Le forficule (Forficula auricularia), o più comunemente forbicine, costituiscono una delle problematiche di maggior rilievo nella produzione di albicocche e nettarine dell’areale piemontese. Mentre sino a qualche anno fa le segnalazioni di danno erano sporadiche e limitate ad alcune cultivar di albicocco, che risultavano particolarmente appetite, oggi le infestazioni da parte di questi dermatteri interessano pressoché la totalità degli albicoccheti e oltre il 70% degli impianti di nettarine nel comprensorio frutticolo cuneese, come emerso dall’indagine sulle avversità svolta con la collaborazione dei tecnici frutticoli del coordinamento tecnico del Creso. Nel 2012 su albicocco è stato registrato un danno superiore al 10% nel 66% degli impianti; su pesco, oltre il 42% degli impianti presentava un danno compreso tra 5 e 10% e l’8% degli impianti ha subito un danno superiore al 10% (figura 2). Sebbene in alcuni agroecosistemi siano considerati insetti utili, in quanto eccellenti predatori di afidi (soprattutto afide verde e afide lanigero del melo), psille, cocciniglie, nonché di uova, larve e crisalidi di piccoli lepidotteri (Cydia pomonella, Cydia molesta, ecc.), su albicocco e nettarine esercitano una forte attività carpofaga quando i frutti sono ormai prossimi alla raccolta. I danni consistono in erosioni sub-circolari che interessano l’epicarpo e gli strati più superficiali del mesocarpo (figura 3). Inoltre, i frutti sono da considerarsi incommerciabili anche quando il danno da forficula è molto lieve e appena visibile a occhio nudo, in quanto le erosioni presenti li rendono molto suscettibili all’attacco di patologie fungine, e quindi inadatti alla conservazione. La difesa dalle forficule è piuttosto complessa, in quanto le linee guida nazionali non prevedono interventi insetticidi, che dovrebbero peraltro essere eseguiti in pre-raccolta, rendendo il prodotto non adatto per il mercato a causa della presenza di residui, e i limitatori naturali fino ad ora identificati non sono in grado di mantenere la popolazione a livelli accettabili in presenza di forti infestazioni. Per questo motivo, dal 2010 il Creso porta avanti delle attività di sperimentazione in collaborazione con il Disafa dell’Università di Torino, al fine di approfondire le conoscenze sulla biologia della specie e individuare strategie di difesa efficaci per il controllo delle infestazioni.
Come attuare la difesa
Le colle entomologiche si sono dimostrate un mezzo efficace per limitare la risalita delle forficule sulla chioma se l’applicazione della colla sul tronco viene effettuata prima che i dermatteri inizino a salire sulla chioma, quindi non oltre la metà di maggio. Dai monitoraggi svolti in numerosi albicoccheti del Cuneese è emerso infatti che gli stadi giovanili iniziano a salire sulla chioma verso la metà di maggio; gli adulti compaio a giugno e, in ogni caso, le catture nelle fasce trappola persistono fino ad autunno inoltrato. Per un’efficacia ottimale, è fondamentale applicare la colla anche su pali, tiranti, e tutto ciò che possa consentire alle forficule di raggiungere la chioma. Su cultivar di albicocco a maturazione tardiva, in particolare sulla recente Farbaly, e nettarine può essere necessario ripetere l’applicazione una seconda volta. Fra le colle entomologiche a confronto, la colla in pasta Rampastop® (Protecta s.r.l.) è risultata la più efficace nel contenere le infestazioni in caso di impianti vecchi con piante con tronchi molto screpolati, grazie alla sua migliore aderenza al tronco. Sebbene utilizzino molto raramente il volo per spostarsi, va ricordato che le forficule possiedono ali completamente sviluppate che permettono loro di effettuare brevi spostamenti, quali ad esempio planare da una pianta all’altra. In caso di infestazioni elevate, è quindi importante proteggere anche i filari adiacenti ed eventualmente integrare l’applicazione della colla con altre strategie.
Insetti ad azione notturna
Le forficule sono insetti lucifughi e ad attività prevalentemente notturna. Durante le ore di luce si rifugiano in ricoveri ombreggiati e umidi, quali vegetazione, screpolature della corteccia, ecc., spesso manifestando comportamenti gregari; l’utilizzo di trappole per catture massali risulta quindi una strategia di controllo efficace. Le catture massali possono essere effettuate posizionando sulle branche basali, intorno al tronco o sul terreno, trappole costituite da fasce di cartone, giornali arrotolati, o qualunque altro materiale possa fungere da ricovero per le forficule (figura 4), e procedendo frequentemente a rimuoverle e a distruggere gli individui presenti oppure, nel caso si voglia sfruttare la loro attività di utili predatori, trasferirli in meleto. Questa può rappresentare un’applicazione particolarmente interessante in Piemonte, dove gli impianti di albicocco sono prevalentemente di modeste dimensioni e la maggior parte delle aziende coltiva entrambe le specie. Su nettarine, i cui impianti sono di dimensioni maggiori e caratterizzati da sesti d’impianto più ridotti rispetto all’albicocco, l’impiego di trappole per catture massali deve essere valutata con attenzione, in quanto può risultare una pratica molto onerosa. Un’ulteriore alternativa è rappresentata dalla distruzione dei nidi mediante la lavorazione del terreno tardo–autunnale o primaverile. Le forficule compiono infatti una sola generazione all’anno; in autunno la femmina scava un nido nel terreno nel quale depone 50-60 uova, le neanidi nascono a fine inverno-inizio primavera e presentano una fase gregaria nel nido, ove vengono nutrite dalla madre, prima di disperdersi nell’ambiente. La lavorazione del terreno, tuttavia, è risultata efficace solo quando ha interessato l’intera superficie del frutteto, condizione difficilmente attuabile nella maggior parte dei frutteti odierni, dove l’interfilare è inerbito. Infine, merita segnalare che le esche alimentari insetticide a base di chlorpyrifos-etile, presenti nelle linee guida nazionali e inserite nel disciplinare regionale per la lotta contro le nottue, sembrano avere un’efficacia collaterale anche su forficule, sebbene questo aspetto, così come quello relativo alla selettività, debba essere ulteriormente verificato.
Laura Asteggiano, Graziano Vittone
Creso, Consorzio di Ricerca e Sperimentazione per l’Ortofrutticoltura piemontese, Cuneo
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