È ormai indiscusso come nel nostro Paese e in molte aree mediterranee e del mondo gli eventi climatici siano sempre meno prevedibili e severi: innalzamento delle temperature minime e massime stagionali, maggior frequenza degli eventi climatici estremi, con conseguente diminuzione delle precipitazioni utili, rappresentano soltanto alcune delle preponderanti avversità con cui il comparto frutticolo oggi deve confrontarsi. La gestione dell’irrigazione risulta così essere una pratica fondamentale che deve soddisfare le esigenze colturali tenendo conto dell’interazione tra l’albero da frutto e l’ambiente. La disponibilità di acqua per le colture frutticole è, infatti, un fattore limitante, che può portare ad un aumento dei costi di gestione se non vengono sfruttate le tecnologie disponibili per aumentare la sua efficienza d’uso.
Dal punto di vista pratico, i rendimenti fisiologici ottimali si ottengono quando la tecnica irrigua consente al contenuto di acqua del suolo di raggiungere livelli vicini alla capacità di campo (Jones, 2004) con quantità ottimali di acqua disponibili alla pianta al bisogno. Ad oggi però, nonostante l’avanguardia tecnologica stia facendo passi da gigante, molti frutticoltori irrigano ancora seguendo metodologie basate sull’esperienza, senza alcun criterio razionale che permetta di conoscere la reale condizione del frutteto. Può succedere cosi che l’acqua venga somministrata in eccesso o in momenti sbagliati durante la stagione, senza rispondere al reale fabbisogno da parte dell’albero. Allo stesso modo, si può incorrere nel rischio di creare deficit determinando l’insorgenza di stress idrici, con conseguenze negative sulle performance produttive dell’albero.
Uno degli indicatori dello stato idrico della pianta più ampiamente accettati a livello scientifico è il potenziale idrico (Shackel et al., 1997). Tuttavia, la sua determinazione viene comunemente eseguita grazie ad uno strumento abbastanza ingombrante, la cosiddetta camera a pressione (Scholander et al., 1965), con una metodologia di tipo distruttivo, che richiede tempo e buona manualità (Zimmermann et al., 2008). Tale metodologia, per questo motivo, non è in grado di fornire informazioni continue sullo stato di idratazione delle piante, non consentendo una pianificazione irrigua precisa. Una delle soluzioni più comuni per ovviare a questa problematica è il monitoraggio del contenuto idrico del suolo utilizzando tensiometri o altre tipologie di sonde.
Spesso questa sensoristica viene connessa in maniera “wireless” a sistemi di supporto decisionale che rilasciano informazioni in tempo reale sul livello di bagnatura del suolo e del contenuto di acqua disponibile alla pianta, permettendo una pianificazione abbastanza precisa dell’irrigazione (bluleaf.it; idroplan.org; winetsrl.com; ifarming.it). Altre metodologie utilizzano algoritmi di calcolo del bilancio idrico in base dell’evapotraspirazione potenziale (Et0) della coltura di riferimento, mirando a restituire la quantità d’acqua teoricamente persa dall’albero, a seconda delle condizioni ambientali. “Irriframe” (www.irriframe.it), servizio gratuito sviluppato dal Consorzio per il Canale Emiliano Romagnolo (CER), supportato dall’Associazione nazionale dei Consorzi di bonifica e dal Mipaaf, è probabilmente il più diffuso (vanta oltre 16.000 utenti registrati in 15 regioni italiane) tra i sistemi di supporto decisionale “on-line” per razionalizzare l’irrigazione del frutteto, a seconda delle necessità della coltura monitorata, stimata sulla base di dati agrometeorologici raccolti da una rete di stazioni distribuite sul territorio e valutati attraverso modelli matematici di elevata sofisticazione.
Il sistema Irriframe permette agli agricoltori di aver accesso gratuitamente ad una piattaforma capace di fornire indicazioni irrigue specifiche per la loro azienda. Al momento della registrazione vengono richieste tutte le informazioni relative alla coltura, quali tessitura e profondità del suolo, specie coltivata, portinnesto, sesto d’impianto, sistema irriguo adottato, data di fioritura, ecc. È inoltre richiesto di localizzare l’appezzamento su una mappa Google che permette di associarlo ad una rete di centraline nelle vicinanze da cui verranno scaricati i dati meteo e di falda necessari per calcolare il bilancio idrico del suolo. Una volta registrato, l’utente riceve il suggerimento irriguo a passo giornaliero (quando e quanto irrigare) che tiene conto dell’acqua persa dalla coltura per evapotraspirazione e degli eventuali apporti (precipitazioni e risalita capillare), oltre che delle previsioni meteo per i giorni successivi.
Gli approcci sopra citati, pur restituendo un’informazione oggettiva per modulare/pianificare l’irrigazione, si basano sul monitoraggio di parametri indiretti o condizioni esterne come il suolo e/o l’ambiente, senza però tenere presente lo stato “reale” della pianta. Negli ultimi decenni la collaborazione tra la ricerca pubblica e privata ha sviluppato approcci di precisione basati sull’utilizzo di metodologie “plant-based”, ovvero strumentazioni, protocolli o sensoristica che, una volta applicati su differenti organi dell’albero, possono determinarne lo stato idrico e l’effettivo bisogno di acqua, a prescindere dalle condizioni dell’ambiente e del suolo. Questi sistemi hanno lo scopo di monitorare lo stato idrico dell’albero in tempo reale e di restituire indicazioni su come regolare l’irrigazione in modo da prevenire l’eventuale insorgenza di stress.
Protocolli di monitoraggio
e sensori “plant-based”
L’innovazione tecnologica sponsorizzata a livello europeo e la collaborazione tra gruppi di ricerca e imprese ha negli ultimi anni permesso lo sviluppo di differenti servizi commerciali che sfruttano protocolli di monitoraggio e sensoristica per la gestione sub-giornaliera dell’irrigazione. Sono state infatti messe a punto reti sensoristiche di monitoraggio delle performance della pianta capaci di valutare in automatico differenti parametri come il flusso idrico del fusto, attraverso sensori denominati “sap flow” (edaphic.com.au/products/sap-flow-sensors), stimare il turgore della foglia o il suo stato idrico (non il potenziale idrico), grazie a sensori conosciuti come “Yara Zim-probe” (Yara International ASA, Oslo, Norvegia; Fig. 1). Tali sensori, se ben tarati e posizionati, potranno risultare nel futuro una buona opportunità per la gestione in automatico dell’irrigazione (Zimmermann et al. 2008; Fernandez et al., 2017). Ciononostante, l’applicazione pratica di sensori “sap flow” o Zim per la programmazione dell’irrigazione è ancora controversa perché, a meno che molti sensori siano collocati in diverse parti del frutteto o della chioma, il dato puntiforme relativo alla singola pianta/foglia può fornire solo informazioni parziali sullo stato idrico del frutteto in toto. In questo caso, una strumentazione a prima vista di basso costo, risulterebbe troppo dispendiosa per la numerosità di sensori necessari (Scalisi et al., 2017).
Metodologie alternative alle precedenti si basano sul monitoraggio della fluorescenza della clorofilla e temperatura della chioma come indice di stress degli apparati fogliari (Losciale et al., 2015; Manfrini et al., 2018; Fernandez et al., 2017). Tali misure possono essere eseguite utilizzando strumenti “low-cost” (photosynq.org) o più complessi (https://www.licor.com) che restituiscono informazioni puntiformi a livello fogliare, o zonati, nel caso di rilievi da remoto (es. attraverso sensori montati su droni o immagini satellitari). L’apparato fogliare, infatti, fornisce parametri oggettivi che se ben analizzati e interpretati, permettono di monitorare in tempo reale gli adattamenti fisiologici della pianta dovuti alle modificazioni ambientali e alle tecniche di gestione del frutteto (es. irrigazione) in un tempo molto rapido (Manfrini et al., 2018).
Gli approcci fin qui elencati mirano principalmente a soddisfare i bisogni idrici della chioma in generale e delle foglie in particolare, per garantire la massima funzionalità fotosintetica attraverso l’ottimizzazione dell’apertura stomatica. È facile capire quanto una pianta, resa efficiente dalle quotidiane tecniche di gestione del frutteto, permetta un accumulo maggiore di sostanza secca negli organi della pianta e, soprattutto, a disposizione della crescita del frutto. L’organo, infatti, che integra in sé il buon funzionamento dell’albero rimane il frutto. La sua qualità e dimensione sono l’obiettivo produttivo a fine stagione e tali parametri determinano la redditività del frutteto. Inoltre, i frutti rappresentano gli organi “sink” per eccellenza e rappresentano probabilmente il miglior indicatore dello stato fisiologico della pianta. La messa a punto di sensori a basso costo ed elevata sensibilità (Fig. 2; Morandi et al., 2007) ha infatti reso possibile studiare la fisiologia dei flussi vascolari di differenti specie da frutto (Morandi et al., 2007; 2010; 2014; Torres-Ruiz et al., 2016), mettendone in evidenza le diversità e le affinità.
La ricerca fin qui svolta, descrivendo la complessità delle dinamiche giornaliere di restringimento e accrescimento dei frutti, indica quanti approcci irrigui innovativi, basati sui reali bisogni del frutto, siano necessari al fine di mantenere alti standard qualitativi e produttivi, minimizzando gli sprechi. La logica porta quindi a pensare che se il frutto, nelle sue diverse fasi di sviluppo, segue un andamento di crescita ideale, ha un albero a supporto che gli permette di crescere in maniera ottimale e provvedere efficacemente alle sue esigenze in termini di acqua e sostanza organica. Usando questo come paradigma sono nati servizi (perfrutto.it; agerpix.com; metos.at/cropview) che analizzano i dati provenienti dai frutteti in tempo reale e forniscono indicazioni per affrontare con tempestività la variabilità stagionale che ogni anno condiziona l’esito della produzione. Tali servizi, attraverso l’applicazione di algoritmi specifici e di tecnologie basate sull’uso di intelligenza artificiale, permettono di ottenere, per le diverse specie frutticole, informazioni predittive sul diametro dei frutti alla raccolta e sul carico produttivo e offrono la possibilità di correggere il loro andamento di crescita durante la stagione.
Integrazione di differenti sistemi
di monitoraggio
Un ulteriore passo avanti verso la messa a punto di un sistema irriguo di precisione, che consenta agli agricoltori di aumentare sensibilmente l’efficienza d’uso dell’acqua, come adattamento al cambiamento climatico, garantendo produzioni adeguate con il minor impiego della preziosa risorsa idrica, è quello di integrare i diversi sistemi di monitoraggio del sistema suolo/pianta/atmosfera fin qui illustrati. Un esempio in questa direzione è stato sviluppato da un Gruppo Operativo per l’Innovazione che ha visto coinvolti CER, Distal-Unibo, Arpae e numerosi partner del mondo agricolo nel progetto “Integrazione sensori e Irrinet”, finanziato dalla Regione Emilia-Romagna nell’ambito del PSR 2014-20, mirato ad integrare sensori presenti in azienda al sistema Irriframe, in modo da validare e, se necessario, correggere in tempo reale le indicazioni irrigue del portale Irriframe sulla base di dati reali provenienti dall’azienda stessa.
A questo scopo sono stati sviluppati appositi protocolli di comunicazione via web (“web-api”) che integrano il sistema con le informazioni provenienti dal servizio di supporto decisionale basato sulla crescita del frutto e fornito dalla “start up” HK (“Horticultural Knowledge”, srl; www.hkconsulting.it). Se, in base ai rilievi in campo della velocità di accrescimento dei frutti, effettuati con un apposito calibro dotato di memoria (“datalogger”), la pezzatura finale stimata da HK risulta inferiore a quella desiderata, poiché questa informazione arriva automaticamente a Irriframe, il sistema può calcolare una “ricetta irrigua” personalizzata, aumentando l’apporto idrico per allineare la pezzatura finale con l’obiettivo prefissato, sulla base di algoritmi messi a punto da CER e Distal-Unibo in precedenti sperimentazioni condotte su pero e melo . Analogamente, eventuali dati provenienti da centraline meteo o sensori dell’umidità del suolo presenti in azienda sono stati integrati nel sistema e utilizzati, dopo una opportuna validazione attraverso gli algoritmi del modello, per eventualmente correggere in maniera precisa il bilancio idrico della coltura.
Razionalizzare i sistemi irrigui per adattarsi ai cambiamenti climatici
In un altro Gruppo Operativo per l’Innovazione, coordinato dal CER, in collaborazione con Distal-Unibo, CNR Ibimet, Fondazione F.lli Navarra e CRPV, e col concorso di numerose realtà del mondo produttivo frutticolo, si è cercato di fare sintesi su come gestire al meglio l’irrigazione delle colture arboree in tempi di cambiamento climatico. Come conclusione del presente articolo si possono indicare i principali punti emersi dalle ricerche condotte nel triennio 2016-18:
- occorre utilizzare criteri oggettivi e misurabili per la gestione irrigua, disponendo di bilancio idrico integrato con sensori clima/suolo/pianta, indipendentemente dal sistema irriguo impiegato, come descritto in precedenza;
- occorre dimensionare correttamente gli impianti irrigui (in particolare i sistemi di irrigazione localizzata a goccia), considerando che i valori di evapotraspirazione di punta negli ultimi anni sono stati spesso superiori ai 6-7 mm/giorno, rispetto ai 4-5 mm del decennio precedente, in modo da poter restituire nell’arco della giornata i volumi corrispondenti, considerando anche le rotazioni tra i diversi settori del frutteto;
- nelle giornate di forte domanda evapotraspirativa è consigliabile frazionare l’irrigazione in più interventi nel corso della giornata, sfruttando le rotazioni tra i diversi settori del frutteto, per evitare perdite per percolazione in profondità ed eccessiva compattazione dei terreni; per migliorare l’efficienza di applicazione si possono adottare ali interrate che portano l’acqua direttamente nella zona di terreno maggiormente colonizzata dagli apparati radicali;
- dalle prove è emersa anche l’importanza della scelta di portinnesti aridoresistenti: nel pero, per esempio, il Cotogno MC (clonale e nanizzante), poco vigoroso, esplorando un volume ridotto di terreno, non può prescindere dall’irrigazione per ottenere rese economicamente sostenibili e frutti di pezzatura commerciale. Stesso discorso per il franco ibrido Farold, per opposte ragioni: essendo molto vigoroso, necessita di irrigazione in modo da contrastare il rigoglio vegetativo e ottenere produzioni di rilievo. Gli altri Cotogni Sydo e MH riescono invece ad ottenere discrete produzioni e pezzature elevate anche in condizioni di limitato soddisfacimento idrico e si avvantaggiano meno dell’irrigazione in termini di incremento percentuale rispetto al controllo non irrigato; sono quindi da preferire in caso di apporti idrici limitati;
- in caso di ondate di calore, infine, con previsioni di temperature massime superiori a 33-35°C, chi dispone di impianti ad aspersione sopra chioma può effettuare interventi climatizzanti in corrispondenza delle ore centrali, preferibilmente con impianti dotati di micro e mini-sprinkler, che ottengono un maggior raffreddamento degli organi vegetali in virtù di gocce più grandi rispetto ad irrigatori che nebulizzano maggiormente il getto. La climatizzazione, tuttavia, non ha indotto incrementi di produzione, anche in annate come il 2017, decisamente calde e siccitose, nonostante la normale irrigazione. Solo su melo e solo nel 2017 si è registrato un incremento di pezzatura intorno al 10%. Tuttavia, il risultato non è statisticamente significativo e si è avuta una maturazione meno avanzata, con minore percentuale di scottature e intensità di colore dei frutti. Queste considerazioni evidenziano come l’irrigazione climatizzante soprachioma, sicuramente interessante per favorire la produzione in zone caldo-aride, sulla base dei risultati riportati in letteratura sembrerebbe invece una pratica poco sostenibile nell’areale ferrarese, in termini sia economici, che di risparmio idrico, che non produce effetti evidenti su resa e qualità delle specie indagate, probabilmente in virtù delle elevate umidità relative dell’ambiente padano