La coltura del kiwi, in Europa, è diffusa in Italia, seguita da Grecia, Francia, Portogallo e Spagna, ma il nostro Paese ne ha sempre mantenuto la leadership produttiva, l’ha consolidata nel tempo e la mantiene tuttora. Per la campagna 2018-‘19 le più recenti previsioni attribuivano all’Italia il 57% di una produzione comunitaria di circa 762.000 t, in forte crescita rispetto al 2017-‘18 (+9%) (Fonte: IKO, settembre 2018). L’Ue è quindi un’importante area di produzione per il kiwi (copre circa il 15% dell’offerta globale) e, nel corso del tempo, l’Italia ne è divenuta il secondo esportatore mondiale, alle spalle della Nuova Zelanda.
L’estendersi della produzione di kiwi anche in Europa ha allargato il bacino di produzione ad entrambi gli Emisferi e, contestualmente, ha reso il frutto disponibile al consumo nell’intero arco dell’anno. La diffusione della coltura nel nostro Paese e nel resto dell’Ue è il risultato dell’impegno della produzione associata e dei tecnici italiani ed europei alla costante ricerca di varietà che si adattino alle tipologie di suolo e di clima continentali. Il kiwi europeo può coprire i fabbisogni di consumo dei Paesi produttori e anche riuscire a ritagliarsi uno spazio commerciale sui mercati dell’altro Emisfero, sfruttando la diversa stagionalità.
Il kiwi è dunque un frutto consumato in tutto il mondo, con importanti bacini produttivi in tre (Eurasia, America e Oceania) dei cinque continenti[1] e che ha raggiunto un ruolo di rilievo anche nel panorama del commercio internazionale. In questo scenario, grazie soprattutto all’Italia, l’Ue è uno dei maggiori esportatori di kiwi, con un’offerta che è complementare a quella di molti altri Paesi extra-comunitari. Tuttavia, negli ultimi anni l’Emisfero Sud è andato acquisendo sempre maggiore peso commerciale e sta prendendo lentamente il sopravvento nel mercato mondiale, soprattutto per il dinamismo commerciale della Nuova Zelanda, che è il principale esportatore di questo frutto. La figura 1 mostra che nel periodo 2009-‘18 le esportazioni di kiwi in valore della Nuova Zelanda sono cresciute molto più velocemente di quelle dell’Italia. Il confronto tra i valori di prodotto esportati dai due Paesi, che era quasi paritario dieci anni fa, pende oggi nettamente a favore della Nuova Zelanda.
Tab. 1 - Kiwi: posizione competitiva dell’Italia in alcuni mercati esteri. | |||||
Graduatoria | Paese | Import 2018 (000 €) | Var. % 2018/16 | Quota di mercato Italia | Leader di mercato |
1 | Cina | 348.264 | 12,3% | 4,9% | N. Zelanda |
2 | Giappone | 313.342 | 20,9% | - | N. Zelanda |
3 | Belgio | 236.553 | 22,7% | 9,7% | N. Zelanda |
4 | Germania | 200.820 | 16,8% | 45,9% | Italia |
5 | Spagna | 192.464 | 24,7% | 17,4% | N. Zelanda |
6 | Francia | 147.385 | 48,7% | 24,7% | N. Zelanda |
Mondo | 2.699.747 | 13,2% | |||
Fonte: Elaborazioni Nomisma su dati Uncomtrade. |
Nel 2108 le esportazioni dell’Italia sono state di poco inferiori a 440 Mio euro, una cifra che è tre volte più bassa di quella del nostro principale competitor, attestato oltre 1,2 Mrd euro. L’aspetto paradossale è che il peso congiunto dei due Paesi sul valore del commercio mondiale di kiwi è salito dal 60 al 66%, ma, contestualmente, il loro peso relativo in termini di volumi commercializzati si è ridotto, scendendo, nello stesso periodo, dal 62,4 al 55,4% (dato non riportato in tabella). In pratica, nel 2018, con un volume di prodotto percentualmente più contenuto che in passato rispetto ai volumi totali esportati nel mondo, i due Paesi, congiuntamente, hanno intermediato una quota più alta del valore degli scambi. Questo è stato possibile perché il mercato attribuisce, soprattutto ai frutti della Nuova Zelanda, dei prezzi mediamente più alti che in passato e il motivo è che questo Paese ha saputo rinnovare la propria offerta.
Infatti, il moltiplicarsi dell’offerta di kiwi a polpa verde dovuta alla partecipazione al commercio internazionale di sempre nuovi Paesi produttori (Australia, Cile, Iran, Turchia), ciascuno con precisi obiettivi di crescita, ha reso questo frutto progressivamente sempre più disponibile, banalizzandolo, e comprimendo i margini di guadagno dei produttori. In tal senso, è emersa l’esigenza di segmentare il mercato per recuperare valore aggiunto lungo la filiera. In questa logica la Nuova Zelanda è stata capace di proporsi con un’imprenditorialità moderna, attenta all’evolversi delle attese dei consumatori e disposta a gestire con forme organizzative appropriate la pianificazione di azioni di comunicazione e marketing a sostegno delle vendite.
La gestione commerciale del kiwi neozelandese transita tramite Zespri – organizzazione che raggruppa 2.500 produttori – e ogni anno riesce a raggiungere nuovi, lusinghieri obiettivi di vendita. L’aspetto più interessante della strategia è la scelta, fatta a suo tempo, di puntare decisamente su varietà a polpa gialla e dolce (SunGold), a completamento della tradizionale offerta di kiwi a polpa verde (Hayward). In prospettiva, la nuova frontiera della ricerca sono i kiwi a polpa bicolore semi-rossa, quest’anno messi in vendita in volumi limitati, come “market test”, a partire da aprile ,in alcuni supermercati della Nuova Zelanda e a Singapore. In realtà la disponibilità di kiwi a polpa rossa risale al 2000, ma la prima generazione di piante ha risentito pesantemente delle conseguenze della batteriosi dell’actinidia (Pseudomonas syringae pv. actinidiae - Psa) e quindi si è dovuto attendere una seconda generazione.
Nelle intenzioni della Nuova Zelanda la varietà Sun Gold rimane al centro della crescita pianificata fino al 2025, ma nel lungo termine non c’è motivo per cui anche la categoria dei kiwi a polpa gialla screziata di rosso non possa replicare il successo di quelli a polpa interamente verde e gialla. Quest’ultima tipologia di frutto si caratterizza per essere diversa per sapore, consistenza e succosità dai kiwi gialli che, a loro volta, differivano parecchio da quello a polpa verde. L’allargamento dello standard varietale ha un ruolo fondamentale nell’espansione del mercato mondiale del kiwi e ha consentito alla Nuova Zelanda di assumere la leadership di mercato in alcuni dei principali Paesi importatori di ortofrutta (Tab. 1).
In quasi tutti i principali mercati di destinazione del kiwi la Nuova Zelanda detiene la leadership delle esportazioni e, quindi, è il principale fornitore estero. La posizione dell’Italia è di rincalzo anche in alcuni Paesi comunitari (Francia, Spagna), anche a causa della sovrapposizione di calendario con la produzione locale, mentre la leadership italiana rimane solida in Germania, dove grazie anche a consolidati rapporti commerciali in campo ortofrutticolo l’Italia detiene il 45,9% delle esportazioni di kiwi.
La graduatoria dei Paesi importatori va poi completata con gli Stati Uniti che, in prospettiva, possono costituire un mercato di sbocco interessante e dove la posizione competitiva dell’Italia è stata esaminata in dettaglio partendo dalle statistiche doganali.
Il quadro descritto mostra come la strada dell’innovazione e della valorizzazione dei nuovi prodotti venga oggi tracciata da un Paese come la Nuova Zelanda che non produce per consumare, ma per esportare. Sul suo esempio altri Paesi si vanno attivando, puntando su standardizzazione produttiva, organizzazione logistica, packaging e marketing (campagne promozionali, “advertising”) per raggiungere obiettivi di vendita più ambiziosi (ad es. il Cile sul mercato USA).
Il nostro Paese si è mosso, sebbene ancora non sufficientemente, per rafforzare la tutela del livello qualitativo del prodotto messo in vendita (°Brix, pezzatura, tecniche colturali); ciò che manca è il salto di qualità decisivo verso l’innovazione che deve derivare, soprattutto, da una maggiore collaborazione tra ricerca genetica, tecnologia produttiva e organizzazione di filiera.■