“La presenza del cinipide in altre nazioni è la vera novità del 2019”. È quanto ci dice Giampaolo Rubinaccio, Presidente dell’OI frutta secca. “Tuttavia l’orografia favorevole dei territori in altre realtà produttive mondiali e/o la possibilità di eseguire trattamenti al di fuori delle regole comunitarie, nonché la riflessione sugli errori commessi in alcune regioni su come contrastare il cinipide, darà sicuramente la possibilità di limitare i danni rispetto a quanto accaduto nel nostro Paese”.
Il settore castanicolo campano non mostra particolari novità; la castanicoltura è costituita per la maggior parte da vecchi castagneti in aree montane di difficile accesso e dove la meccanizzazione è quasi impossibile. “Gli impianti specializzati ad alta densità nelle aree di pianura non tradizionalmente legate alla produzione di castagne” – ci riferisce Milena Petriccione dell’unità di frutticoltura del Crea di Caserta – “sono ancora pochi; quelli presenti sono stati realizzati con ibridi euro-giapponesi (Castanea crenata x C. sativa) con le varietà Bouche de Betizac e Marsol che producono frutti di buona pezzatura”. “L’affacciarsi della cultivar Marsol” – aggiunge Rubinaccio – “sta convincendo qualche agricoltore ad una timida sostituzione della Bouche de Betizac, vera regina dei nuovi impianti”.
La castanicoltura campana è particolarmente legata alle are montane dove piccole imprese gestiscono spesso piccole superfici e per garantirsi la sopravvivenza economica cercano di mettere a profitto tutti i prodotti dell’attività castanicola come frutti, legname, ecc. garantendo anche il presidio del territorio. “Nonostante in queste realtà si operi con notevoli difficoltà” – aggiunge Petriccione – “le buone tecniche di gestione agronomica sono fondamentali per l’ottenimento di un prodotto di qualità. In particolare, è necessario il controllo delle fitopatie, monitorando gli insetti dannosi con l’ausilio di trappole cromotropiche o feromoniche, e bisogna evitare, in aree particolarmente sensibili, trattamenti indiscriminati contro il cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu, 1951) e altri insetti parassiti che uccidono anche l’imenottero parassitoide (Torymus sinensis Kamijo), interessante per la sua specifica capacità limitatrice sullo sviluppo del cinipide”.
Anche la fase di raccolta è importante e deve essere tempestiva; la fase di conservazione dei frutti, poi, deve essere fatta in modo adeguato al fine di evitare la colonizzazione di patogeni fungini in post-raccolta; l’ideale sarebbe l’utilizzo di celle refrigerate a 6-8°C.
“In considerazione delle congiunture di mercato, visto che in Italia circa il 60% delle castagne che consumiamo proviene dall’importazione da Paesi terzi” – precisa Petriccione – “accanto alla coltivazione tradizionale del castagno va necessariamente sviluppata una castanicoltura di pianura ad alta densità (“high density plantation”) con sesti dinamici e portinnesti adeguati che consentono di aumentare le rese ad ettaro. I due sistemi di coltivazione per ovvi motivi non vanno visti in contrapposizione, ma sono sinergici considerato l’apporto della castanicoltura di montagna in termini sia socio-economici che ambientali in queste aree svantaggiate”. n
L’andamento della campagna 2019
“Quest’anno” – ci dice Rubinaccio – “l’andamento climatico anomalo, caratterizzato da un perdurare di basse temperature fino al mese di giugno e da continue piogge e/o forte tasso di umidità dell’areale produttivo campano, ha ostacolato non poco la fase biologica dell’allegagione; quindi si sono avuti pochissimi fiori femminili che hanno finalizzato la fioritura”. Anche gli aspetti fitosanitari hanno complicato l’annata produttiva.
“Attacchi di Cydia fagiglandana e balanino hanno ridotto drasticamente la produzione di castagne, poiché sono avvenuti oltre la metà del mese di settembre trovando molti agricoltori impreparati. Solo un attento ed accurato monitoraggio delle temperature e del ciclo biologico dei carpofagi del castagno potrebbe evitare quanto accaduto, mentre il cinipide ormai è endemico e qualsiasi attività di contrasto è stata abbandonata dalla maggior parte dei produttori”.
Non mancano, poi, le difficoltà di tipo commerciale dovute alla concorrenza estera. “Le difficoltà commerciali” – spiega Rubinaccio – “derivano soprattutto da una forte e perdurante presenza del prodotto estero fin dall’inizio della campagna di commercializzazione; Spagna, Portogallo, Grecia e Albania si preoccupano di fornirci castagne fino a metà novembre; poi la Turchia e i Paesi dell’Est asiatico ci accompagnano fino a primavera inoltrata. L’Italia è sempre più debole anche per la scarsa profilassi effettuata nei confronti delle crittogame”.
Linee di ricerca presso il Crea-Ofa
Il Crea-Ofa ha da poco concluso il progetto Castarray “Studi preliminari di fattibilità per il trasferimento di competenze e di tecnologie innovative per l’identificazione di genotipi di castagno”, come ci riferisce Angelina Nunziata, ricercatrice presso l’Istituto. “A luglio scorso si è concluso il progetto Castarray finanziato nell’ambito dell’azione 1 - misura 16.1.1 del PSR Regione Campania 2014-2020. Si tratta di uno studio di fattibilità tecnica ed economica volto a capire quanto interesse ci fosse nella filiera rispetto all’identificazione varietale tramite l’impronta del DNA e quanto questo fosse tecnicamente praticabile, partendo dagli scarsi dati disponibili per castagno europeo (Castanea sativa) e dai molti dati disponibili per castagno giapponese (Castanea crenata), depositati su un vetrino microarray per il rilevamento dell’impronta genetica”.
Il nome del progetto deriva appunto dalla crasi tra il termine castagno e il termine microarray ed è partito dall’idea iniziale di valutare la trasferibilità del vetrino stesso al castagno europeo. “I risultati tecnici, presentati nell’ambito di un workshop sul trasferimento d’innovazione alla filiera del castagno tenutosi presso la sede del Crea-OFA di Caserta il 10 luglio 2019, seppure abbiano evidenziato che il trasferimento della tecnica tal quale avrebbe una resa molto bassa, hanno consentito di accumulare preziosi dati genetici per il castagno europeo, di validarli attraverso tecniche più scalabili ed economiche e di definire con buona precisione l’oggetto di trasferimento tecnologico per un futuro progetto in azione 2, che sarà costituito da un set di almeno 40 saggi, scelti nell’ambito di un panel più ampio, e dalla relativa banca dati di riferimento contenente tutti i codici di impronta genetica relativi al maggior numero possibile di cultivar commerciali ed ecotipi locali”.
Il Progetto Speciale Castagno
Il Crea-Ofa sta partecipando, nell’ambito del piano Urcofi della Regione Campania, al “Progetto Speciale Castagno”. “La regione Campania” – ci riferisce Petriccione – “ha finanziato un progetto speciale sul castagno attraverso il quale il Crea-Ofa, anche su segnalazione di organismi regionali, ha individuato, in diverse aree castanicole regionali, alcuni ecotipi appartenenti al germoplasma autoctono che da prime osservazioni sembrano essere resistenti/tolleranti al cinipide galligeno”.
Dai primi dati rilevati, alcuni di questi ecotipi mostrano interessanti caratteristiche agronomiche e carpologiche, ma dovranno essere validati, insieme all’attitudine alla trasformazione industriale, da ulteriori studi prima di essere eventualmente introdotti in coltivazione.