Presso la Libera Università di Bolzano si è svolto dal 27 al 30 giugno 2017 l’VIII simposio internazionale sulla nutrizione minerale delle piante da frutto, sotto l’egida dell’International Society for Horticultural Science (ISHS) e in collaborazione con la Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana (SOI). Massimo Tagliavini e Stefano Cesco hanno coordinato l’organizzazione dell’evento. Al simposio era collegata una giornata di aggiornamento tecnico della SOI sulla “fertirrigazione delle colture da frutto”, svoltasi il 26 giugno. All’evento ISHS hanno partecipato circa 150 persone provenienti da 36 nazioni. Corposa la presenza di rappresentanti del mondo della consulenza tecnica e delle ditte produttrici di fertilizzanti (circa 40 delegati).
Le 23 presentazioni orali, suddivise in 5 sezioni (assorbimento e allocazione dei nutrienti, nutrizione minerale e stress ambientali, nutrizione minerale e qualità dei frutti, tecniche agronomiche e nutrizione minerale, metodi per apportare i nutrienti), sono state introdotte da 6 relazioni ad invito che hanno inquadrato le tematiche più recenti ed importanti. Erano presenti anche 60 poster, distribuiti in due sessioni, riassunti in aula da un moderatore. Il simposio è stato chiuso da un contributo commemorativo del prof. Andrzej Sadowski, fondatore del gruppo di lavoro sulla nutrizione minerale dell’ISHS.
La relazione introduttiva, tenuta da Denise Neilsen del Summerland Research and Development Centre (Canada), ha inquadrato le problematiche che la moderna frutticoltura si trova ad affrontare come conseguenza del cambiamento climatico e sottolineato la necessità di sviluppare sistemi colturali e tecniche di gestione che aumentino la resistenza e la resilienza agli stress. Un aspetto particolarmente critico da tenere in considerazione riguarda il fatto che i cambiamenti climatici non sono graduali, ma si manifestano più frequentemente con eventi improvvisi ed estremi (es. periodi siccitosi prolungati seguiti da piogge torrenziali, periodi di gelo improvviso e fuori stagione, uragani, ecc.). Questi eventi sono molto difficili da prevedere e richiedono particolari accorgimenti. È fondamentale, inoltre, mettere in atto nuove strategie di gestione dei sistemi agrari, atte ad ottimizzare l’uso dell’acqua e ad aumentare la salute del suolo e la biodiversità, per favorire la gestione dei nutrienti ed il controllo dei patogeni e mitigare le emissioni di gas serra attraverso la diminuzione degli input idrici e nutrizionali.
Fra le varie possibilità, la dott.ssa Neilsen ha sottolineato la necessità, ripresa poi da diverse altre relazioni, di prestare la massima attenzione all’ambiente suolo, inteso sia come caratteristiche fisiche e chimiche del suolo in quanto tale, sia come interazioni fra le radici degli alberi, i microrganismi del suolo ed il suolo stesso. In particolare, un aumento della sostanza organica potrebbe largamente supportare le colture arboree in presenza di stress biotici ed abiotici. La sostanza organica e gli organismi che vivono nel suolo, ne migliorano la struttura, favoriscono la ritenzione dell’acqua, aumentano la mineralizzazione e l’assorbimento da parte delle radici dei nutrienti ed aiutano a limitare l’espansione dei patogeni. L’uso della pacciamatura, per esempio, stimola la crescita della biomassa microbica, l’attività fosfatasica, il potassio scambiabile e le frazioni reattive di azoto e carbonio.
Il ruolo delle radici e della rizosfera
Sebbene le conoscenze sulla fisiologia delle radici siano recentemente aumentate anche grazie a nuovi approcci metodologici, rimane molto lavoro da fare per comprenderne appieno le loro potenzialità nell’assorbire i nutrienti. Gli studi dovrebbero focalizzarsi anche sulle interazioni fra nesto e portinnesto. Come sottolineato dal Gennaro Fazio (Cornell University, USA), i recenti programmi di miglioramento genetico dei portinnesti stanno creando grandi aspettative riguardo ad una futura disponibilità di portinnesti particolarmente adatti ad assorbire in modo efficiente i nutrienti.
Quando si parla di disponibilità di nutrienti occorre ragionare specificatamente su quel volume di suolo direttamente influenzato dall’attività radicale, la rizosfera, che ha caratteristiche fisico-chimiche e microbiologiche diverse da quelle che emergono da una normale analisi del suolo. Il pH della rizosfera, che cambia a seconda delle condizioni ambientali o degli input (per esempio, tipo concime azotato: nitrico o ammoniacale), è fondamentale per modulare la disponibilità di nutrienti e quindi il loro assorbimento da parte delle radici. A questo proposito, come sottolineato nella relazione di Tanja Mimmo (Libera Università di Bolzano), va tenuto in considerazione che spesso la carenza di un nutriente può causare sbilanciamenti nell’assorbimento e nella distribuzione di altri nutrienti, che ad una prima analisi sembrerebbero essere presenti nel suolo in quantità sufficienti.
La possibilità di modificare in modo preciso le caratteristiche chimiche e biologiche nella rizosfera apre grandi prospettive per l’agricoltura di precisione. La rizosfera è infatti considerata al centro della “seconda rivoluzione verde”, che a differenza della “prima rivoluzione verde”, basata su piante adattate a crescere in suoli con alta disponibilità di nutrienti, si dovrà fondare su piante tolleranti a suoli con bassa disponibilità di nutrienti. Ciò sarà possibile grazie a nuovi genotipi con una più alta capacità di accumulare nutrienti, in grado di consentire un’adeguata produzione anche in condizioni ambientali avverse. Contemporaneamente, è necessario anche tenere in considerazione i microrganismi con cui la radice entra in contatto e che possono contribuire al benessere della coltura. Come sottolineato nella relazione di Ibrahim Ortas (Università di Çukurova, Turchia), particolarmente promettenti sono le micorrize arbuscolari, funghi che entrano in simbiosi con le radici e le cui ife si estendono nel suolo circostante anche per diversi metri, penetrando i pori più piccoli e favorendo, con la loro attività biologica, l’assorbimento di nutrienti, specialmente fosforo, ma anche azoto e acqua. Ciò potrà contribuire a mantenere una produttività tale da soddisfare la domanda di cibo da parte di una popolazione in attiva crescita, senza dover aumentare la superficie agraria coltivata.
Monitoraggio dello stato nutrizionale
Uno degli aspetti critici della moderna frutticoltura è quello di avere a disposizione strumenti rapidi, affidabili e possibilmente economici per valutare lo stato nutrizionale dell’albero in tempo per poter rimediare eventuali carenze. Negli ultimi anni si è assistito ad un proliferare di tecniche alcune delle quali sono già a disposizione dei tecnici e degli agricoltori mentre altre hanno bisogno di ulteriori studi. Una novità emersa dal convegno ha riguardato l’uso di strumenti portatili basati sui raggi X, un metodo rapido e, soprattutto, non distruttivo per misurare alcuni nutrienti nei frutti, o sulla spettroscopia a raggi infrarossi (“Fourier Transform Infra Red Spectroscopy”), altamente predittiva per la fisiopatia chiamata “butteratura amara”.
In particolare, Lee Kalcsits della Washington State University (USA) ha presentato un nuovo strumento chiamato PXRF (“portable X-ray fluorometer”) con il quale è possibile rilevare il rapporto potassio/calcio e prevedere lo sviluppo della butteratura amara. Da un punto di vista sperimentale, attraverso questa tecnica di visualizzazione in 3D, gli autori contano di determinare la relazione fra calcio ed altri nutrienti nei casi di butteratura amara e di capire i meccanismi di assorbimento e distribuzione del calcio. Il fine ultimo è quello di determinare i meccanismi che porta allo sviluppo di disordini nutrizionali correlati alla carenza di calcio negli alberi da frutto. L’analisi può essere effettuata mediante strumenti portati da un operatore, da sensori installati su trattori o da sonde installate permanentemente nel frutteto sia a livello del suolo che su torri appositamente costruite. Un’altra possibilità estremamente promettente è il rilevamento da remoto mediante satelliti, droni ed aeroplani.
Effetto dei nutrienti sulla qualità dei frutti
Molti contributi si sono focalizzati sull’effetto che i diversi nutrienti hanno sulla qualità dei frutti. Per esempio, Yang e Tong (Northwest University, Cina) hanno dimostrato che l’applicazione al kiwi di concimi contenenti basse quantità di cloro può determinare un aumento del contenuto di zuccheri solubili, migliorare il rapporto tasso zuccherino/acidità e ridurre il contenuto di acidi titolabili, senza che si manifestino effetti negativi sul suolo, quantomeno nel breve periodo. In fragola, invece, l’irrigazione fogliare con potassio ha chiaramente migliorato la qualità dei frutti, aumentando il contenuto di solidi solubili totali e l’indice di dolcezza mentre composti fenolici, i flavonoidi ed i flavonoli non sono influenzati dal trattamento. Inoltre, un più alto rapporto potassio:calcio favorisce la compattezza del frutto e la sua durabilità.
Particolarmente interessante è stata la relazione di Arnon Dag (Agricultural Research Organization, Israele) che ha riportato i risultati dell’effetto di dosi crescenti di azoto, di fosforo e di potassio applicati ad alberi di olivo. Il fosforo e l’azoto, ad esempio, hanno mostrato un effetto positivo sulla produzione di olio, ma in dosi eccessive, entrambi riducono la produttività e la qualità dell’olio. L’azoto nel frutto è correlato positivamente all’acidità dell’olio, ma negativamente sia al contenuto in polifenoli che a quello di acido oleico. Il potassio, invece, ha un effetto relativamente basso sia sulla produzione che sulla qualità, e quando presente in basse quantità può essere sostituito dal sodio in alcuni processi. Con il passaggio da una olivicoltura tradizionale, di solito non irrigata, ad una più moderna e intensiva, anche l’irrigazione, sia in termini di qualità che di quantità di acqua fornita, ha assunto una notevole importanza anche per questa coltura.
Tecniche di distribuzione dei fertilizzanti
Molti lavori riportati in questo simposio hanno evidenziato l’efficacia della concimazione fogliare sulla qualità dei frutti: alcuni esempi hanno riguardato l’applicazione di potassio nelle fragole, di zinco nei mandorli e nei meli, di calcio e boro nelle mele per ridurre i danni da eccessiva esposizione al sole nelle mele, e l’applicazione fogliare di fosforo per superare i problemi di disponibilità nel suolo, quando questo è troppo calcareo. Inoltre, è stato sottolineato come l’applicazione fogliare possa essere utilizzata efficacemente anche in agricoltura biologica.
Alla fertirrigazione sono state dedicate molte relazioni. Tale tecnica permette di fornire quantità di nutrienti adatte alle necessità della pianta, nei tempi adeguati e in una forma altamente disponibile per un immediato assorbimento da parte delle radici. Si tratta infatti di uno strumento per ottenere buone produzioni, minimizzando le contaminazioni ambientali. Come sottolineato da alcuni interventi, la fertilizzazione e le tecniche di gestione della superficie del suolo dovrebbero abbassare l’emissione di gas serra. Per esempio, studi recenti hanno dimostrato che l’uso di pacciamanti o l’irrigazione con micro-sprinkler in vigneti e meleti possono contribuire a ridurre le emissioni di ossidi di azoto del 20-30%.
Visite tecniche
Un’intera giornata è stata dedicata a visite tecniche organizzate in collaborazione con il Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg ed il Centro di Consulenza per la frutti-viticoltura altoatesina, grazie al contributo di W. Guerra, M. Thalheimer, M. Ladurner e W. Drahorad. I partecipanti hanno potuto conoscere ed apprezzare il sistema frutti-viticolo altoatesino con approfondimenti sui metodi di gestione del suolo, dell’irrigazione e della concimazione tipici della regione.
Conclusioni
Dalle relazioni presentate, che fotografano lo stato dell’arte sul tema della fertilizzazione delle colture arboree a livello mondiale, risultano chiare le sfide che il mondo produttivo dovrà affrontare per conciliare la redditività del processo produttivo e la sua sostenibilità dal punto di vista ecologico. In sintesi, le tematiche di ricerca più attuali, sia nei Paesi in via di sviluppo che in quelli sviluppati, riguardano l’uso della genetica per sviluppare piante più resistenti o resilienti agli stress e lo sviluppo di tecniche che permettano lo sfruttamento delle risorse nutritive già esistenti nel suolo e la somministrazione precisa e mirata di concimi. Importante è anche lo sviluppo di tecniche diagnostiche che permettano di valutare lo stato nutrizionale dell’albero in tempo reale e possibilmente in modo non distruttivo in modo da poter intervenire tempestivamente in caso di necessità.
Sorprendentemente, o forse no, queste tematiche erano già state evidenziate da Anderzej Sadowski nel 1989. Si avverte tuttavia l’esigenza di poter condurre prove a lungo termine, che oggi, per ragioni spesso dovute alla mancanza di finanziamenti costanti dei progetti di ricerca, sono sempre più rare.
Durante il “business meeting” è stato deciso di assegnare al dr. Arnon Dag del Gilat Research Center l’organizzazione del prossimo simposio del gruppo di lavoro, in Israele nel 2020. La dott.ssa Elmi Lötze, dell’Università di Stellenbosch in Sud Africa, è stata eletta nuovo presidente del gruppo di lavoro sulla nutrizione minerale delle piante da frutto dell’ISHS in sostituzione del prof. Massimo Tagliavini che ha terminato il proprio mandato quinquennale.
Gli atti del simposio, pubblicati nella serie ISHS Acta Horticulturae (www.actahort.org), saranno curati dalla dott.ssa F. Scandellari, dalla prof.ssa T. Mimmo e dal dr. Y. Pii. Sul sito web del convegno è possibile trovare molte altre informazioni sull’evento.