Sulla base dei dati dei conferimenti delle pere dei soci dell’OI Pera, altamente rappresentativi nella Regione Emilia-Romagna, è stato possibile fare un aggiornamento delle previsioni di metà luglio, relativamente alle varietà estive. Sul piano puramente quantitativo - comunica l'Organizzazione interprofessionale - si confermano sostanzialmente i dati rilasciati in occasione di Prognosfruit (vedi tabella 1) e si conferma anche in maniera inconfutabile una produzione incentrata su calibri piccoli, tanto che la I qualità delle varietà estive è stimata mediamente al di sotto del 40% del totale raccolto contro una media del 50% in annate più normali. La composizione dei calibri della I qualità evidenzia quest’anno che circa il 45% è composto da calibri 60-65, contro una media del 28% del recente passato, con valori vicini al 20% in annate più fortunate.
«Quella che si è andata a delineare – afferma Gianni Amidei, presidente dell’OI Pera - è una situazione molto preoccupante; c’era quest’anno più che mai bisogno di una boccata di ossigeno e invece ci ritroviamo a dover gestire ancora una volta problemi. I costi di produzione purtroppo non sono correlati ai calibri dei frutti e pertanto per assicurare una adeguata PLV è necessario riuscire a valorizzare al massimo le pezzature più piccole».
Le stime produttive di luglio
Le stime di luglio, rilasciate in occasione di Prognosfruit, vedevano la produzione nazionale sulle 474.000 tonnellate di prodotto, più del doppio rispetto allo scorso anno, ma oltre il 20% in meno rispetto al 2020 e il 35% in meno rispetto al 2018.
A livello varietale erano previste circa 189.000 tonnellate di Abate, il 22% in meno rispetto al 2020 e quasi il 40% in meno sul 2018, anche se quattro volte maggiore rispetto al 2021. Con circa 130.000 tonnellate, la William conferma una produzione circa doppia rispetto a quella dell’anno precedente, ma il -16% sul 2020 e oltre il 20% in meno sul 2018.
Tabella 1- Previsioni di produzione di pere in Europa per il 2022
L'analisi dei costi di produzione delle pere Abate
A tal proposito sempre OI Pera ha commissionato una ricerca all’Università di Bologna proprio con lo scopo di attualizzare i costi di produzione alla luce dei rincari delle materie prime.
«Il costo di produzione a ettaro oggi supera largamente la fatidica soglia dei 20.000 euro per l’Abate nelle due importanti province di Ferrara e Modena. In particolare - spiega Alessandro Palmieri, dell'Università di Bologna, autore dell'indagine eseguita - rispetto alla campagna 2016-2017 utilizzata come confronto, parliamo di un aumento medio del 15-20% (17% Modena, 12% Ferrara, 15% Ravenna).
La crescita del costo di produzione complessivo è in larga maggioranza una diretta conseguenza dell’aumento di quello delle materie prime, in termini di costi energetici (energia elettrica e gasolio) con una variazione che arriva a toccare +80% e in termini di prodotti per la difesa e per la fertilizzazione dove i rincari medi si aggirano sul +35-40%.
Normalmente, le rese medie per ettaro oscillavano, a seconda della zona di produzione, tra le 22 e le 32 tonnellate all'ettaro. Il secondo valore è ormai fantasia e anche sul primo bisogna mettere qualche paletto: 22 t/ha rappresentano, quando va bene, la resa complessiva che però è composta da diversi calibri. Purtroppo, un problema annoso della produzione emiliano-romagnola è rappresentato dall'ampia presenza di calibri medio-piccoli o addirittura di seconda categoria o scarto che vengono valorizzati meno rispetto alla I categoria. Un problema già segnalato dagli operatori della filiera per quest'annata.
tutto questo si traduce in un costo che, nella maggior parte dei casi, va da 0,75 a 0,85 €/Kg. Al momento è prematuro fare delle stime sulla PLV, tutto dipenderà dai prezzi alla produzione che si riusciranno a strappare. Tuttavia, si può ben immaginare che sia necessario arrivare almeno a 1 €/kg per riuscire a coprire i costi, specialmente in caso di rese più basse (dal 2015 i prezzi per il prodotto di prima categoria hanno oscillato da 0,7 a 1,1 €/kg - A. Palmieri, C. Pirazzoli, rivista di Frutticoltura 9/2019).
«Nel caso dell’Abate Fetel il costo per unità di prodotto può raggiungere i 90 centesimi/kg per tutti i chilogrammi (I qualità+ II qualità + scarto) – conclude Gianni Amidei -. La riflessione conseguente è purtroppo molto semplice: gli elevati costi di produzione a ettaro, associati a una resa non elevata, a una percentuale di prodotto commercializzabile inferiore alla media generale e a una eccezionale presenza di calibri piccoli porta alla conclusione che sarà difficile garantire ancora una volta il reddito al produttore».
Uno sguardo agli ultimi dati
L'analisi sui costi di produzione di Abate Fetel realizzata da Alessandro Palmieri e Carlo Pirazzoli nel 2019 riportava un costo all'ettaro di 18.000 euro, che si traduceva in 0,6 e più 0,7 €/kg in funzione di una rea media tra le 25 e le 32 t/ha. Già in questa occasione, a seguito della prima di una serie di annate particolarmente sfavaorevoli, veniva sottolineata la necessità "di agire, dal punto di vista agronomico, su quantità e qualità prodotte: solo con la riduzione dall’attuale 56% al 50% della quota di frutti sotto il calibro 70 e di seconda categoria/scarto si potrebbero recuperare da 5 a 8 centesimi di €/kg e con una resa di 32 t/ha si può pensare, in annate caratterizzate da prezzi nella media, di arrivare ad una PLV obiettivo di 20.000 €/ha, che coprirebbe completamente i costi sostenuti".
Lo stesso valore oggi rappresenta il costo di produzione.