Per realizzare un’effettiva irrigazione di precisione del kiwi, obiettivo complesso e impegnativo, bisogna partire dalla progettazione di un buon impianto irriguo. Occorre iniziare dal contesto in cui la si vuole applicare, cioè dal progetto del frutteto, e dal divario esistente e da superare fra la definizione del fabbisogno idrico della coltura per applicare un’irrigazione sufficiente a soddisfare le esigenze della pianta e una strategia irrigua in cui si dosa l’acqua giusta al momento giusto per migliorare ulteriormente l’efficienza dell’irrigazione. È l’indicazione operativa con cui Bartolomeo Dichio, docente dell’Università della Basilicata, ha introdotto il convegno “Tecnologie per l’irrigazione di precisione: limiti e opportunità” organizzato a Cisterna di Latina (Lt) dal Gruppo di lavoro “Strategie per l’ottimizzazione dell’irrigazione” della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (Soi), coordinato da Dichio e Brunella Morandi, docente dell’Università di Bologna. Convegno che è stato altresì l’occasione per presentare i risultati di tre progetti di ricerca finalizzati a razionalizzare l’impiego dell’acqua nella coltivazione del kiwi: Wappfruit, Kiwisost e Innova.Kiwi.
Partire da un buon impianto irriguo
«Irrigare bene significa progettare bene – afferma Dichio -. Spesso si parte nella gestione dell’irrigazione con un impianto già esistente, mentre sarebbe più opportuno e semplice progettare l’impianto irriguo insieme con il frutteto. E per progettare bene occorre in primo luogo studiare la variabilità del suolo per definire settori irrigui uniformi dell’azienda, poi valutare la disponibilità di acqua in vasca o pozzo, la portata, la pressione, le caratteristiche idrologiche del suolo, cioè se è sabbioso, di medio impasto o argilloso, e le caratteristiche della specie coltivata per scegliere il sistema irriguo più adatto, infine considerare le dimensioni aziendali, le competenze/conoscenze disponibili e le possibilità tecnologiche al fine di scegliere gli automatismi e le tecnologie a supporto della decisione irrigua più adeguati alla specifica azienda per la gestione irrigua e il monitoraggio della relazione ambiente-suolo-pianta».
Tenendo conto di queste premesse ogni frutticoltore può scegliere l’impianto irriguo più adatto per la propria azienda. «Portare tecnologie innovative nel frutteto è importante perché aiutano l’agricoltore a gestire bene l’irrigazione. L’acqua va misurata, perché se non si sa con esattezza quanta ne viene data al terreno, non si può fare un aggiustamento. Ma il rapporto con l’azienda che produce automatismi e tecnologie per il monitoraggio, come le centraline per il controllo di un settore irriguo e i sensori, deve essere mediato da un tecnico che conosce il sito produttivo».
Carenze o eccessi comunque dannosi
La gestione dell’irrigazione di precisione, ha consigliato Dichio, deve essere particolarmente attenta nella coltivazione del kiwi, la cui pianta è poco resiliente, non si adatta alle condizioni avverse, anzi è molto sensibile sia all’eccesso idrico sia alla carenza idrica.
«Se le condizioni idriche e pedologiche del suolo sono ottimali, l’apparato radicale della pianta del kiwi è molto denso, con alta capacità di produzione e ricambio del capillizio radicale, ed esplora una superficie molto ampia. La pianta preferisce utilizzare le radici intorno al tronco e nella zona superficiale per assorbire la quasi totalità dell’acqua di cui ha bisogno e ricorre alle altre radici quando va in sofferenza.
Se, però, il kiwi viene coltivato in suoli destrutturati e in presenza di strati impermeabili, la pianta diventa suscettibile ad asfissia in condizioni di eccesso idrico, cioè di ristagni idrici causati da piogge abbondanti o da irrigazione non corretta. È più sensibile alla presenza di acqua in eccesso, che riempie i macropori e porta via l’ossigeno, durante la stagione vegetativa, quando le radici hanno bisogno proprio di ossigeno per produrre energia biochimica per crescere e assorbire acqua e nutrienti. Se le condizioni di asfissia permangono per un lungo periodo, l’apparato radicale collassa, imbrunisce, perde la funzione naturale di assorbire acqua e sali minerali. Il suo deterioramento danneggia la funzionalità dell’apparato xilematico, deputato alla conduzione della linfa grezza dalle radici alle foglie, e porta prima a un irreversibile avvizzimento della chioma e dopo alla morte della pianta.
In condizioni di deficit idrico, per carenza idrica e per elevata domanda evaporativa dell’ambiente, la pianta del kiwi manifesta sintomi simili a quelli da eccesso idrico, che l’occhio inesperto facilmente confonde».
Dal fabbisogno idrico all'impianto irriguo
La pianta del kiwi richiede perciò irrigazioni brevi e frequenti, ha suggerito Dichio. Il fabbisogno idrico è particolarmente elevato fra luglio e agosto, durante la fase di accrescimento dei frutti, quando, soprattutto negli ambienti meridionali, le temperature sono alte e la probabilità di pioggia è bassa. L’irrigazione di precisione deve inoltre tenere conto degli effetti dei cambiamenti climatici, spesso caratterizzati o da lunghi periodi siccitosi o da piogge irregolari, improvvise e abbondanti.
«Per la corretta irrigazione del kiwi occorre quindi conoscere di quanta acqua necessita (volume irriguo stagionale/volume irriguo giornaliero), quando applicarla (turni irrigui) e dove applicarla (volume di suolo esplorato dalle radici e bagnato dall’irrigazione).
Il fabbisogno idrico giornaliero, cioè l’evapotraspirazione colturale (ETc), si può determinare sulla base di una semplice relazione: ETc = ET0 x Kc, dove ET0 è l’evapotraspirazione di riferimento e Kc è il coefficiente colturale che varia da 0,5 a 1 durante la stagione irrigua in relazione allo sviluppo dell’area fogliare.
Il calcolo del volume irriguo da erogare (Vi, m³/ha) si ottiene attraverso un bilancio idrologico semplificato: Vi = (Etc – Pu)/Eff *10, che considera le piogge utili (Pu, mm) e l’efficienza del metodo irriguo con il coefficiente *10 per passare da mm/ha a m³/ha.
Tuttavia questo calcolo non è sufficiente per realizzare una corretta irrigazione di precisione, in quando durante la stagione irrigua piccoli inevitabili errori di misura dei diversi parametri si potrebbero cumulare portando a situazioni di carenza o eccesso idrico nel suolo. A tale fine è fondamentale integrare il monitoraggio, con sensori (suolo-pianta) dello stato idrico della pianta e del suolo, per aggiustare, attraverso le informazioni fornite dalle sonde, il volume di acqua che si somministra».
Per irrigare bene il kiwi, ha infine sottolineato Dichio, occorre compiere azioni semplici e urgenti. «In primo luogo misurare l’acqua irrigua con un contalitri, conoscere la portata degli impianti, automatizzare gli impianti, conoscere le caratteristiche idrologiche del sito produttivo, utilizzare un bilancio idrico semplice e monitorare l’umidità del suolo e lo stato idrico della pianta. Per il kiwi è importante l’irrigazione di precisione per non causare problemi alla pianta che poi si ripercuotono sulla sua salute e quindi sulla resa produttiva».
Favorire il trasferimento di conoscenze
Ma una volta che tecnologie e innovazioni irrigue siano chiare e disponibili, che cosa è importante attuare per favorirne il trasferimento e l'applicazione a livello aziendale? A questa domanda hanno risposto i tecnici rappresentanti tecnici delle Op (Agrintesa, Apofruit, Spreafico, A.F.E) e di Zespri e Jingold che hanno partecipato alla tavola rotonda conclusiva del convegno. Tutti hanno concordato che è importante da un lato progettare oculatamente l'impianto irriguo nella fase di impianto del frutteto, prendendo in considerazione le caratteristiche del sito e della specie e includendo nei sistemi irrigui gli automatismi e i sistemi di monitoraggio dello stato idrico del suolo e della pianta, e dall’altro formare i tecnici sui principi di base dell'irrigazione e sull’uso delle tecnologie sensoristiche a supporto per realizzare un'irrigazione autenticamente di precisione.
Wappfruit, tecnologie intelligenti applicate alla gestione dell’acqua
Quantificare il fabbisogno irriguo ottimizzato in meleti e actinidieti utilizzando sensori di potenziale matriciale nel suolo a varie profondità, identificare le soglia di potenziale matriciale al di sotto delle quali la coltura potrebbe andare in stress idrico, creare un algoritmo basato sui controlli precedenti che gestisca l’irrigazione. Su queste finalità ha lavorato il progetto “Wappfruit - Tecnologie intelligenti applicate alla gestione dell’acqua in frutticoltura”, finanziato dal Psr Piemonte 2014-2022, i cui risultati sono stati illustrati da Davide Canone, docente dell’Università di Torino.
«Obiettivo principale di Wappfruit è stato l'innovazione delle aziende agricole mediante tecnologie all'avanguardia che consentano la corretta definizione del fabbisogno idrico e la completa automazione del sistema di microirrigazione. Attraverso sensori, che misurano e trasmettono, in maniera wireless e a basso consumo, il potenziale matriciale del suolo (cioè la disponibilità di acqua trattenuta nel suolo, misura spazialmente più omogenea rispetto al contenuto di acqua del suolo), viene identificato il fabbisogno idrico delle piante. I dati vengono letti automaticamente da un’unità di controllo, una centralina di raccolta dati che, secondo un algoritmo sviluppato nel progetto, attiva un sistema di irrigazione localizzato dove e quando è necessario. Tutti i dati sono disponibili in remoto tramite interfaccia web».
Kiwisost, per migliorare la gestione delle risorse idriche nel Lazio
Introdurre innovazioni nelle pratiche agronomiche per promuovere il risparmio idrico e la sostenibilità ambientale nella coltivazione del kiwi nella regione Lazio. A tale obiettivo sta lavorando il progetto “Kiwisost”, finanziato dal Psr Regione Lazio 2014-2020, con capofila l’A.F.E.-Associazione Frutticoltore Estense società cooperativa agricola di Ferrara. Lo ha presentato Alexandra Boini, collaboratore dell’Università di Bologna.
«Actinidia deliciosa si è originata in Cina in condizioni di elevata umidità relativa, notevoli precipitazioni (1200-1800 mm/anno) e moderata intensità luminosa; inoltre manifesta elevata conducibilità idraulica e lenta crescita radicale; proprio per queste caratteristiche è una specie che necessita di molta acqua. Le condizioni colturali degli ambienti in cui viene coltivata in Italia, come la Pianura Padana, la Basilicata e la provincia di Latina, sono invece più stressanti, perché caratterizzate da precipitazioni nettamente più basse e temperature inferiori. Eppure in Italia il kiwi spesso viene irrigato in eccesso, provocando la moria. È perciò necessario migliorare l’efficienza d’uso dell’acqua, strumento prezioso per ottimizzare la salute della pianta, la produttività e la qualità del frutto in termini di pezzatura, percentuale di sostanza secca e conservabilità».
Il Gruppo Operativo Kiwisost sfrutta il modello di accrescimento del frutto di kiwi e un sistema di supporto decisionale, quali strumenti utili alla razionalizzazione/riduzione idrica destinati ai produttori di kiwi attivi nel Lazio. «Il monitoraggio dell’accrescimento e l’adozione di sistemi di supporto decisionale per l’ottimizzazione dell’irrigazione portano a pratiche colturali più sostenibili, dal punto di vista ambientale ed economico. Ciò consente il miglioramento della gestione delle risorse idriche nella coltivazione del kiwi, raggiungendo uno degli obiettivi del progetto. Nello specifico, il progetto Kiwisost ha puntato a ridurre sia il quantitativo di acqua impiegato nella coltivazione del kiwi, sia la percolazione di sostanze azotate e fitofarmaci nella falda ipodermica. Attraverso questo approccio, un altro obiettivo è migliorare le caratteristiche qualitative dei frutti in termini di sostanza secca e dimensioni, per garantire una maggiore resa economica agli agricoltori».
Da “Innova.Kiwi” una guida per agricoltori e tecnici
Diminuire gli apporti di acqua e fertilizzanti, ottimizzare le rese e migliorare la qualità dei frutti delle varietà di kiwi giallo Jintao e Jinyan. Sono i risultati del progetto “Innova.Kiwi” di Jingold, finanziato dal Psr Emilia-Romagna 2014-2020 e realizzato con la partecipazione dell’Università di Bologna e del Canale Emiliano Romagnolo.
«Obiettivo principale del progetto – ha comunicato Emanuele Pierpaoli di Jingold – è stato valutare gli effetti di un impiego più efficiente dell’acqua irrigua nell’actinidieto, in modo da mettere a punto una guida operativa che aiuti agricoltori e tecnici a ridurre gli input, aumentare le rese e migliorare la qualità. In primo luogo sono stati messi a punto i parametri per la gestione del bilancio idrico e nutrizionale delle due varietà di kiwi giallo nel Dss Irriframe. Il modello di stima dei consumi è stato verificato in campo con una buona rispondenza attraverso misurazioni puntuali di sensori e campioni gravimetrici. La gestione dell’irrigazione con il Dss Irriframe ha garantito il miglior rapporto resa/qualità delle produzioni e, di conseguenza, una Plv più elevata. Abbiamo altresì verificato che il 70% dei frutti presenta un leggero incremento in sostanza secca e grado Brix, ma a danno, in maniera significativa, della produzione e della pezzatura commerciale, e che volumi irrigui maggiori (130%) non portano incrementi di resa perché aumenta la pezzatura a discapito della sostanza secca. I risultati sono riferiti a un solo anno e andranno verificati in successive sperimentazioni».