È un’annata per l'uva da tavola in cui tutto tende verso l’alto: le rese, la qualità, i costi. Solo i prezzi seguono la tendenza inversa, puntando decisamente verso il basso.
È così che Giacomo Suglia, amministratore unico della Ermes di Noicattaro (Ba), presidente dell’Associazione produttori esportatori ortofrutticoli (Apeo) con sede a Bari e vicepresidente nazionale di Fruitimprese, disegna la campagna di produzione e commercializzazione dell’uva da tavola in Puglia. Mai come quest’anno propizia eppure anomala e disastrosa. «Grazie alle favorevoli condizioni climatiche, che quest’anno si sono distinte per la mancanza di piogge e la bassa umidità relativa, le rese sono elevate e la qualità è davvero eccezionale. Intendo la qualità estetica, perché l’uva è bellissima da vedere, la qualità organolettica, in quanto è caratterizzata da alto grado Brix, bassa acidità, ottimo rapporto zuccheri/acidità e quindi è decisamente gustosa, e qualità sanitaria, poiché l’uva è integra ed esente da residui di agrofarmaci dato che l’assenza pressoché completa di fitofagi e agenti patogeni fungini ha reso inutili i consueti trattamenti fitosanitari».
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In alto i costi
Ma in alto, aggiunge Suglia, oltre alle rese e alla qualità, sono schizzati anche i costi, nessuno escluso, sia pure con andamenti differenziati. «I prezzi di gasolio e benzina sono aumentati in media del 15%, con evidenti riflessi sul costo dei trasporti, sia per noi produttori sia per le agenzie di trasporto di cui ci serviamo per raggiungere le piattaforme commerciali. Nell’ultimo anno sono aumentati i costi di energia elettrica e gas, e aumenteranno ancora di più dal 1° ottobre, rispettivamente del 40% e 30%. Sono cresciuti, in misura varia, anche i prezzi degli imballaggi in plastica, legno e cartone: per mancanza di materie prime, così ci viene detto, in realtà perché è in atto una grossa speculazione, alla quale noi produttori-confezionatori dovremmo reagire abbandonando le varie forme di packaging quasi personalizzato per ogni cliente e ritornando alle confezioni alla rinfusa da 7 o 10 kg dalle quali il consumatore può prendere i grappoli che desidera: sarebbe una scelta utile per ridurre i costi, per immettere meno rifiuti nell’ambiente e per non cedere ai ricatti dei fornitori. Infine sono sempre più gravosi i costi degli oneri sociali a tutela dei lavoratori che le imprese agricole italiane, quindi anche quelle pugliesi produttrici di uva da tavola, di gran lunga più onerosi di quelli che sopportano i competitor europei».
Il calo netto dei prezzi dell'uva da tavola non si arresta
Ciò che però a Suglia, e ai produttori esportatori che rappresenta, proprio non va giù è il calo netto dei prezzi al produttore rispetto al 2020. «Con gli stessi prezzi dell’anno scorso avremmo fatto fatica ad andare avanti. Ma con prezzi assoluti diminuiti del 10-15% non ce la facciamo più. Dobbiamo unirci e chiedere agli interlocutori commerciali, le catene della Grande distribuzione organizzata, un aumento del 20% per resistere. Alcune aziende produttrici di uva da tavola stanno già fallendo e chiudendo, altre, anche le più grandi, seguiranno. Infatti le superfici coltivate a uva da tavola diminuiscono, in Puglia in cinque anni sono calate del 10%».
L’aumento dei costi e il calo dei prezzi sono ancora più preoccupanti perché, sostiene Suglia, si inseriscono in un contesto commerciale internazionale molto difficile. «In primo luogo la domanda è in calo dovunque, in Italia e in Europa, poiché la crisi economica conseguente alla pandemia da Covid-19 ha diminuito stipendi e salari e ridotto il potere d’acquisto. In secondo luogo ci manca il mercato russo di 150 milioni di potenziali consumatori, che non abbiamo potuto sostituire. Infine l’Unione europea, nostro mercato d’elezione, fa gola ai competitor extracomunitari, come Turchia, Paesi nordafricani e altri: è un bacino di 450 milioni di consumatori e garantisce un sistema di pagamenti sano e la convenienza del cambio in euro».