La coltivazione delle fragole è diffusa in molti Paesi dell’Ue-27 per una produzione annua in piena area di circa 1,2 mln di t nel 2019 (fonte: Eurostat). La coltivazione in serra e tunnel prolunga la campagna commerciale di molti Paesi produttori sia continentali (Belgio, Germania, Olanda, Polonia), sia mediterranei (Italia e Spagna), ma non sempre consente di soddisfare completamente la domanda interna. L’export è quindi prevalentemente alimentato dal “gap” di offerta tra i Paesi mediterranei (comunitari e non) e la domanda dei mercati dell’Europa del Nord. Gli scambi commerciali tra i Paesi membri dell’Ue-27 “post brexit” (quindi escluso il Regno Unito, Paese importatore netto di fragole) al termine del quinquennio 2015-19 hanno superato i 900 mln di euro, con un incremento del valore intorno al 20% nel periodo considerato. A sua volta, il commercio intra-comunitario in volume è salito da 360 a oltre 400.000 t.
La leadership della Spagna
Tra i Paesi mediterranei, è la Spagna che detiene saldamente la leadership dell’export tra i 27 Paesi membri dell’Ue. Il paese iberico incide per oltre il 60% dei volumi di fragole diretti verso gli altri stati membri, precedendo il Benelux (30%), la Grecia e l’Italia. La Spagna rifornisce con continuità l’Europa del Nord. La quasi totalità della produzione iberica proviene dalla provincia di Huelva, in Andalusia. In quest’area le superfici investite a fragole si stima coprano 6.705 ha (-2% sul 2019-20) su un totale destinato ai piccoli frutti di oltre 11.000 ha. Le economie di agglomerazione generate da una così forte concentrazione degli investimenti consentono un livello di prezzi competitivo.
Nel 2019-20 la quotazione franco-partenza delle fragole Cat I è stata di 1,16 €/kg (fonte: Osservatorio Prezzi Giunta di Andalusia). La campagna si protrae da gennaio a maggio, ma si segnala un crescente numero di varietà precoci che consentirebbero la presenza sul mercato europeo delle fragole spagnole già a Natale, anche se solo con piccole partite di prodotto. Al momento è in corso un processo di diversificazione degli sbocchi commerciali. Da febbraio le fragole spagnole potranno essere esportate anche in Canada, come conseguenza dell’accordo Ceta (“Comprehensive Economic and Trade Agreement”). Senza dubbio, un mercato delle dimensioni del Canada potrebbe assorbire nei prossimi anni una quota rilevante delle esportazioni extra-comunitarie della Spagna che oggi rappresentano meno del 10% del totale, alleggerendo la pressione competitiva su quello comunitario. Infatti, quando la Spagna entra nel mercato con maggior forza (marzo-aprile), diventa più difficile competere per gli altri Paesi esportatori mediterranei, l’Italia in particolare. In generale, va ricordato che molti operatori spagnoli gestiscono commercialmente anche le fragole di Marocco ed Egitto, che sono riesportate, e consentono loro di proporsi sul mercato con continuità in quantità e in maniera aggressiva come prezzi.
La figura 1 riporta l’andamento comparato delle quotazioni delle fragole italiane e spagnole all’ingrosso sul mercato dell’Ue-27 “post brexit”.
La figura 1 mostra che il paese iberico si colloca su livelli di prezzo strutturalmente inferiori a quelli del prodotto italiano durante l’intera campagna commerciale, arrivando sul mercato a gennaio senza concorrenza diretta di altri Paesi mediterranei. Nel 2021 le ultime rilevazioni ufficiali dell’Ue quotavano le fragole spagnole mediamente 3,1 €/kg. Nel corso dell’anno commerciale i prezzi all’ingrosso dell’Italia sono in media più bassi di quelli di Belgio, Francia e Olanda, in linea con quelli della Grecia, mentre la Spagna si colloca in una fascia di prezzo più bassa. Grazie a un’offerta precoce e regolare e prezzi accessibili, alcuni Paesi tradizionali produttori, come la Francia, hanno quindi progressivamente visto incrementare la propria dipendenza dall’offerta spagnola e altri, come la Germania, hanno importato quantitativi progressivamente crescenti di prodotto iberico.
Gli spazi per l’export italiano di fragole
Insieme all’Austria e a un gruppo di Paesi dell’Europa Centro-orientale (Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Croazia e Romania), la Germania è l’area di riferimento anche dell’export italiano; nel corso del 2020 (gennaio-settembre) quasi il 60% delle nostre esportazioni ha preso la strada della Germania. Questa percentuale sale a poco meno dell’80% se si considerano anche l’Austria e gli altri Paesi dell’area già menzionati.
Il valore delle esportazioni italiane è stimabile in 26 mln di euro, in calo dell’8,3% su base tendenziale, cioè rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Prescindendo dai risultati congiunturali realizzati sul mercato tedesco e su quelli dell’Europa centro-orientale, va evidenziato che i quantitativi in uscita dal nostro Paese incidono in misura decrescente sulla produzione nazionale (in calo per la produzione in pieno campo e altalenante per quella di serra): l’incidenza dell’export sulla produzione nazionale è passata dal 12,2% del 2017 al 10,3% del 2019. Contestualmente, le importazioni dalla Spagna sono cresciute in misura consistente passando, nel periodo 2015-19, da poco più di 30.000 a oltre 40.000 t. Lo spazio di mercato preso dalla Spagna condiziona l’offerta nazionale che, nel periodo 2015-19, è calata del 15,3% e, di riflesso, indebolisce anche l’export.
Si tratta di un campanello d’allarme perché essere in grado di competere sui mercati esteri in prospettiva può trasformarsi in un’importante opportunità di crescita per il settore. Infatti, il mercato mondiale dei piccoli frutti è in fermento e anche l’offerta nazionale può trarre vantaggio da questa situazione. Nel 2020, in tutto il mondo, sono stati raccolti circa 8,8 mln di t di fragole, un volume mai così elevato (fonte: Fao). La spiegazione va ricercata nella crescita produttiva della Cina, stimolata da favorevoli attese per lo sviluppo di nuovi mercati nell’area asiatica. In questo scenario, alcuni Paesi europei extra-comunitari già dirigono la loro produzione verso l’Ue-27: la Turchia punta sulla Romania e l’Albania sull’Italia.
Il nostro Paese ha condizioni climatiche adatte per la produzione di fragole e una posizione geografica ideale per rifornire anche altri Paesi oltre a quelli dell’Europa del Nord, ma in uno scenario in cui la competizione nel mercato è condizionata dalla leadership produttiva e commerciale della Spagna si deve evitare una strategia basata sul prezzo e puntare invece su un’offerta di alta qualità destinata a nicchie di mercato globali.
In un momento particolare come quello attuale, condizionato dalle ricadute della pandemia, la propensione all’export extra-Ue va quindi rafforzata perché le condizioni del mercato comunitario potrebbero anche cambiare.
La pandemia spinge i consumi di fragole
L’influenza esercitata dal Covid ha innescato un processo di transizione alimentare che rivaluta le produzioni locali a discapito della destagionalizzazione garantita dalle importazioni. In Francia, ad esempio, sull’onda della richiesta del governo di acquistare prodotti locali, Carrefour, uno dei primi dieci retailer al mondo, in gennaio ha interrotto la commercializzazione delle fragole d’importazione per l’intero mese. Ha ricominciato solo all’inizio di marzo in concomitanza con l’arrivo della produzione francese. Inoltre, le ripetute chiusure a singhiozzo che hanno interessato tutti i Paesi europei hanno spinto le famiglie ad acquistare frutta conservabile a lungo e questa circostanza potrebbe influenzare la domanda futura.
Con il progressivo ritorno alla normalità le fragole, soprattutto se d’importazione, potrebbero essere trascurate a vantaggio di altri tipi di frutta. Un atteggiamento simile verso il prodotto di importazione serpeggia già in Germania; per questo motivo la produzione italiana deve scommettere sulla qualità del prodotto e contraddistinguersi per sostenibilità del processo produttivo, grazie a cultivar innovative a basso impatto ambientale. In questa logica, anche la coltivazione fuori suolo potrebbe divenire un’ipotesi di lavoro, nel momento in cui vi fosse un mercato disposto a remunerare con prezzi adeguati investimenti di questo tipo.