Di tutte le fasi di sviluppo di una coltura, quelle più importanti sono la semina e il trapianto.
È ilmomento in cui si gettano le fondamenta dell’apparato radicale e in cui si differenziano i primi fiori o grappoli fiorali, ovvero spesso quelli di maggior precocità e valore. Anche l’equilibrio vegetativo e riproduttivo, che ci porteremo appresso per almeno 4-5 settimane dopo il trapianto, si forma in vivaio. È anche lo stadio di maggior rischio di contaminazioni fungine, batteriche o virali, che poi normalmente ci trasciniamo per tutta la vita della coltura.
Tanto è delicata questa fase, tanta è la frequenza di molti banali errori che, se non contrastati, rischiano di compromettere l’intero risultato delle nostre colture. Analizziamoli in dettaglio al fine di prevenirli.
Programmazione e igiene
Prima ancora che di tecnica colturale, la conduzione di un vivaio è una questione di accurata programmazione: delle semine, dei trapianti, dei ripicchettamenti, della densità colturale e dei tempi di vendita, oltre ovviamente alla tempistica delle operazioni colturali (trattamenti, concimazioni, potature, ecc.).
Il primo fattore da pianificare in vivaio, comunque, è sicuramente l’igiene. Piante piccole, quindi tenere, altissima densità di piantagione, frequenti irrigazioni, ferite (innesti, potature): la fase vivaistica è sicuramente il luogo migliore per rischiare precoci infezioni. Senza contare i rischi di contaminazione, soprattutto batterica, che possono derivare da semi non certificati o, peggio, di provenienza incerta.
Non solo i visitatori di un vivaio dovrebbero essere sottoposti a stretta “profilassi”, ma anche gli operai della struttura stessa e, soprattutto,…il titolare!
Una buona pratica vivaistica, invece, dovrebbe sempre comprenderemisure preventive quali: controllo sistematico di tutte le partite di seme in ingresso; uso di substrati professionali e sterili; disinfezione continua e programmata di tutti gli attrezzi di lavoro; cambio di abiti e calzature in ingresso per tutti gli operatori del vivaio (compreso il titolare e i tecnici, i più pericolosi!); limitazione alminimo indispensabile dell’accesso di tecnici, rappresentanti e, soprattutto, clienti… Anche la densità colturale andrebbe attentamente programmata, tramite la spaziatura, sia in rapporto allo stadio di sviluppo delle piante, sia in funzione del clima.
Molti vivaisti evitano completamente tale operazione o, al massimo, la riducono a 2 soli passaggi, mentre andrebbe modulata su almeno 3-5 stadi. Lo si fa soprattutto per comprimere i costi aziendali, ma non è una buona premessa per ottenere piante perfette. La soluzione esiste, e prevede l’uso di alti livelli di automazione, ma si tratta di investimenti fuori portata dei vivai italiani, troppo piccoli per poterli ammortizzare.
La selezione del materiale di propagazione
Un frequente errore in vivaio è pensare che tutto il materiale di propagazione che viene utilizzato, seme o talea, debba o possa essere venduto al cliente finale.
Non è un problema del solo vivaista che, con tale comportamento, cerca di massimizzare la resa in piantine del suo m2 di vivaio, ma è spesso responsabilità anche dell’acquirente, che non si rende ben conto delle conseguenze negative che ha sulla produttività della coltura una partenza con materiale eterogeneo. I clienti, al contrario, dovrebbero essere più esigenti in fatto di omogeneità del materiale di propagazione e, ovviamente, essere anche disposti a spendere un prezzo più alto per una fornitura eccellente.
È buona pratica, invece, quella di selezionare le piantine, non solo in base a parametri quali quantitativi (diametro del fusticino, area fogliare, vigore, etc.),ma anche in base alla contemporaneità di germinazione.
Nel caso del pomodoro da mensa, ad esempio, andrebbero utilizzati solo i semi che germinano nei primi 4-5 giorni. Se si somma questa percentuale di scarto alla mancata germinazione, ne consegue che, per ottenere 100 piante perfette al trapianto, sarebbe necessario utilizzare ca. 135-145 semi. È stato dimostrato più volte che il maggior valore del raccolto vale circa 10 volte il costo di tale selezione spinta … ma quanti coltivatori lo sanno?
La fertirrigazione in vivaio
“Pianta piccola = piccolo fabbisogno”, di acqua ed elementi nutritivi, è un’altra errata convinzione molto diffusa nei vivai. A essere più precisi, è vero esattamente il contrario: un’alta concentrazione di nutrienti, ovvero un’elevata conducibilità (Ec) delle soluzioni fornite è spesso uno strumento indispensabile per ottenere tessuti consistenti, piante compatte è più generative.
Alle giovani piantine è necessario fornire soluzioni nutritive complete di macroe microelementi fin dalla saturazione dei substrati in cui vengono fatti germinare i semi. Nel caso di semina di piante orticole, ad esempio, si usano di solito soluzioni nutritive con Ecmassima di 1-1,5mS/ cm, mentre è stato dimostrato più volte che risultati ottimali si ottengono con Ec di 2,5-3,5 mS fin dalla fase di germinazione.
Che fa danni, invece, è spesso un innalzamento repentino di Ec, conseguenza di una disidratazione spinta del substrato di propagazione. Non solo la disidratazione non consegue gli scopi per cui di solito viene praticata, quali rallentamento della crescita, compattamento della pianta, indurimento dei tessuti (si tratta, infatti, di effetti temporanei che, dopo il trapianto, di solito si ritorcono nel loro contrario), ma è anche spesso la premessa per gravi danni alle radici. La disidratazione spinta della torba crea una contrazione delle fibre a cui sono ancorate le giovani e tenere radichette, provocando numerose micro-fratture, una vera e propria autostrada per gli attacchi di Pythium, ad esempio.
Una buona pratica vivaistica, pertanto, deve prevedere l’uso di soluzioni complete e di un’alta Ec fin dalle prime fasi di semina, oltre almantenimento di un livello di saturazione idrica relativamente elevato nei substrati.
Per quel che riguarda lemodalità di somministrazione delle soluzioni nutritive, la tecnica più efficiente è sicuramente la sub-irrigazione (ebb&flood system), accompagnata da alcune somministrazioni sovra-chioma per aspersione o nebulizzazione. In questo modo si possono fornire soluzioni con salinità più alta alle radici (fino a 4-4,5 mS/cm di Ec), senza il rischio di danneggiare le foglie per deposito di sali, in concomitanza con elevata insolazione. L’irrigazione sovra chioma, invece, andrebbe usata solouna tantum per omogeneizzare la concentrazione di sali lungo il profilo verticale dei substrati di propagazione.
La gestione del clima
Un clima ottimale in vivaio è uno strumento fondamentale per impostare l’equilibrio vegetativo e riproduttivo delle giovani piante, che si protrarrà poi anche nelle prime 2-3 settimane dopo la messa a dimora definitiva.
La luce, ovvero la disponibilità di radiazione fotosinteticamente attiva (Par), è sicuramente il fattore fondamentale, quindi andrebbe incentivato sia l’uso della luce artificiale nei mesi invernali (4-6 Klux), quando è il principale fattore limitante, sia l’uso di schermi mobili ombreggianti in estate, quando la radiazione è spesso eccessiva, oppure di sistemi di raffreddamento evaporativi (fog o cooling system).
Nella pratica corrente, invece, soprattutto in clima mediterraneo, si osserva spesso un uso eccessivo di ombreggi fissi (reti o imbiancamento), con una % di riduzione pure eccessiva della radiazione. La conseguenza è che si riduce sì leggermente la temperatura interna, ma contemporaneamente si riduce in modo più che proporzionale anche la radiazione fotosinteticamente attiva (Par).
I risultati sono spesso negativi: piantine esili e filate e malformazione dei primi grappoli fioriali (alterazione della differenziazione a fiore delle gemme, a causa dello squilibrio tra radiazione disponibile e temperaturamedia delle 24h).
La regola corretta è: riduzione della radiazione fino al punto in cui non si può ridurre ulteriormente la temperatura media del vivaio. Molti vivaisti dimenticano che ilmiglior brachizzante per ottenere piante compatte è proprio la luce.
Controllo della taglia e della radicazione
Uno dei primi fattori che i clienti dei vivai osservano al momento dell’acquisto, quale indice di qualità, è la compattezza delle giovani piante. In generale può essere vero, ma non sempre è così. La piantina ideale è quella che ha sì una taglia compatta al momento del trapianto, ma che non ha mai subito “interruzioni di crescita” in vivaio.
Non vi è alcun dubbio che la fase vivaistica è anche il periodo fondamentale, di tutta la vita di una coltura, per costruire delle solide “fondamenta”, ovvero un apparato radicale sano e abbondante.
Se n’è già parlato ampiamente, quindi la pratica corretta, per ottenere entrambi i risultati voluti, si può così riassumere brevemente: alta Ec sin dalla semina; contenuto idrico del substrato alto e costante; uso corretto della luce quale “strumento di brachizzazione”.