Il carico fiorale è uno dei principali indicatori di produzione di un frutteto. Questo è facilmente intuibile dal fatto che una pianta con un alto numero di fiori, in condizioni ottimali di impollinazione, generalmente produce un numero di frutti maggiore rispetto ad un albero dotato di poche infiorescenze. Carichi fiorali differenti dipendono da molteplici fattori: genetica, strategie di gestione del frutteto (i.e. diradamento, potatura, fertilizzazione, irrigazione ecc.) e condizioni ambientali. Il singolo o l’interazione di questi fattori può portare sia ad una variabilità di carico fiorale al livello di intero frutteto che di singole piante. Nell’ ultimo caso il frutteto sarà popolato da alberi sia carichi di corimbi fiorali che scarichi, anche vicini tra loro, aumentando notevolmente le difficoltà di gestione del frutteto. Per queste ragioni è necessario sviluppare delle tecnologie capaci di individuare la variabilità spaziale della fioritura con il fine di identificare possibili unità di gestione.
Diradamento a rateo variabile
In linea generale, il carico fiorale di un frutteto è sempre caratterizzato da un numero di fiori molto superiore a quanti ne servano effettivamente per raggiungere una produzione ottimale. La tecnica più utilizzata per diminuire il carico fiorale al fine di ottimizzare la qualità della produzione è il diradamento, applicabile chimicamente, meccanicamente e manualmente.
L’applicazione di tecnologie di precisione in agricoltura e la possibilità di effettuare trattamenti a rateo variabile (Vrt) basati su mappe di prescrizione, rende oggi possibile svolgere un diradamento mirato impostato sulla quantificazione del carico fiorale a livello sia di singola pianta sia di piccole superfici. La regolazione dell’intensità di diradamento sulla base delle effettive necessità spaziali permette da un lato di massimizzare l’accrescimento dei frutti – quindi la produzione – dall’altro di evitare inutili applicazioni di diradanti chimici laddove si trovi una pianta/zona in alternanza di produzione. Una tale tecnologia permette anche di migliorare la gestione del personale durante il diradamento/rifinitura manuale suggerendo al frutticoltore la possibilità di intervenire per rimuovere i frutti in eccesso dapprima in quelle zone ad alto carico nelle quali la competizione per le risorse tra i frutticini è maggiore.
Un altro vantaggio per l’ottimizzazione del diradamento collegata ad un’informazione precoce sulla variabilità di fioritura è la scelta della molecola chimica diradante più adatta. Infatti, è noto come ogni principio attivo abbia un momento di applicazione ideale, spesso stabilito sulla base della dimensione dei frutticini. Normalmente, l’intervento in campo viene identificato sulla base di un campionamento manuale nel quale viene misurato il diametro medio dei frutticini provenienti dai “king flowers” (fiore centrale del corimbo). Il problema di questa valutazione è la sua natura qualitativa, in quanto non tiene conto della reale scalarità di fioritura che potrebbe essersi verificata e quindi, di quanti fiori centrali sono realmente sbocciati. Per unire una valutazione qualitativa ad una quantitativa è necessario, mediante rilevamenti periodici, determinare per ogni pianta la variabilità temporale e la fioritura cumulativa calcolate a partire dai dati di fioritura dei diversi periodi rilevati. Confrontando i valori di fioritura cumulata con la produzione ottimale è possibile identificare quali piante abbiano effettivamente bisogno di un diradamento nel momento di intervento e quali meno, risultando in una riduzione e più facile gestione del diradante chimico.
La sperimentazione: mappare la fioritura
Il lavoro di ricerca ha avuto come obiettivo quello di sviluppare una tecnologia in grado di fornire, in modo completamente automatico e in breve tempo, una mappa di fioritura e dati utili per prendere decisioni in tempo reale sulle tecniche di diradamento da applicare in uno specifico appezzamento.
Il test preliminare della sperimentazione è avvenuto nella primavera 2021 in un meleto di 1.6 ettari di Fuji Aztec della società agricola Mazzoni Group in località Voghiera (FE) con forma d’allevamento a fusetto e sesto d’impianto 3,3 x 1,0 m. Nello studio la tecnologia di misurazione, costituita da mezzi e sensoristica commerciale, era costituita da un drone (Anafi Thermal) equipaggiato con un GPS ad alta precisione ed una fotocamera RGB (simile a quella presente su molti smartphone) in grado di scattare immagini ad alta risoluzione spaziale (1-2 cm/pixel).
La tecnologia di analisi, cuore di questa ricerca, ha previsto invece lo sviluppo e applicazione di uno specifico algoritmo capace di analizzare singolarmente le immagini contenenti le informazioni di fioritura di un frutteto, senza la necessità di unire differenti scatti (fotogrammi), per poi crearne un ortomosaico.
La fase di sviluppo tecnologico della sperimentazione, oltre alla verifica della quantificazione e alla capacità di geolocalizzazione in tempi brevi del carico fiorale per pianta, si è concentrata anche sulla ottimizzazione dell’algoritmo di analisi di immagini implementandolo sia per forme di allevamento a parete (2D) sia in volume compatto (3D) in maniera da consentirne un più ampio range di future applicazioni.
Georeferenziazione diretta e analisi spaziale
L’innovazione tecnologica alla base di questa ricerca si fonda sulla capacità dell’algoritmo di analisi di immagini di evitare la creazione di un mosaico a partire dalle immagini aeree. Tale processo, infatti, richiederebbe software piuttosto costosi (nell’ordine delle migliaia di euro), oltre a lunghe tempistiche impiegate per unire i fotogrammi (spesso superiori alle 6 ore/ha sfruttando un normale computer). Questo perchè il processo di unione può basarsi per esempio su due fotogrammi costituiti ognuno da 16 milioni di pixels che vengono confrontati per l’individuazione dei “keypoints” (punti chiave) da utilizzare per guidarne l’unione e creare un’unica immagine. Da ciò è facile comprendere che, al fine di mappare la fioritura di un frutteto, è sconsigliato procedere con la realizzazione e analisi di un mosaico di immagini.
La soluzione alternativa low cost – in termini economici e di tempo – sviluppata in questo studio analizza le immagini seguendo uno schema preciso. Dapprima viene effettuato un ritaglio del fotogramma originale sia per sfruttare le distorsioni dell’immagine per adattare l’analisi alla forma di allevamento, che per ridurre i tempi di processamento rendendo ogni immagine unicamente rappresentativa di una porzione di frutteto. Successivamente, con appositi calcoli, l’immagine viene direttamente georeferenziata e vengono identificate tutte le piante che hanno una posizione Gps che ricade all’interno della sua area. A questo punto, l’algoritmo appositamente implementato è in grado di restituire due informazioni differenti: 1) può stimare la quantità totale di corimbi fiorali presenti all’interno dell’area analizzata e dividere questo valore per il numero di alberi presenti al suo interno, fornendo una media del carico fiorale nella piccola superficie di frutteto, oppure 2) applicare un’analisi spaziale e quantificare il numero di corimbi per ogni singola pianta (fig. 1).
Sistema basato sull’analisi delle singole immagini
Una volta indicati all’algoritmo forma di allevamento e livello di analisi (pianta o area), le varie immagini georeferenziate vengono analizzate da un sistema in grado di adattarsi alle diverse condizioni ambientali intrinseche ai fotogrammi e successivamente individuare e quantificare all’interno di essi i corimbi fiorali. La necessità di utilizzare immagini aeree ad alta risoluzione, da drone e non da satellite, nasce dal fatto che i corimbi sono “oggetti” di piccole dimensioni (2 cm2), la cui individuazione è strettamente legata alla risoluzione spaziale del pixel. Qualora volessimo mappare la fioritura utilizzando immagini satellitari open source con una risoluzione spaziale di 10 m, risulterebbe impossibile per un sistema di visione/analisi immagine quantificare all’interno di ogni pixel il numero di corimbi a causa delle loro piccole dimensioni. Per questa ragione, la risoluzione dell’immagine è un elemento chiave e deve essere al massimo equivalente a 1-2 cm per i fiori di melo. Ciò, ovviamente, è anche causa di un aumento dei tempi di analisi totali, che in questa ricerca sono stati ampiamente compensati dal sistema di georeferenziazione.
Inoltre, il sistema di analisi immagine sviluppato per l’individuazione delle infiorescenze sfrutta le sole informazioni spettrali date dalla radiazione nel visibile (Rgb), di conseguenza, nel frutteto in cui è stata effettuata la prova, il suolo nudo è risultato essere il maggiore limite per la quantificazione delle infiorescenze a causa della riflettanza data da sabbia e argilla. Qualora si volesse ovviare a questo problema, probabilmente l’uso di camere multispettrali anziché Rgb potrebbe aumentare di molto l’efficacia della segmentazione d’immagine. Infine, un’altra limitazione del sistema di quantificazione fiorale è la presenza, al momento del volo del drone, di reti antigrandine chiuse. La loro presenza, infatti, ostacola la segmentazione delle immagini e risulta sia in una minore efficienza nell’identificazione dei fiori che in una minore credibilità delle mappe ottenute dall’algoritmo.
Come accennato in precedenza, la vera innovazione di questa ricerca è il sistema di georeferenziazione basato sull’analisi delle singole immagini, il quale è in grado di fornire sostanziali riduzioni del tempo di elaborazione (99%), ma sempre fornendo una base per l’analisi spaziale simile a quella del mosaico (fig. 2). Questo sistema di georeferenziazione riporta un errore medio nel posizionamento della singola pianta sul filare di circa 1 m, che sebbene possa sembrare un errore molto grande, nella realtà dei fatti è un errore irrisorio, in quanto la geolocalizzazione del carico fiorale in prossimità della reale posizione è più che utile per la gestione del diradamento a rateo variabile in qualsiasi modalità lo si voglia effettuare (chimico, meccanico, manuale).
Oltre alla valutazione della capacità dell’algoritmo di geolocalizzare nel frutteto il carico fiorale in modo corretto, è stata anche valutata l’attendibilità del sistema di individuare e quantificare le infiorescenze. I risultati ottenuti hanno evidenziato una forte correlazione tra il carico reale di 100 piante campionate manualmente e quello stimato dall’algoritmo. Di conseguenza, la buona localizzazione e l’alta accuratezza nella stima del numero di infiorescenze si traducono al momento della mappatura della fioritura (a livello di singola pianta/area) in un trend simile a quello che si otterrebbe svolgendo la stessa attività manualmente (fig. 3). La differenza tra queste alternative sta nei tempi di raccolta e analisi dati, in quanto, per svolgere questa attività manualmente, verrebbero impiegate circa 2 ore/ha campionando un numero di 20 piante e 10 minuti per l’attività di mappatura. Differentemente, svolgendo lo stesso processo completamente in modo automatico, la mappatura a livello di singola pianta richiede 35-40 minuti/ha, mentre quella a livello di piccola area (8.8 m x 13.3 m) richiede circa 60-120 secondi/ha.
I vantaggi di questo algoritmo sono molteplici e convergono nell’essere una soluzione “all – in” che permetterebbe di evitare l’acquisto di costosi software per il processamento immagini e di ottenere maggiori informazioni utili a migliorare sia la gestione che la produzione del frutteto.
Diradamento in base ai dati forniti dall’algoritmo
L’algoritmo fornisce diversi tipi di informazioni utili:
1) una mappa del carico fiorale che permette una veloce interpretazione della distribuzione dei fiori in campo;
2) un report che contiene informazioni essenziali sull’area in analisi (superficie, numero di piante, carico medio, sesto d’impianto, modello di semivariogramma, etc.);
3) i file vettoriali che possono essere importati all’interno di software Gis per generare mappe di prescrizione utili alla gestione del diradamento a rateo variabile, nonché la creazione di database storici per la mappatura della variabilità temporale. La mappa di prescrizione ottenuta può essere ulteriormente modulata in funzione della sua utilizzazione in campo.
Nel caso di applicazione in un diradamento chimico/meccanico il fine è ottimizzare la concentrazione del diradante chimico (fig. 4) o la rotazione dell’aspo in funzione del carico fiorale; nel caso di un diradamento manuale, invece, risulta di maggiore importanza avere informazioni sulle porzioni di frutteto equivalenti alla superficie diradabile in un giorno grazie alla forza lavoro che si possiede. Successivamente, classificando queste aree, è possibile individuare quella dove vi è un maggiore carico produttivo - che deve essere diradata per prima - per poi lasciare a tempi successivi la zona a minore densità (fig. 5). Questa differenza risulta essere estremamente importante nella gestione biologica, oppure in frutteti con cultivar a rischio di alternanza di produzione (i.e. Fuji).
Tra le informazioni che il software fornisce risaltano anche i modelli di semivariogramma che indicano la variabilità di un parametro a livello spaziale, permettendo di ottenere confronti tra diversi frutteti e di migliorare mediante l’individuazione di zone omogenee sia il campionamento che il posizionamento della sensoristica in campo. Tali modelli possono essere utilizzati per mappare il carico di frutti nella fase subito seguente all’allegagione, periodo nel quale i sistemi di visione o di stima del carico produttivo faticano ad individuare e conteggiare i frutti perché troppo piccoli e di colore verde.
In conclusione, la possibilità di mappare la fioritura mediante telerilevamento da drone permette numerosi vantaggi e garantisce un’adeguata conoscenza del campo fino dalle prime fasi del ciclo produttivo.