In uno scenario europeo gravato da una pesante contrazione produttiva che non ha risparmiato le aree vocate del Trentino Alto Adige e della vicina Valtellina, c’è richiesta per le mele piemontesi. In sostanza, sul mercato europeo ci sono circa 2 milioni di tonnellate in meno, una quota di prodotto mancante che ha portato a un incremento delle quotazioni e della richiesta.
I prezzi sono in rialzo e la richiesta è incisiva sia per il prodotto fresco che per quello avviato all’industria per la trasformazione (c’è particolare richiesta dalla Francia).Bene per le mele piemontesi, dunque, che hanno mantenuto i numeri di produzione, nonostante le gelate di febbraio 2012, quando il termometro scese a quote siberiane.
I frutticoltori tirano un sospiro di sollievo, anche a fronte delle criticità sui due segmenti principali: la produzione dei kiwi ha registrato scarsi numeri e il mercato di pesche e nettarine continua a non soddisfare gli agricoltori.
Va ricordato che il comparto frutticolo piemontese (con prevalenza, appunto, di pesche, nettarine, kiwi e quote significative di mele, pere e albicocche) occupa circa 25mila ettari, compresi i noccioleti, con una quota che supera l’8% della Plv agricola regionale.
Di certo è difficile fare previsioni per il futuro, dato anche il peso di fattori esterni: intanto, però, si guarda a un mercato che ha già esaurito o quasi le richieste di varietà Gala (destinate soprattutto nelle Americhe e in Africa), mentre per le varietà tardive si fa vivace il mercato europeo, con prezzi superiori alla scorsa annata.