Come è ben noto, la tutela dei diritti concessi ai costitutori di nuove varietà o agli esclusivisti, licenziatari delle varietà che le aziende frutticole scelgono e acquistano per realizzare nuovi impianti, ha assunto aspetti molto complessi dopo che siamo passati da una “gestione vivaistica” delle varietà (l’agricoltore compra gli astoni e paga un prezzo comprensivo delle royalty sulla pianta) ad una “gestione inclusiva” del prodotto ottenuto dall’agricoltore nel frutteto o vigneto oggetto dell’impianto.
Il problema, dunque, si sposta sul contratto imposto dal titolare dei diritti varietali (costitutore o esclusivista, licenziatario o, talvolta, lo stesso vivaista), che specificherà il numero di piante acquistate, luogo di piantagione, superficie occupata e relativi sesti d’impianto (questo nel caso i diritti siano sull’impianto), oppure la produzione che ne verrà (o l’una e l’altra insieme). In tal caso la percentuale di “prelievo” inserita nel contratto dovrà avere come elemento probante la fattura del prodotto ceduto all’acquirente, sia questo scelto dal produttore oppure un soggetto imposto dallo stesso concessionario della licenza. Le piante possono essere state prodotte dall’esclusivista o fornite da un vivaista, anch’esso a contratto. La casistica è molto ampia.
Nel secondo degli esempi riportati, le royalty non sono pagate una tantum con l’acquisto delle piante, ma anno per anno, con una registrazione trasparente del prodotto venduto e quindi una complessa operazione gestionale che talora rende la somma complessiva delle royalty molto onerosa. Questo problema è già “esploso” a vari livelli, generando varie reazioni, tanto che nel settore delle uve da tavola ha provocato una forte reazione degli operatori commerciali e delle associazioni dei produttori, che hanno avviato progetti di breeding e miglioramento genetico per creare nuove varietà in proprio e così affrancarsi dai diritti sulle uve apirene, per lo più gestite da società multinazionali di varietà di provenienza americana.
Ciò premesso, si deve tener conto che in Italia, già da tempo, sono stati messi in atto sistemi di gestione delle royalty attraverso enti o soggetti di intermediazione. A volte sono gli stessi organismi che fungono da depositari delle domande di brevettazione e di privativa comunitaria, come avviene per esempio con Crpv, ente privato partecipato dalle OP emiliano-romagnole, e Consorzio Pro-Planta, sorto espressamente per controllare l’applicazione delle procedure contrattuali e includenti le due parti. Talvolta sono coinvolti anche studi legali di consulenza.
Di seguito si dà notizia di una iniziativa di una società francese, Sicasov, operante in tutta Europa, attiva da qualche anno anche in Italia, di cui ospitiamo un comunicato stampa inviatoci da Stefano Barbieri, responsabile della sezione italiana Sicasov, che spiega chiaramente come e perché questa società si fa carico della gestione in toto dei contratti di licenza di varietà brevettate, con estensione dei diritti sull’intera produzione delle varietà in esclusiva impiantate dall’agricoltore. Dovremo seguire con attenzione il funzionamento di questo tipo di gestione, tanto più che è la stessa società Sicasov che incassa le royalty, le gira poi al licenziatario o concessionario, trattenendo una commissione. Questa è certo una novità per l’Italia, ma siamo curiosi di verificare il risultato pratico di queste modalità di controllo (anche per evitare possibili contraffazioni) e i benefici che ne verranno all’intera filiera produttiva.
Cogliamo l’occasione di far conoscere ai nostri Lettori anche il parere espresso da una ditta vivaistica, Geoplant, che lamenta come sia difficile per i vivaisti produttori di piante difendere la tutela della propria attività commerciale, svolta correttamente, che si trova ad operare in un mercato concorrenziale, che pratica forme illegali di appropriazione delle varietà. Per esempio, le varietà fuori legge sono moltiplicate sotto falso nome o senza lasciare traccia di fatturazione. Occorrerebbero, dunque, controlli, anche pubblici, sul mercato vivaistico per evitare confusione di ruoli e diffusione delle varietà brevettate che il nostro sistema vuole invece tutelare nell’interesse generale.
Sicasov: finanziare la ricerca e difendere la legalità
Sicasov è il primo esempio di una società cooperativa creata dai costitutori vegetali per rappresentarli nella gestione dei contratti con i licenziatari per la tutela dei diritti del costitutore e l’incasso delle royalty necessarie e indispensabili a finanziare l’attività di ricerca genetica a vantaggio di tutta la filiera produttiva: dal costitutore fino al consumatore finale. La difesa della proprietà intellettuale e delle condizioni di leale concorrenza sono il fondamento per dare continuità all’attività di ricerca con le conseguenti risposte alle esigenze dei produttori, dei consumatori e più in generale del mercato.
La società è nata nel 1948 in Francia, Paese nel quale, ancora oggi, assieme a Cina e Stati Uniti, si hanno i maggiori investimenti in ricerca, sia pubblica che privata. Oggi la società riunisce oltre 370 costitutori appartenenti a 20 Paesi e gestisce 4.900 varietà appartenenti a 180 specie diverse tra cui, un ruolo di sempre maggiore importanza, è dato dalle specie arboree e ornamentali. Sicasov opera con i costitutori, principalmente con contratti di mandato, e rilascia, a proprio nome, contratti di licenza ai produttori che impiegano le varietà protette.
Tali contratti rappresentano l’autorizzazione data ai licenziatari a utilizzare, produrre e vendere il seme, le piante, il frutto originato dall’impiego delle varietà date in licenza da costitutori, editori, esclusivisti. I diritti dei costitutori (royalty) raccolti da Sicasov vengono poi ripartiti tra i propri soci e utenti ai fini del finanziamento della attività di ricerca. I soci e gli utenti sono sia pubblici che privati.
Dal 2012, vista l’importanza agricola del nostro Paese, Sicasov è operativa anche in Italia, applicando un modello molto simile a quello francese, ma adattato alle condizioni e alla mentalità italiane. Fin dall’inizio della propria attività in Italia, si è occupata anche della difesa della proprietà intellettuale e della leale concorrenza, con azioni legali e accordi transattivi per interrompere attività illegali e difendere i diritti dei costitutori. Sul sito del Cpvo sono pubblicate le azioni realizzate che hanno coinvolto decisioni dei tribunali e i risultati ottenuti. In campo arboreo e ornamentale, diverse sono state le azioni realizzate rivolte principalmente verso vivaisti che moltiplicavano e commercializzavano varietà per le quali non avevano un contratto di licenza.
Va ricordato che, in ambito arboreo, Sicasov realizza contratti di licenza sia con vivaisti, sia direttamente con le aziende agricole e che, un proprio sistema informatico, sviluppato autonomamente e chiamato Arboweb, consente un monitoraggio dettagliato e puntuale di tutti i licenziatari e raccolta delle royalty sia dai vivaisti, sia dalle aziende agricole utilizzatrici. Dopo una serie di azioni legali realizzate mediante la collaborazione con studi legali italiani esperti di proprietà intellettuale in campo vegetale, di recente Sicasov ha creato un rapporto di collaborazione sia con la Repressione Frodi (Icqrf), sia con il Siac (Nucleo Anticontraffazione della Guardia di Finanza). Questi accordi permettono di poter ampliare la propria attività di controllo sui potenziali contraffattori, che rischiano denunce penali, oltre che cause civili per danni arrecati a costitutore, editore, esclusivista.
Infine, dal 2019, Sicasov ha iniziato a creare commissioni anticontraffazione per diversi gruppi di specie, con l’elemento innovativo del coinvolgimento diretto, nelle azioni da realizzare, da parte dei titolari dei diritti (costitutori, editori, rappresentanti). A oggi ne sono già operative due: una relativa alla patata, in Francia, e una per le grandi colture (cereali, foraggere, proteoleaginose e oleaginose) in Italia.
Nel 2021 inizia la propria attività una nuova commissione in ambito europeo (Francia, Italia, Spagna) per le colture arboree. Questa commissione riunisce costitutori ed editori pubblici e privati e ha come obiettivi la difesa della legalità nelle diverse specie arboree e ornamentali.
Oltre alla difesa della proprietà intellettuale, Sicasov possiede il “know how” per promuovere e affermare un sistema omogeneo di gestione delle licenze delle varietà protette, elemento fondamentale per realizzare l’attività di controllo sui produttori autorizzati e su quelli non autorizzati e avere l’autorità di poter intervenire in tutti i casi di contraffazione sospetta. La collaborazione con tutti i costitutori europei e le società che operano anche in altri Paesi crea le condizioni per un network coordinato e efficace.
La comunicazione sull’attività che viene svolta, la divulgazione, anche a livello della magistratura italiana, dei principi e delle norme sui quali si basa la difesa della proprietà intellettuale, la stima dell’entità dei danni provocati dall’illegalità, i vantaggi rappresentati, non solo per le filiere, ma in generale per il nostro Paese, dal contesto di legalità sono i pilastri sui quali si gioca il futuro della nostra credibilità e affidabilità, per fare diventare l’Italia un Paese dove investire e sviluppare la propria attività.
Geoplant: proposta contro l’abusivismo vivaistico
Il mercato vivaistico, nella sua costante evoluzione, da ormai un quarto di secolo ha imboccato la strada della protezione varietale mediante marchi, brevetti o privative sulla totalità delle nuove varietà introdotte. Questo processo ha avuto fondamentalmente due principali motori: il passaggio da un sistema di ricerca e innovazione varietale prevalentemente pubblico ad uno prevalentemente privato e lo sfruttamento dell’innovazione varietale come strumento di penetrazione e affermazione commerciale. Questo complesso meccanismo si finanzia attraverso le royalty che i produttori pagano ai vivaisti che a loro volta versano agli editori varietali o direttamente ai costitutori.
Nel corso degli anni sono stati applicati vari metodi per calcolare quale importo i produttori o le strutture commerciali devono versare per essere autorizzati a coltivare una determinata varietà; tanto per citare i tre più diffusi:
- royalty a superficie, calcolata su una determinata area impiantata senza tenere conto della densità di impianto. Si tratta di un sistema di gestione abbastanza complessa, introdotta in tempi recenti, che indirettamente tende a privilegiare le grandi superfici a scapito dei piccoli o piccolissimi produttori, risultando più conveniente per gli impianti ad alta densità. In questo caso il produttore versa gli importi dovuti direttamente all’editore varietale o al breeder by-passando il vivaista;
- royalty a pianta: sistema classico dove il vivaista incassa l’importo della royalty assieme all’importo delle piante. Di facile gestione, non scoraggia i piccoli impianti e in genere svantaggia gli impianti ad alta densità a favore di quelli a medio-bassa;
- sistema misto: royalty a pianta + royalty a superficie; é un sistema utilizzato poco perché oneroso e di difficile gestione, poco indicato per una realtà frutticola molto parcellizata come quella italiana.
Nel triplice ruolo di vivaisti, editori varietali e costitutori ci siamo ritrovati ad affrontare e gestire tutte le possibili situazioni derivanti dall’incasso e dalla gestione delle royalty e possiamo affermare che non esiste in assoluto un metodo più vantaggioso di altri. Come affermato in differenti occasioni, le royalty sono assolutamente necessarie al buon funzionamento della filiera produttiva, poiché senza di esse non ci può essere ricerca in un sistema in cui lo Stato ormai non è più in grado di finanziare queste attività; quindi tocca ai privati assumersi oneri e onori dei processi di miglioramento genetico e selezione varietale.
Siamo consci del grave momento di difficoltà in cui versa il sistema produttivo italiano, tuttavia, una buona innovazione e selezione genetico-varietale sono essenziali se vogliamo garantire un futuro alla nostra frutticoltura. Tutti gli attori della filiera sanno perfettamente che una parte rilevante (che potremmo stimare empiricamente in circa un 20-25%) della produzione frutticola proviene da impianti dove le royalty sono state evase parzialmente o totalmente; qualcuno aveva definito questa produzione “il mercato libero”, ma qui di libero non c’è proprio nulla; questa è evasione e concorrenza sleale verso frutticoltori e vivaisti che invece lavorano correttamente.
Alcuni suggerimenti
Sulla base della nostra esperienza di vivaisti e costitutori varietali ci permettiamo di lanciare qualche suggerimento, che a nostro avviso potrebbe essere utile a ridurre quella quota di abusivismo che affardella la nostra frutticoltura, magari contribuendo a rilanciarla migliorandone la competitività.
Abbiamo detto, e non ci stancheremo mai di dirlo che, senza la possibilità di finanziarsi attraverso il sistema delle royalty, la ricerca è certamente destinata a scomparire o a migrare presso altri Paesi, finendo per aumentare la competitività dei nostri concorrenti e minando ulteriormente il futuro del mondo frutticolo nazionale. E’ questo che vogliamo? Noi crediamo di no.
Le royalty sono necessarie, consapevoli del fatto che devono essere eque; ci siamo trovati spesso a vendere piante di varietà dove l’importo della royalty era pari o perfino superiore al valore della pianta stessa. Questo è semplicemente inaccettabile perché favorisce l’abusivismo varietale e obera di costi i nostri produttori. Fatti salvi i casi particolari come, ad esempio, le varietà a club, che hanno una gestione commerciale ben definita, per le varietà di drupacee e pomacee protette da semplice privativa, riteniamo che una royalty che incida in relazione alla densità di impianto per 2.000-3.000 euro/ha possa essere ampiamente sostenibile per tutti e adeguata al finanziamento dei progetti di ricerca.
Per sburocratizzare la gestione, il sistema migliore è che la royalty sia compresa nel prezzo di vendita e incassata dal vivaista, che a sua volta la verserà all’editore. I costitutori e gli editori varietali si lamentano spesso del fatto che in questo modo perdono il controllo del mercato e diventa più difficile per loro contrastare gli abusivisti. In realtà, la prima minaccia dell’abusivismo sta nel non scegliere pochi, fidati vivai licenziatari con i quali sviluppare con coerenza e serietà il mercato. Le royalty calcolate con il sistema a superficie e fatturate direttamente dall’editore hanno già mostrato due limiti abbastanza rilevanti: con questo sistema i produttori perdono una quota di contributi (Ocm) e la gestione documentale richiede un notevole dispendio di tempo da parte del vivaista.
Queste poche considerazioni nascono dalla nostra quotidiana esperienza e dal contatto con il mondo della produzione, consapevoli che solo con l’impegno, la serietà e la buona volontà di tutti i professionisti del settore si possa pensare di dare un futuro alla frutticoltura italiana.
Gianluca Pasi, Geoplant Vivai