricoli e le aziende agricole, spesso anche in autonomia, si stanno dotando di sistemi di sensori per l’acquisizione di dati ambientali relativi al sistema coltura-suolo-clima in un’ottica di ottimizzazione del processo produttivo e di gestione dell’irrigazione. Le aziende fornitrici di tecnologia stanno rispondendo alle richieste del mercato senza che però si sia creato un contesto di validazione, costituito da enti terzi e adeguati sistemi di verifica, che valuti la qualità dei dati forniti dai sistemi di monitoraggio, comprensivo anche dei servizi di monitoraggio da remoto. Quindi, in alcuni casi, l’aumento dei dati disponibili sulle condizioni climatiche, del suolo e delle colture non è necessariamente da considerarsi un beneficio economico e ambientale diretto per l’agricoltore e/o la OP che ne usufruisce. Allo stesso tempo gli stessi attori del mondo agricolo stanno manifestando l’interesse di poter utilizzare i sistemi di monitoraggio ambientale per migliorare il consiglio irriguo, utilizzando dati direttamente misurati sui loro appezzamenti e, quindi, rappresentativi delle reali condizioni aziendali. Lo sviluppo di sistemi integrati per la valutazione dei dati provenienti dall’Iot e l’integrazione con il Dss Irriframe, può risolvere parte dei suddetti problemi. La tecnologia attualmente disponibile consente l’integrazione diretta dei sistemi di sensori e di attuatori con Irriframe e ciò comporta una diminuzione dell’impegno manuale per la compilazione dello stesso e, soprattutto, il miglioramento della qualità del servizio perché più centrato sulle condizioni sito specifiche dell’azienda agricola, con un beneficio per molte delle 12000 aziende agricole regionali utenti del servizio.
Passando da un’ottica di pieno campo a una di serra, Luca Incrocci, docente di orticoltura e floricoltura all’Università di Pisa, ha parlato dell’importanza di conoscere la frequenza d’irrigazione e di come calcolarla. Incrocci nel suo intervento ha elencato le domande a cui il serricoltore deve saper rispondere per gestire l'irrigazione in modo ottimale:
1 - Quanto devo irrigare? La risposta è nella dose ottimale, che si debba irrigare nel terreno o in vaso o in sacchi. Lo si fa decidendo la quantità di acqua da somministrare, equivalente all'acqua evapotraspirata sommata al recupero delle inefficienze (per esempio la differenza di crescita delle piante e le differenze dovute ai singoli gocciolatoi).
2 - Ogni quanto devo irrigare? La risposta a questa domanda, secondo Incrocci, è più complicata, perché occorre prevedere o capire quando la pianta ha terminato l'evapotraspirazione dell'acqua irrigata.
Un primo approccio per stimare l'evapotraspirazione, ha spiegato Incrocci, consiste in metodi diretti. Si chiamano così perché possono misurarla direttamente. È il caso dei sensori che misurano il flusso xilematico – detti sap flow – o perché misurano l'umidità terreno, come i sensori radicali. Alcuni esempi fatti da Incrocci sono la bilancia elettronica, o i misuratori di volume utilizzati per il fuori suolo. Un altro approccio riguarda l'utilizzo di metodi indiretti, che stimano l'evapotraspirazione misurando i parametri climatici. Un classico sistema è quella del metodo Fao, che però presenta vari problemi, tra i quali il non avere un coefficiente di evapotraspirazione per alcune colture.
I robot scendono in campo
Il terzo e ultimo appuntamento promosso da Edagricole ha riguardato la tematica dei robot.
L’intervento introduttivo di Alessio Bolognesi di FederUnacoma ha fatto il punto su quello che è certamente un mercato in crescita: «i robot in stalla la fanno da padrone ma crescono anche le trattrici autonome. Tra le ragioni alla base dell’interesse per lo sviluppo di questo comparto è la crescente mancanza di manodopera specializzata. Restano ancora diverse sfide, prima fra tutte la diffidenza degli utilizzatori finali ma anche della stessa reta di commercializzazione. Non di meno la sicurezza rimane un tema fondamentale e forse dobbiamo ancora attendere per macchine totalmente autonome e sicure. Ci sono poi ulteriori ostacoli dovuti al mondo connesso nel quale queste macchine si trovano a operare, pensiamo per esempio ai problemi di privacy dei dati e cyber-security. Manca in fine una legislazione chiara e unica in materia».
Luigi Manfrini dell’Unibo ha introdotto il tema della robotica in frutticoltura. «La raccolta rappresenta circa il 30% dei costi di gestione di un frutteto ed è per questa ragione che la robotica in frutticoltura è rivolta prioritariamente a questa operazione. Tuttavia, il mercato chiede il frutto perfetto e questo rappresenta il principale collo di bottiglia della meccanizzazione. In frutticoltura l'applicazione dei robot incontra diversi ostacoli, prima di tutto la movimentazione dei frutti senza provocare delle modifiche estetiche e in più la variabilità (genetica, ambiente, management) del sistema frutteto lo rende particolarmente ostile. Gli obiettivi dell'automazione dei frutteti sono quindi: rilevazione e localizzazione precisa ed accurata delle strutture/organi della pianta; manipolazione del frutto/organo della pianta senza danneggiarlo; operatività continuativa in condizioni di luce naturale, notturne o meteorologicamente avverse; operatività su più tipologie di specie/cv con forme di allevamento e dimensione variabili; progettazione meccanica del robot semplice ed economica e che possa essere riparata sul campo. L'automazione in frutticoltura potrà avere un futuro solo se riusciremo ad adattare le piante alla meccanizzazione. Le innovazioni devono essere su diversi fronti, tecnologiche, meccaniche ma anche agronomiche. La configurazione del frutteto deve evolvere pari passo con la meccanizzazione/automazione, servono per questo nuove competenze sia a operatori in frutticoltura sia a tecnologi e ingegneri. Ed è proprio per questa ragione che stanno nascendo nuove lauree e specializzazioni offerte dalle Università italiane per formare nuovo personale tecnico».
«Il settore dell’orticoltura – spiega Andrea Lovazzano di Sata – è un grande volano di manodopera e dà spazio a numerose applicazioni: semina, irrigazioni, fertilizzazioni, trattamenti fitosanitari e raccolta. Avendo la necessità di trovare soluzioni sia in produzione integrata sia in produzione biologica. Alcune soluzioni emergenti tra gli hortibot (farmbot specifici per l’orticoltura) sono: Farmdroid FD20 (Arvatec), Terra Sentia (Earth Sense), Dino (Naio Tecnologies), Volo Drone (Volocopter), Romi (EU funded project), Kilter AX1 ( Kilter AS), Orio (Naio Tecnologies), Softi Rover EK 18 (Softivert).
Gli hortibot rivestiranno maggiore importanza nei prossimi anni: pertanto vi è l’esigenza di recuperare dati ed informazioni misurabili (ivi compresi costi/benefici). Le tecnologie che consentono il diffondersi della robotica sono sempre più diffuse GPS, autoguida, ISO BUS, arti telescopici ecc. È questo un settore in piena evoluzione e richiede una formazione professionale specifica per tecnici/consulenti, che devono avere competenze informatiche/digitali, elettroniche e meccaniche ma anche agronomiche. È necessario poi proseguire con la ricerca scientifica e la sperimentazione in campo per trasferire le soluzioni alle aziende agricole».
Non sono mancati infine esempi di robot per l’orticoltura e la frutticoltura. È intervenuto Savio Landonio di Arvatec che ha illustrato Farmdroid il robot agricolo a energia solare attualmente utilizzato da Coprob per la coltivazione della bietola biologica. Poi Dario Mengoli di Field Robotics ha parlato del robot Dedalo e Hammerhead e infine Simone Pollano ha spiegato l’utilizzo del robot per la raccolta di Tevel. Le tecnologie FieldRobotics e Tevel erano in esposizione a Macfrut.