La Sharka, malattia causata dal Plum plox virus (PPV), è presente nel continente europeo da almeno un secolo (in Italia dal 1977) ed è tuttora considerata estremamente dannosa in quanto continua a diffondersi e a causare importanti deprezzamenti della qualità dei frutti di prunoidee particolarmente sensibili come pesco e albicocco. Questa situazione persiste nonostante nell’Ue siano state in vigore, per molti anni, specifiche misure di contrasto basate sull’estirpazione obbligatoria delle piante infette e l’impiego di materiale di propagazione virus-esente.
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su Rivista di Frutticoltura n. 6
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Strategie di contenimento
È indispensabile applicare strategie di contenimento che siano efficaci e sostenibili in termini ambientali ed economici come la ricerca di varietà di pesco, susino ed albicocco resistenti a PPV-M. In questo quadro si inserisce l’attività di sperimentazione svolta fin dal 2003, con finanziamenti della Regione Emilia-Romagna, presso l’azienda Sperimentale Astra Martorano 5 di Cesena, con lo scopo di valutare la suscettibilità o la resistenza a PPV di varietà di drupacee. Questa strategia si può considerare il primo aiuto concreto per controllare la presenza del virus e per mitigare i danni alle produzioni frutticole.
Questa strategia si deve “conciliare” con l’incessante introduzione di nuove varietà di drupacee provenienti dai programmi di miglioramento genetico pubblico e privato (alcune centinaia ogni anno) che propongono per la coltivazione nuovi genotipi di cui non si conosce il comportamento nei confronti della Sharka. Da diversi anni, con la collaborazione dell’Università di Bologna, dell’Università di Milano, del Crea-Ofa di Forlì e di breeder e vivaisti interessati, sotto la supervisione del Servizio fitosanitario, viene eseguita la valutazione della sensibilità varietale a PPV-M di nuove cultivar e selezioni di pesco, susino e albicocco.
La sperimentazione
Le prove organizzate presso l’Unità Operativa Martorano 5 di Astra, all’interno di un’apposita screen-house, sono state realizzate in tre cicli successivi, dal 2003 al 2006, dal 2007 al 2013 e dal 2014 al 2019. Sono stati impiegati astoni innestati su GF677 per il pesco e su mirabolano 29 C per albicocco e susino. Per ogni varietà o selezione in prova sono state messe a dimora 3-4 piante, allevate in suolo, inoculate con PPV, lasciando sempre una pianta non inoculata (testimone negativo). Gli inoculi con il PPV sono stati effettuati mediante inserzioni, sopra il punto di innesto, di gemme e/o porzioni di tessuto corticale prelevate da piante di pesco GF 305 infette con PPV-M, (isolato 0019 UBA) e da un isolato “autoctono” del ceppo M dell’area di Cesena dove la malattia è presente su pesco dal 1995. Le inoculazioni sono state ripetute per almeno due anni consecutivi. Dal primo anno dopo l’inoculazione sono iniziati i rilievi sintomatologici. La comparsa dei sintomi a partire dalla ripresa vegetativa è stata valutata su fiori (nel pesco a fiori rosacei), corteccia, foglie e frutti, identificando tre diverse classi per intensità dei sintomi, da poco sensibili a molto sensibili.
Oltre alle ispezioni visive, le piante oggetto della prova che, nonostante le ripetute inoculazioni, continuano a non manifestare sintomi di PPV sono state sottoposte a test diagnostici. Oltre al test ELISA, sono state impiegate tecniche molecolari come PCR quantitativa (RT-qPCR) e Digital Droplet RT-PCR (ddRT-PCR). Quest’ultima tecnica è stata utilizzata per valutare la possibile “tolleranza” di alcune piante di 8 cv differenti di albicocco, asintomatiche dopo ripetuti inoculi e negative ai test ELISA e RT-qPCR, prelevando campioni di 10 foglie per pianta da diverse branche a varie altezze in 4 diverse epoche.
Indagini sintomatologiche
Pesco
Fin dal 2003 sono state valutate le varietà di pesche, nettarine e percoche di maggior interesse nelle aree di coltivazione dell’Emilia-Romagna, diverse selezioni in corso di valutazione e varietà “antiche” provenienti da collezioni di germoplasma. Delle 226 accessioni valutate, 207 sono risultate molto suscettibili, 19 definite tolleranti (non comparivano sintomi su frutti) e 6 molto tolleranti (dopo le prime inoculazioni i sintomi comparsi su frutti e foglie tendevano ad attenuarsi). Tutte queste piante risultavano infette da PPV, cioè positive ai test di analisi sierologica e molecolare.
Susino
Le varietà di susino europeo e cinogiapponese sono state valutate dal 2003 al 2012; in base ai rilievi sintomatologici, soltanto una delle 29 varietà esaminate è risultata priva di sintomi e negativa alle analisi molecolari, in quanto dotata di caratteri di ipersensibiltà.
Albicocco
Sono state esaminate 116 fra varietà e selezioni in corso di valutazione: di queste 39 sono risultate più o meno sensibili con sintomi evidenti su foglie e frutti mentre 9 hanno manifestato una limitata sensibilità con una comparsa tardiva di pochi sintomi a carico delle foglie e di qualche frutto. 67 accessioni (29 varietà e 38 selezioni) sono risultate prive di sintomi su foglie e frutti anche dopo 5 anni dall’inoculazione e negative alle analisi RT-qPCR.
Le analisi ddRT-PCR effettuate dimostrano che il virus introdotto con l’inoculazione si replica in minima quantità e che il titolo virale non aumenta all’interno della pianta nel tempo probabilmente a causa della presenza di specifici geni di resistenza. I risultati della prova effettuata confermano però che la comparsa dei sintomi si manifesta in maniera differente e che perciò le diverse cv o accessioni reagiscono in diversa maniera all’infezione da parte del virus.
Cultivar tolleranti necessarie
Tutte le piante in prova si sono infettate in seguito all’inoculo con tempistiche e manifestazioni diverse nei vari anni della prova. Questo aspetto sottolinea l’importanza di osservare per più anni le cv e le accessioni più interessanti. Si può infatti affermare che per il momento non è presente nessun carattere di immunità o di totale resistenza genetica a Sharka nel germoplasma in commercio. I risultati ottenuti, comunque, dimostrano come una parziale resistenza sia probabilmente presente in diverse varietà e selezioni di albicocco mentre per il pesco è stata evidenziata solo una blanda tolleranza. Infatti, tutte le varietà e selezioni valutate si infettano con PPV e risultano più o meno sintomatiche; solo alcune, pur mostrando pochi sintomi sulle foglie, non manifestano sintomi sui frutti, ad esempio la cv UFO 3. Questi risultati, ottenuti in un ambiente confinato, sono stati quasi sempre ulteriormente confermati da osservazioni in pieno campo, confermando quanto sopra esposto visto che la comparsa e l’intensità dei sintomi di Sharka può essere influenzata dall’ambiente, dalle condizioni di coltivazione e dall’andamento climatico. La ricerca di fonti di resistenza alla Sharka e lo sviluppo di genotipi resistenti rimangono uno degli obiettivi più importanti nei programmi di breeding condotti in Europa sulle drupacee. L’impiego di cultivar resistenti o tolleranti è, di fatto, l’unico mezzo per continuare a produrre drupacee in maniera remunerativa nelle aree frutticole dove la Sharka è ormai endemica.
Prospettive future: il trasferimento della “resistenza”
Nel pesco, al momento, non sono ancora stati individuati materiali genetici con resistenza alla Sharka. Studi recenti hanno tuttavia dimostrato che l’innesto della cultivar di mandorlo Garrigues (resistente) su pesco GF305 infettato da isolati di PPV ceppo Dideron (PPV-D) riduce progressivamente i sintomi della malattia e la proliferazione del virus. In particolare, è stato dimostrato che l’innesto di mandorlo Garrigues su pesco GF305 prima dell’inoculo di PPV-D previene completamente l’infezione virale, dimostrando che la resistenza è costitutiva e non indotta dal virus. Questi studi hanno anche provato la significativa implicazione di fitormoni (in particolare acido salicilico) in questa resistenza indotta nel pesco. La prossima sperimentazione allestita nel 2020 ha lo scopo di indagare se il trasferimento della parziale resistenza (fin qui accertata) sia possibile anche dalle accessioni di albicocco a pesco e se sia confermata anche per il ceppo Marcus (PPV-M). Si vuole indagare quindi se attraverso l’innesto questo meccanismo sia trasferibile da specie a specie (albicocco vs pesco) e se il fenomeno resti stabile, con la prospettiva di indurre maggiore tolleranza anche nei differenti genotipi di pesco, ad oggi tutti più o meno suscettibili.