In una prospettiva di significativa crescita della popolazione mondiale (si stimano 9 miliardi di individui nel 2050) è fondamentale che le risorse del pianeta vengano salvaguardate. La distruzione del capitale naturale, per esempio attraverso il cambiamento climatico, la perdita di risorse genetiche o l’erosione dei suoli mettono in pericolo il futuro della popolazione mondiale e incrementano il rischio di una povertà diffusa. L’individuazione di percorsi di crescita sostenibile rappresenta una chiave strategica per la corretta interpretazione degli scenari evolutivi ed è in questo senso che l’agricoltura biologica si qualifica come uno dei contributi più importanti.
Le molteplici iniziative volte a promuovere una produzione agricola sempre più sostenibile sono risposte concrete a problematiche di natura economico-sociale (quelle già accennate, ma anche la tutela del benessere animale e la sicurezza alimentare). Ma il vero effetto domino – attivatore di nuovi modelli di crescita – è rappresentato dal consumatore, che rivolge oggi un’estrema attenzione alle tematiche dell’ambiente, della “food safety”, dell’”animal welfare”, rappresentando così il soggetto propulsore sulla filiera agroalimentare da cui attende risposte precise.
In questo scenario l’agricoltura biologica italiana ha avuto una dinamica di sviluppo del tutto particolare e autonoma rispetto a quella convenzionale. In particolare, negli anni ’80 e ‘90 le produzioni biologiche riflettevano la ricerca di maggiore sicurezza alimentare da parte di un consumatore scosso dal disastro di Chernobyl e della “mucca pazza”. Al contrario, a partire dal 2000 la crescita del biologico è il risultato più evidente del diffondersi di una specifica cultura di alimentazione e non più la reazione a una perdita di fiducia nei meccanismi di tutela della salute pubblica. Nel panorama del settore agro-alimentare italiano le produzioni biologiche oggi stanno gradualmente conquistando un loro ruolo, trovando una specifica fisionomia: un’offerta di prodotti agricoli e alimentari che, grazie a peculiari tecniche agronomiche e di trasformazione, favorisce il recupero di prodotti dalle tradizioni agricole locali e ne propone di innovativi (basta pensare alle nuove tendenze “veg”) offrendo opportunità di diversificazione anche all’industria di trasformazione.
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