Durante il 2018 la produzione mondiale di noci in guscio ha raggiunto ben 2.000.000 di t, che corrispondono a ben 880.000 t di gherigli edibili. Negli ultimi 10 anni si è avuto un incremento costante del 4% annuo. Molto importante è anche il rapporto guscio/gheriglio che è passato dalla storica media ponderale del 40% all’attuale 44 %, quindi un +10%, che significa valore puro in termini reali ed economici di mercato.
Al confronto, le quantità prodotte nel 2018 con la media degli ultimi 5 anni (2012-‘17) si evidenziano importanti incrementi nei seguenti Paesi: Cile con un record del 40%; Iran col 20% e a seguire Cina, USA e Ucraina con circa il 10%. Si affacciano sullo scenario produttivo mondiale ben 112 Paesi, di cui oltre 90 di antiche tradizioni, tra Emisferi Nord e Sud, e non ultimi Australia, Nuova Zelanda e Tasmania.
La varietà Chandler (ottenuta all’Università di Davis in California) oggi va per la maggiore, sia in California, sia in Cile e anche in Italia. Attualmente è presente solo a titolo sperimentale anche in Paesi a clima freddo, poiché questo è il limite di rischio della varietà. Per verso, spostandoci in Cina, emergono ben quattro varietà importanti per produzione e resa di gheriglio, anche superiore al 60% di prodotto sgusciato e con colorazione molto chiara (“light” ed “extra light”) fino all’80%: si tratta delle varietà Xin 2 e 185, promosse dall’Università di Aksu, nonché Zhonglin 1 e Xiangling, promosse dal Centro di ricerca sul noce di Shanxi. Queste nuove varietà si distinguono per il guscio sottile, piuttosto tondeggiante, di facile sgusciatura, con fruttificazione laterale, alta intensità in campo (250-400 piante/ha), resistenti a temperature fino a -20°C durante il riposo invernale, fioritura a fine aprile/inizi maggio, epoca di raccolta a fine settembre.
Il mercato
Grandi prospettive si aprono al settore e sono rappresentate dal quasi completo assorbimento della produzione cinese nel proprio mercato domestico. Anche l’India, che dispone di limitate produzioni nella regione del Kashmir, è divenuta importatrice di noci in guscio, al pari di anacardi e mandorle, che vengono poi processate in loco, aiutando anche l’economia dei villaggi rurali. Cina e Vietnam sono Paesi virtuosi che hanno una capacità di processo tale da importare noci in guscio da California e Cile per riesportare il prodotto lavorato ed essere ancora competitivi.
Differente dal punto di vista statistico è la situazione dell’Est Europeo, in particolare Ucraina, Moldavia, Romania, Ungheria e Georgia. Infatti, i dati riportano produzioni sparse nei territori dell’ex URSS a seguito del maxi progetto sovietico del 1935, riattivato dopo la seconda guerra mondiale nel 1947, esteso ben 5.500 kmq, atto a fornire frutta a guscio per tutti i consumatori dell’Unione Sovietica. I noceti, risalenti agli anni’60 -’80, non intensivi, si estendevano lungo le maggiori strade nazionali e ai confini dei Kolkhoz. Solo da inizio 2000 si contano impianti specializzati con intensità di 160 piante/ha e, più recentemente, 200-250-400 piante/ha. I vecchi noceti erano costituiti da molteplici varietà locali di Juglans regia, sviluppate da centri di ricerca ungheresi, serbi, rumeni e soprattutto moldavi, che hanno poi ereditato la famosa collezione di Ĉernivci in Ucraina.
Solo recentemente si è passati alle varietà Franquette, Fernor, Milotai, Kazau, Pescianski e Lara in quantità sporadica. La resa in gheriglio è in lieve aumento e si prevede per i prossimi 10 anni una vera e propria rivoluzione con il taglio delle vecchie piante, ormai obsolete, e il rinnovo dei noceti a media/alta intensità. Si passerà dalle attuali 200.000 t a 300.000. Si tratta di investimenti importanti dal punto di vista sia finanziario, sia qualitativo.
I consumi
A sostegno del nostro incoraggiamento desidero confermare alcuni dati sui consumi pro capite. Occorre evidenziare che questi dati rappresentano consumatori abituali di frutta secca e quindi selezionati e ragionati e non derivano da medie aritmetiche; sono dunque dati estremamente veritieri. È chiaro ed evidente quanto grande sia il gap e quali opportunità di maggiori consumi avremo dalla nuova domanda del mercato italiano, ma soprattutto cinese, indiano e di Paesi satelliti facenti parte dei 3 miliardi di potenziali consumatori nel 2030.
La nostra Fondazione INC (International Nut Council), forte di oltre 900 membri diffusi in 80 Paesi e 5 continenti, è particolarmente attenta all’equilibrio dell’offerta e della domanda e da anni ha anticipato i tempi per la disseminazione delle numerose ricerche scientifiche da essa ispirate e finanziate. I consumi si espanderanno, come detto, per le noci”come prodotto sgusciato, sotto forma sia di snack naturale, sia di ingrediente essenziale per una miriade di prodotti preparati e processati da artigiani del gusto, chef e grandi industrie del food globale. Cina e India saranno i grandi protagonisti e le recenti scaramucce provocate dalla guerra dei dazi, iniziata dall’amministrazione USA, non ha rallentato certamente i consumi in Oriente.
A noi resta il compito di migliorare la qualità e di ottimizzare coltivazioni e produttività attraverso una agricoltura moderna e dinamica.
Le noci vogliono uscire dal guscio grazie al bio
La sempre maggiore attenzione degli italiani per il benessere individuale, da conseguire anche attraverso uno stile alimentare salutistico, ha riportato in auge la frutta in guscio e in particolare la noce, il prodotto di uno dei più antichi alberi conosciuti dall’uomo. La popolarità delle noci è cresciuta considerevolmente negli ultimi anni sull’onda dei molteplici benefici (sono ricche di antiossidanti, di Omega 3 e 6, proteggono da scompensi cardiaci e malattie correlate, dall’invecchiamento, ecc..) riconosciuti loro dalla scienza medica e subito recepiti dalla pubblica opinione.
In Italia il consumo di noci, anche se ha i suoi picchi durante il periodo natalizio, ha iniziato a diffondersi anche durante il resto dell’anno. Questa tendenza è agevolata dal fatto che questo frutto, sgusciato, è consumato con sempre maggiore frequenza durante la giornata, anche come snack (in confezioni di 30-100 g) dalle generazioni più giovani. La quota prevalente dei consumi nazionali rimane comunque il prodotto in guscio, destinato al consumo domestico.
La noce può viaggiare anche su lunghe distanze senza subire alterazioni rilevanti ed essere conservata a lungo e questo ha agevolato gli arrivi di prodotto in guscio da tutto il mondo. Il mercato è quindi oggi appannaggio delle forniture estere (Stati Uniti, Francia) perché, pur potendo vantare alcune varietà autoctone rinomate (“gruppo Sorrento”), nel tempo la superficie coltivata si è progressivamente contratta; è mancato il rinnovamento varietale e la produzione si è ridotta, rendendo l’Italia importatrice netta di noci, in guscio e sgusciate. Nel 2018 il saldo della bilancia commerciale (E-I) è stato passivo per -105 Ml €, corrispondenti a -42.563 t di prodotto. In dettaglio, circa il 70% del valore del deficit è attribuibile all’importazione di noci in guscio e il restante 30% a noci sgusciate.
Il vissuto della noce come prodotto nutraceutico ha però risvegliato l’interesse del settore primario per questa coltura, ma in aree diverse da quelle tradizionali del Mezzogiorno (Campania). In particolare, in Emilia-Romagna e Veneto vi sono oggi aziende agricole che puntano a creare uno spazio di mercato per la produzione regionale, facendosi largo rispetto alla concorrenza straniera. Il rilancio della coltura è stato pianificato su nuove basi, più adatte al mutato scenario competitivo: impianti specializzati, ad alta densità, con potatura meccanica per avere un prodotto di qualità mantenendo i costi sotto controllo; varietà americane (Chandler, Howard) e, daultim, come novità aggiuntiva, anche tecniche di coltivazione “bio” per venire incontro alla sempre più marcata sensibilità dei consumatori per la sicurezza alimentare e la sostenibilità ambientale, così differenziando l’offerta.
Una produzione moderna realizzata con tecniche bio, in prospettiva, può avere pochi competitori, gettando le basi per creare una filiera regionale, unica nel panorama nazionale. D’altra parte, poiché si è alla presenza di un modello di business in fase di introduzione c’è il bisogno di supportare lo sforzo produttivo con un “marketing-mix” mirato a qualificare la noce bio rispetto a quella convenzionale, costruendo un profilo specifico per questo frutto.