Actinidia, cosa serve per la coltivazione al Sud

actinidia sud
La scelta di nuovi potenziali areali di coltivazione passa attraverso un’attenta valutazione di tutte le variabili pedologiche e climatiche, soprattutto in relazione ai mutamenti climatici in atto e alle crescenti problematiche fisio-patologiche che affliggono la coltura

Negli ultimi anni, in Italia, la coltivazione dell’actinidia sta subendo cambiamenti radicali sia in termini di areali di coltivazione, sia in termini di varietà coltivate. La batteriosi prima e il deperimento delle piante, noto come “moria”, a partire dal 2012, stanno mettendo in forte crisi molte aree storiche di coltivazione della specie quali Veneto, Piemonte, parte dell’Emilia-Romagna e Lazio. In tale contesto, il Sud d’Italia potrebbe riempire il vuoto produttivo che si sta creando. Ma l’individuazione, nel Meridione, di nuovi potenziali areali di coltivazione dell’actinidia deve essere necessariamente preceduta da un’attenta valutazione della vocazionalità, al fine di assicurare risultati produttivi quantitativamente e qualitativamente elevati. Tale preliminare valutazione di vocazionalità, che consideri anche le diverse opzioni varietali, è ancora più importante in considerazione degli elevati investimenti (circa 40.000 euro/ha) di impianto che la coltura richiede.

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Nel Meridione è importante che tutti i frutti siano coperti dalle foglie, in quanto la traspirazione del frutto è molto bassa e non in grado di indurre un effetto climatizzante per poter ridurre la temperatura dei frutti non ombreggiati. La mancata climatizzazione determina la variazione di colore dell’epidermide fino ad arrivare a fenomeni di scottatura.

Le variabili pedologiche e climatiche da analizzare

  • Soddisfacimento del fabbisogno in freddo);
  • Temperatura e domanda evapotraspirativa;
  • Disponibilità idrica e piovosità;
  • Caratteristiche pedologiche...

L'articolo completo è pubblicato sulla rivista di Frutticoltura n. 7/2021

Portinnesti e varietà di actinidia

Ci troviamo di fronte ad una situazione unica nell’ambito delle colture arboree. Fino a circa 15 anni fa la totalità della produzione era rappresentata da un'unica varietà a polpa verde (Hayward), che veniva moltiplicata da talea autoradicata o da micropropagazione. Al contrario di quanto avviene per molte altre specie frutticole, l’assenza in kiwicoltura di portinnesti validi per superare stress biotici e abiotici e per controllare altre caratteristiche vegeto-produttive non facilita il superamento delle difficoltà legate alla coltivazione nei terreni destrutturati, con scarso drenaggio, che aumentano la vulnerabilità alla “moria”. Il portinnesto D1, selezionato da Vitroplant, ha trovato una certa diffusione, in particolare nei terreni con calcare attivo fra 4 e 6%, mentre il Bounty 71 (semenzale di Actinidia macrosperma di origine neozelandese) sembra essere meno sensibile al ristagno idrico (mancano dati sperimentali) e meno vigoroso di Hayward e D1 (Foto 12).

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Giovani piante di actinidia innestate sul portinnesto Bounty nella zona di Latina

Negli ultimi 15-20 anni, con risultati lusinghieri, sono state investite importanti risorse finanziarie, in particolare del settore privato, per ampliare la gamma delle varietà di actinidia, in particolare a polpa gialla e rossa. Dall’altra parte ancora nessuna alternativa valida è stata proposta all’unica varietà a polpa verde. Importanti investimenti sono stati indirizzati per ottimizzare la fase di post-raccolta (tecnologie per la lavorazione e conservazione, per i processi di qualità e classificazione del prodotto, confezionamento e tracciabilità), mentre poca attenzione è stata rivolta alle tecniche sostenibili di gestione del frutteto per garantire quantità e qualità della produzione, riducendo gli impatti ambientali.

Tutte le nuove varietà che vengono proposte sul mercato vengono gestite e valorizzate con il modello club. Questi modelli sono molto chiusi, con un elevato fattore di riservatezza anche nelle strategie tecniche e di sviluppo, rendendo a volte difficile il confronto anche su tematiche generali che interessano tutto il comparto produttivo dell’actinidia.

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Per migliorare la sostanza organica e la struttura del suolo è necessario imparare a gestire correttamente la complessa convivenza sistema arboreo/sistema erbaceo, in particolare le competizioni per le risorse idriche e minerali

Prospettive per il kiwi al Sud

La domanda di actinidia a livello globale sta aumentando e le produzioni attuali non riescono a soddisfarne la richiesta. Per il prossimo futuro sicuramente aumenteranno i nuovi impianti di actinidia anche per sostituire quelli colpiti da diverse patologie e fisiopatie. Nella scelta dei nuovi areali di coltivazione e dei nuovi siti specifici, vista anche la pressione dettata dai cambiamenti climatici in atto, è opportuno prestare molta attenzione alla vocazionalità pedoclimatica dell’areale di produzione. Non meno importante, per assicurare stabilità e produttività al settore, sarà trasferire ai nuovi coltivatori le corrette conoscenze sulle caratteristiche e peculiarità della specie e, pertanto, le strategie ottimali di gestione.

Il Sud Italia rappresenta una grande opportunità per lo sviluppo della coltura, in particolare negli areali dove è garantita la disponibilità delle risorse idriche che rappresentano il principale fattore limitante per le varietà a basso fabbisogno in freddo.

Actinidia, cosa serve per la coltivazione al Sud - Ultima modifica: 2021-09-24T10:30:57+02:00 da Sara Vitali

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