L’evoluzione dei gusti del consumatore europeo e italiano ha portato, negli ultimi anni, a un considerevole incremento della richiesta di frutti tropicali, tanto che dal 2018 il mango fa parte del paniere Istat. «Nel sud Italia e in particolare in Sicilia – afferma Vittorio Farina, professore associato Università di Palermo – il paesaggio è ormai cambiato ed accanto agli agrumi si notano i frutti variegati e colorati di papaia, mango e avocado». Nello specifico la crescita percentuale in valore è dell’88,4% per papaia, 44,3% per mango e 41,1% per avocado per un fatturato totale in milioni di euro di 87,1 (+34%). Il cambiamento climatico che ci troviamo a fronteggiare ha reso possibile la coltivazione di queste specie arboree da frutto tropicali in aree sempre più estese del bacino del Mediterraneo, ma risulta di primaria importanza conoscere gli aspetti ecologici e le tecniche agronomiche da adottare per ottenere risultati soddisfacenti.
Prodotto a km zero
«Il mango siciliano, continua Farina, è oggetto di una forte richiesta da parte dei mercati italiani ed europei, infatti rispetto ai frutti provenienti dai paesi tropicali, il nostro prodotto può essere raccolto ad un grado di maturazione vicino a quello fisiologico, che si traduce in un frutto colorato, aromatico, più dolce e praticamente a km zero». Il mango proveniente dal Sud America deve, invece, affrontare un lungo viaggio via nave o aereo e per questo è raccolto ai primi stadi di maturazione con ripercussioni significative sulla qualità del prodotto e sull’ambiente. L’impronta carbonica del prodotto è considerevole e allontana una fetta sempre maggiore di consumatori. Ai fini dell’acquisto risulta importante conoscere il calendario di offerta siciliano che va dalla fine di agosto (con la varietà Glenn) alla fine di novembre (con la varietà Keitt). Il quadro delle varietà più diffuse è completato da Kensington Pride, Kent e Tommy Atkins (tra settembre e ottobre), a cui si aggiungono le nuove introduzioni tra cui spiccano Maya e Sensation.
Aspetti ecologici e tecniche agronomiche
In Sicilia, il mango assume delle dimensioni più contenute rispetto a quelle delle zone di origine, più simile agli agrumi. Non è difficile trovare impianti tra le colture tradizionali come l’olivo oppure sotto tunnel o, comunque, in ambiente protetto. Affinché la coltivazione vada a buon fine, gli accorgimenti riguardano soprattutto la protezione dalle basse temperature. Ogni anno alcuni impianti sono falcidiati dal freddo e, anche per questo motivo, la diffusione è a macchia di leopardo. La performance vegeto-produttiva e la qualità dei frutti perciò sono fortemente dipendenti dalla temperatura. Al di sotto di 4-5 °C la pianta stenta a crescere e a 0°C si registrano danni ai germogli e la morte delle giovani piante.
«Primo sistema di protezione – spiega Farina – è il frangivento da considerare nell’acquisto delle piante e nella predisposizione dell’impianto». Alcuni agricoltori utilizzano anche accorgimenti supplementari come reti o plastiche simili a tendoni pure in ambiente protetto. Sono in corso delle prove per comprendere l’influenza del telo soprattutto dal punto di vista dell’aerazione, anche nel caso del tessuto non tessuto usato per le singole piante. In quest’ultimo caso, la protezione è garantita fino a 4-5 °C, al di sotto dei 2 °C gela il sacchetto e le foglie che ne vengono a contatto. Nelle aree a media-alta vocazione, questo sistema ha fatto registrare buoni risultati per il 60 % dei casi.
La letteratura indica l’optimum per lo sviluppo vegetativo tra 24,5-26,5 °C e per la fioritura tra 30-33 °C. Temperature al di sopra di 40 °C, che spesso si registrano in ambiente protetto, invece, possono portare a scottature (sunburn) fino a rendere invendibile i frutti così come eventi sciroccali, bruciando i fiori, spesso determinano un danno irreversibile.
Per meglio comprendere l’ambientamento delle piante, negli ultimi anni, si utilizza sempre più frequentemente la scala BBCH che divide la fenologia in sottostadi, così da mettere in relazione il singolo stadio con le temperature e le precipitazioni e confrontare le diverse varietà.
L’ambiente di coltivazione (coltura protetta o pieno campo) influenza anche l’evoluzione della maturazione. Nello specifico, dagli studi è emerso che in serra si ha un anticipo della fioritura, ma un ritardo della maturazione (100 giorni pieno campo vs 140 giorni serra) a causa delle temperature che bloccano periodicamente l’accrescimento del frutto, ritardandolo. Queste conoscenze permettono di calibrare in maniera puntuale le risorse ed evitare sprechi. Lo studio dell’adattabilità delle diverse varietà ai nostri ambienti e ai sistemi di coltivazione è, quindi, di primaria importanza. Per es. la Glenn è precoce e per evitare che intercetti il freddo, si effettua il taglio della prima fioritura. Sono in corso studi per la Nam Doc Mai (molto apprezzata perché non contiene trementina né fibra) che va in fioritura ad ottobre e intercetterebbe, quindi, un periodo di freddo.
L’impianto di mango
È possibile effettuare un impianto monovarietale, anche se avere più cultivar permette di ampliare il calendario di offerta. «La tecnica del diradamento dei frutti, spiega Farina, si effettua solo se sono molto piccoli, malati o se c’è un sovraccarico e, in ogni caso, nei primi 2-3 anni di vita in cui si forma lo scheletro». Il primo palco di branche a 70-80 cm rappresenta la condizione migliore per ottenere una pianta ben strutturata. Per questo bisogna applicare anche una potatura con un sistema gerarchico a 4-5 branche ciclicamente per i primi 3 anni che permetterà di formare una piramide. Da evitare un accrescimento a cespuglio che, invece, porterebbe i rami carichi troppo in basso fino a toccare terra.
Per l’impianto è bene utilizzare solo piante innestate. Nonostante si conoscano diversi portinnesti, si impiega principalmente Gomera-3’ che è il più diffuso in commercio, seguito da Gomera-1. Molti vivaisti propongono il Kensington Pride che viene usato anche come nesto, ciò comporta l’impiego di una pianta proveniente da seme con effetti disastrosi ai fini produttivi. Sono in corso diverse prove di adattamento sul gruppo dei Criollo.
Per ciò che attiene il sesto di impianto, quelli più diffusi sono 4x3, 3x2; la scelta è strettamente dipendente dalla vigoria della pianta e dalla forma di allevamento (nel caso della spalliera in serra si può restringere un po’). Cultivar con scarso vigore sono Irwin e Keitt; cultivar con medio vigore sono Kent, Lippens, Osteen, Palmer, Tommy Atkins; cultivar con elevato vigore sono Kensington Pride, Maya, Valencia Pride, Zill.
Molto diffuso è il 5x4 e nella scelta si dovrebbe anche considerare che più ampio è il sesto migliore sarà la colorazione dei frutti che per il 90% si collocano nella parte esterna della chioma. Nelle zone di origine il sesto dinamico si applica con successo, nei nostri ambienti non si hanno ancora dati certi e bisogna evitare di prolungarlo più del dovuto.
Qualità e valorizzazione degli scarti
Per i frutti maturi sulla pianta, il contenuto in solidi solubili totali raggiunge anche 20°brix, perciò è possibile pensare ad una raccolta più avanzata che permetta di raggiungere tutta l’Europa in massimo 48 ore.
Per quanto riguarda la valorizzazione degli scarti rappresentati da frutti macchiati, rovinati o sottopezzatura nell’ambito del Psr Sicilia sottomisura 16.1 con il progetto Tin Fruit, sono effettuate delle prove per implementare le tecniche colturali e perfezionare la gestione postraccolta dei frutti tropicali (avocado, litchi, mango, nespolo del Giappone, papaia) trasferendo l’innovazione alle aziende del Gruppo Operativo ‘Tropicali di Sicilia’ costituito da enti di ricerca, università, imprese, aziende agricole.
Il mercato è pronto per nuovi prodotti che soddisfino le richieste dei consumatori rivolte sempre più a prodotti salutistici dai sapori esotici. L’ottenimento di bevande a base di frutta con le caratteristiche qualitative del prodotto fresco parte dall’individuazione del momento di raccolta ottimale, dalla gestione post-raccolta e dalle tecniche di trasformazione che permettano di mantenere invariate le proprietà dietetiche e nutraceutiche del frutto. In particolare, sono state applicate tecniche di sferificazione (permette di trasformare i liquidi in sfere consentendo di concentrare i sapori all’interno di piccoli globuli che si aprono in bocca), la crioconservazione (si creano perle di frutta, drop, che possono essere sciolte in acqua o alcool facendo entrare in contatto il succo appena estratto con l’azoto liquido), la liofilizzazione (un mix tra congelamento ed essiccazione da cui si ottiene una polvere da sciogliere in acqua). I prodotti ottenuti da questi processi occupano poco spazio, sono a lunga conservazione e mantengono intatte le loro proprietà nutritive e organolettiche. Altre prove di disidratazione hanno permesso di acquisire conoscenze sull’uso degli scarti ai fini di inserirli in snack a base di frutta essiccata e semi oleosi.
Papaia
La papaia è una pianta erbacea con fusto cavo non ramificato che non accumula sostanze di riserva, ma che presenta un accrescimento molto veloce. Mostra una spiccatissima sensibilità al freddo anche in serra dove la parte apicale può spezzarsi e subire danni già con temperature inferiori a 14 °C. Non accumulando sostanze, qualsiasi danno subito alle foglie si traduce nella perdita delle piante stesse. L’optimum vegetazionale è 25 °C, temperature <20°C determinano rallentamenti della crescita, frutti deformi (carpelloidi) mentre con valori >33 °C si verifica l’arresto della fotosintesi.
La produzione è continuativa durante tutto l’anno. Alte temperature e stress idrico portano alla sterilità dei fiori femminili; basse temperature, alta umidità del suolo e elevati livelli di azoto determinano una graduale trasformazione degli stami in carpelli. Questi ultimi andrebbero diradati e, invece, di frequente, sono venduti ugualmente a livello locale. Per contro, il mercato europeo non accetta né carpelloidi né frutti con un contenuto di solidi solubili totali inferiore a 12 °brix. Il ciclo è velocissimo, bastano 12-15 mesi per avere il primo raccolto con una longevità in serra di circa 3 anni. La raccolta avviene quando circa il 30% della superficie del frutto è gialla; la maturazione sulla pianta migliora il profilo aromatico e dal grado di maturazione dipende il contenuto in polifenoli e l’attività antiossidante totale.