Nocciolo, coltura da rinnovare

Noccioleto di circa 40 anni realizzato manualmente a Oriolo Romano (Rm): varietà Tonda Gentile Romana, allevata a cespuglio policaule con sesto.
Puntando sul miglioramento genetico delle varietà e una moderna gestione agronomica. Italia seconda dopo la Turchia. I punti chiave della tecnica.

Aree vocate, adeguata scelta varietale e moderna gestione agronomica. Passa attraverso queste tappe il percorso di modernizzazione della coltura del nocciolo, come ha sostenuto Valerio Cristofori, docente del Dipartimento di scienze e tecnologie per l’agricoltura, le foreste, la natura e l’energia (Dafne), dell’Università della Tuscia, al convegno “Frutta secca made in Italy” di Termoli (Cb).

«L’Italia è il secondo paese al mondo dopo la Turchia per produzione di nocciole, concentrata soprattutto in Campania, Lazio e Piemonte (tab. 1). Dopo la crescita vissuta negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso la corilicoltura italiana è rimasta sostanzialmente stabile: circa 70mila ha, per 100-120mila t/anno. Se la vocazione delle aree corilicole è acclarata, come le colline avellinesi o la caldera del lago di Vico, nel Viterbese, molta è la strada da compiere per individuare le varietà più opportune e migliorare le tecniche agronomiche. A cominciare dalle modalità di propagazione, basate principalmente sull’utilizzo di polloni autoradicati provenienti da ceppaie di impianti esistenti. Poco utilizzata è invece la tecnica dell’innesto, mentre le modalità per propaggine ad archetto e margotta di ceppaia, che ben si adattano alla specie, richiedono ampi spazi e tempi lunghi. Inoltre chi voglia realizzare un noccioleto si trova di fronte a una grande incertezza sanitaria e genetica per l’assenza di un vivaismo razionale».

Propagare per talea

Da qualche tempo si sta sperimentando la propagazione per talea, impiegando, in varie epoche del periodo primaverile-estivo, rami dell’anno e di un anno delle varietà Tonda Gentile Romana, Tonda di Giffoni e Nocchione, preventivamente trattati con i fitoregolatori acido indolbutirrico (IBA) e putrescina.

«Questa tecnica è più vantaggiosa e applicabile in vivaio delle precedenti poiché consente di ottenere piantine sicure geneticamente e controllabili sotto l’aspetto sanitario, in quanto legate a poche piante madri, e richiede costi più contenuti delle altre tecniche e spazi più ridotti. Infatti la radicazione per talea del nocciolo è avvenuta in circa due mesi, l’attitudine alla radicazione è risultata cultivar dipendente, i trattamenti con fitoregolatori sono stati i fattori che hanno influenzato di più la rizogenesi, i germogli dell’anno prelevati in settembre hanno risposto meglio alla radicazione. La varietà Tonda Gentile Romana, che normalmente radica con difficoltà, ha evidenziato una radicazione molto elevata per le tesi trattate con putrescina in settembre e in generale le tesi trattate con putrescina hanno manifestato migliore incidenza di radicazione e più elevata emissione di radici per talea».

Inoltre, ha aggiunto Cristofori, presso l’Istituto di ricerca e tecnologia agroalimentare (Irta, Spagna), l’ex Istituto sperimentale di frutticoltura - Cra di Roma e l’Università della Tuscia sono in corso attività sperimentali «per l’impiego di Corylus colurna, come portainnesto, per ottenere piante monocaule non pollonifere. E infine, mentre per alcune cultivar, come Barcelona, la micropropagazione è ormai routine in Usa e Cile, le principali cultivar italiane presentano ancora difficoltà applicative che devono essere superate».

Leggi l’articolo completo su Terra e Vita 38/2015 L’Edicola di Terra e Vita

Nocciolo, coltura da rinnovare - Ultima modifica: 2015-09-25T12:46:51+02:00 da Barbara Gamberini

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