Nocciolo, mitigare i danni della grandine con la potatura

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Testimoni e piante di nocciolo sottoposte a taglio a ceppaia
La fondazione Agrion ha valutato un protocollo di recupero di piante gravemente defogliate in un corileto piemontese. Il taglio a ceppaia, l’opzione più impattante nell’immediato, si è rivelata la più promettente fra le soluzioni. Ma resta da valutare attentamente

Elaborare un protocollo per il recupero produttivo di piante di nocciolo gravemente colpite dalla grandine mediante interventi di potatura. Si tratta dello studio avviato della fondazione Agrion nell’estate del 2023 a Cortemilia (Cuneo), capitale della Tonda Gentile nelle Langhe cuneesi. Ecco di cosa si tratta e i primi risultati ottenuti.

Reagire ai danni della grandine sul nocciolo

«Le prove in campo sono iniziate all’indomani della grandinata che, il 6 luglio 2023, ha devastato un’ampia porzione di corileti fra i comuni piemontesi di Cortemilia, Cravanzana, Torre Bormida, Feisoglio e Niella Belbo. Un evento fortunatamente isolato per intensità: i chicchi avevano diametri compresi fra i 5 e i 7 centimetri». Lorenzo Brigante, tecnico Agrion della sede distaccata di Cascina Nasio, a Cravanzana, nel Cuneese, ha condotto, assieme ai colleghi, le prove in campo. «Volevamo valutare le possibilità di gestione dei danni e le capacità di ripresa delle piante. Molte aziende non sapevano come muoversi e si sono rivolte a noi, visto che non avevano mai affrontato una situazione simile».

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Piante di nocciolo con danni alla corteccia e gravemente defogliate a causa della grandine

La sperimentazione, ospitata in un corileto di media collina nel comune di Cortemilia – fra gli epicentri della grandinata che investì 70 chilometri quadrati di territorio piemontese fra Torinese, Cuneese e Astigiano – ha interessato un numero limitato di esemplari: 40 piante in tutto su una superficie di 6 ettari. «L’ampiezza del campione è stata determinata dal fattore tempo: durante i primi rilievi, il 7 luglio, ci siamo trovati di fronte a piante completamente defogliate. Il legno presentava ferite estese e profonde, che avevano compromesso anche le diramazioni secondarie». Uno scenario che, unito «alle previsioni di temperature di 32-33 gradi per la settimana successiva, in una fase vegetativa critica per il nocciolo» imponeva misure urgenti per scongiurare danni irreversibili, riducendo il tempo per ulteriori valutazioni.

Taglio a ceppaia: tecnica promettente

«Abbiamo messo in campo le soluzioni applicate, di norma, nella potatura di rinnovamento in corileti di 50-60, ormai a fine ciclo produttivo. In questo caso, tuttavia, si trattava di noccioli piantumati da otto anni, in un terreno con un’ottima dotazione organica per via della letamazione pre-impianto e di concimazioni ulteriori», prosegue Brigante.

Quattro le opzioni testate in altrettante tesi:

  • taglio a ceppaia;
  • cimatura delle pertiche a 60 centimetri dal suolo;
  • rimozione delle branche spezzate o con danni troppo estesi.

«Nel caso del testimone, invece, abbiamo evitato qualsiasi tipo di intervento, anche per visionare rotture in caso di nevicate. I tagli praticati sono stati sigillati con mastici cicatrizzanti; per la disinfezione delle ferite del legno si sono utilizzati prodotti rameici». Nella parte restante dell’appezzamento le operazioni, svolte dall’azienda agricola, si sono limitate all’eliminazione delle pertiche rotte, con trattamenti di rame e di zolfo nei primi due mesi. «Ai monitoraggi dei campioni, svolti con cadenza mensile, si sono affiancate, nel 2024, alcune spollonature basali per evitare che le piante disperdessero energie su nuovi virgulti. L’analisi e comparazione dei dati relativi al tasso di crescita dei polloni nelle tesi ci ha permesso di ottenere indicazioni utili» aggiunge il tecnico di Agrion.

Il taglio a ceppaia, l’opzione più impattante nell’immediato, si è rivelata la più promettente fra le soluzioni. «Le piante hanno avuto un ricaccio più vigoroso, non sono emersi problemi fitosanitari e, a un anno di distanza, i nuovi polloni hanno superato i due metri d’altezza. Siamo intervenuti con una leggera cimatura per favorire la lignificazione dei fusti; dal terzo anno sarà possibile avere le prime infiorescenze femminili». Deludenti i riscontri emersi dal campione capitozzato: «Il ricaccio appare stentato, alcune delle branche tagliate, inoltre, hanno avuto problemi da infezioni fungine, Armillaria mellea in particolare, nonostante l’uso di mastici e prodotti a base di rame. Un anno dopo le piante sono grandi la metà di quelle tagliate a ceppaia. A nostro avviso questa situazione è frutto del duplice stress sperimentato dalla pianta: dapprima le ferite della grandine, quindi i tagli praticati». Diversa la situazione per la tesi gestita con interventi blandi di potatura, e per il testimone. «I due campioni presentano una più estesa ramificazione e una buona differenziazione a frutto, ma le pertiche rimaste sono prive di struttura e inadatte a sopportare pesi: è sufficiente una piccola pressione per determinarne la rottura. In queste condizioni anche le raffiche di vento potrebbero spezzarle».

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Tasso di crescita (in centimetri) di ricacci (polloni/germogli) in piante tagliate a 50-60 cm e capitozzate

Da valutare l’insorgenza di problematiche fitosanitarie

La sperimentazione proseguirà nel prossimo biennio, per monitorare l’insorgere di eventuali problematiche fitosanitarie correlate agli attacchi fungini o alle ferite e valutare gli effetti sulla dotazione di amenti e fiori femminili.

«Continueremo fino al raggiungimento della piena produzione, così da poter fornire alle aziende agricole un quadro completo, qualora dovessero operare in condizioni analoghe». Per questa ragione si sta valutando la possibilità di includere nel protocollo nuovi campioni dello stesso appezzamento: «I primi tagli sono stati eseguiti su piante stressate per la grandinata, a distanza di due anni la risposta potrebbe essere diversa, considerando che le lesioni sono state cicatrizzate. Potremo anche ricavare informazioni utili in merito alla movimentazione della linfa».

I ricercatori stanno considerando anche alcune variabili, a partire dall’impiego di concimi fogliari e biostimolanti su alcune tesi, per verificare l’impatto sul tasso di accrescimento. Altre dovranno essere tenute in considerazione: è il caso dell’anzianità degli impianti. «Le prove si sono svolte su piante giovani in un terreno fertile, la situazione potrebbe essere diversa nel caso di corileti datati o poveri di sostanza organica. Oltre alla risposta delle piante si dovrà considerare anche l’effetto di patologie come la citospora, assente nei noccioleti più recenti, e di altre fitopatie».

Lo studio potrà fornire indicazioni utili anche all’attuazione in campo degli interventi, in un’ottica di sostenibilità economica per le aziende.

«Ricorrere al taglio a ceppaia su superfici estese è impensabile, per il danno da mancata produzione che ne deriverebbe. Viceversa evitare di intervenire è sconsigliabile, perché i cedimenti di pertiche in seguito a nevicate e vento causerebbero ulteriori ferite a piante già indebolite». L’approccio più indicato, improntato alla gradualità, potrà basarsi sull’analisi dei dati di accrescimento raccolti. «Sarà possibile pianificare interventi di rinnovamento scaglionati, mitigando l’impatto del mancato raccolto», conclude Brigante. Una strada intrapresa dall’azienda agricola che ha ospitato le prove in campo: nell’autunno del 2024 un centinaio di piante dell’appezzamento sperimentale è stato ceppato per allevare nuovi polloni.

Nocciolo, mitigare i danni della grandine con la potatura - Ultima modifica: 2025-03-07T16:26:16+01:00 da Sara Vitali

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