Il settore fitosanitario si trova ormai da anni nel pieno di una transizione che ha complicato il lavoro dei tecnici dei servizi fitosanitari nel supportare gli agricoltori. Questa transizione è stata caratterizzata da una grande rivisitazione della farmacopea con un drastico taglio di molecole disponibili al quale non è corrisposto un ricambio effettivo e a una recrudescenza di malattie note e nuove, sia per aumento diretto dei patogeni sia indirettamente per via di disequilibri nel sistema. Questi due fattori hanno portato a un peggioramento della salute delle piante necessaria per contrastare le malattie.
In questo contesto trova un crescente interesse l’impiego di sostanze corroboranti, specialmente nel settore biologico. Tra queste circa il 40% è costituito dalle polveri di roccia, per una disponibilità di una sessantina di prodotti, inseriti anche nelle linee guida contro cimice e flavescenza. Risulta pertanto interessante approfondire le conoscenze di questi prodotti. Utile in tal senso l’incontro organizzato dalla Regione Emilia-Romagna durante il quale si è parlato delle potenzialità d’impiego delle polveri a partire dall’origine e dalla definizione stessa di corroborante.
Origine ed evoluzione della normativa
I corroboranti si inseriscono tra i mezzi tecnici impiegati in agricoltura accanto a fitosanitari, sostanze di base e coadiuvanti, fertilizzanti e biostimolanti, mezzi e materiali con attività fisica, sostanze e materiali vari. Questa categoria – ha spiegato Carlo Bazzocchi di ATBio Associazione - «nasce con il regolamento dell’agricoltura bio 2092/91 che prevedeva per la lotta contro i parassiti alcuni prodotti come propolis, terra di diatomea, polvere di pietra, silicato di sodio, bicarbonato di sodio, sapone di potassio, oli vegetali e animali. Sono stati necessari alcuni anni per arrivare al Dpr 290/2001 sull’autorizzazione, produzione e vendita dei prodotti fitosanitari e relativi coadiuvanti». In particolare, il Dpr introduce disposizioni per l’uso di prodotti naturali in agricoltura biologica (come il solfato di rame, gli zolfi grezzi o raffinati, sia moliti che ventilati, il solfato ferroso e altri elencati nell’allegato 2 del regolamento) stabilendo che non sono soggetti ad autorizzazione quando non siano venduti con denominazione di fantasia.
Oggi sono regolamentati dal dpr 55/2012, dm 2587/2020 e il Reg. Ue 848/2018 che ne prevede l’uso in biologico. I primi due definiscono i corroboranti come “potenziatori delle difese delle piante, sostanze di origine naturale, diverse dai fertilizzanti, che: 1) migliorano la resistenza delle piante nei confronti degli organismi nocivi; 2) proteggono le piante da danni non provocati da parassiti” e come “mezzi tecnici di origine naturale che migliorano o aumentano la naturale resistenza delle piante incentivando il metabolismo secondario della pianta o agendo quali sistemi fisici isolanti”. «La ditta responsabile dell’immissione in commercio di un prodotto corroborante deve dichiarare al Mase che il corroborante risponda integralmente alle caratteristiche della tipologia cui appartiene e che contenga esclusivamente le componenti dichiarate in etichetta. I regolamenti vietano inoltre l’impiego di nomi di fantasia che non favoriscono la facile identificazione del prodotto. Tale dichiarazione non richiede un’approvazione da parte del Ministero, pertanto, si è direttamente responsabili di tutto ciò che si dichiara in etichetta».
Ammendante in olivicoltura
Le applicazioni delle poloveri di roccia sono molteplici. «In olivicoltura – come ha precisato Annalisa Rotondi del Cnr-Ibe – oltre al trattamento fogliare per il controllo della mosca e della rogna dell’olivo, la zeolite viene impiegata positivamente per la produzione vivaistica di olivi e in fase di impianto dell’oliveto come ammendante del suolo. In vivaio l’aggiunta di zeolite al substrato di radicazione, grazie ad alcune sue caratteristiche (es. elevata capacità di scambio cationico, disidratazione reversibile, elevata ritenzione idrica e permeabilità) è utile per aumentare le prestazioni di radicazione di talee: aumento numero medio delle radici per pianta e della lunghezza dell’apparato radicale. Mentre, in fase di rinvaso, l’aggiunta al terriccio ha portato a un maggior sviluppo dell’apparato radicale, che si traduce in una maggior probabilità di successo nella messa a dimora, e una maggior altezza dell’astone, che significa un più alto valore economico.
Per quanto riguarda invece l’uso di zeolite in fase di impianto dell’oliveto gli obiettivi possono essere diversi: miglioramento della qualità del suolo, riduzione dei fertilizzanti azotati e dei fitofarmaci, riduzione delle infestazioni di mosca e miglioramento della qualità dell’olio.
Utilizzandola abbinata a una dose ridotta di fertilizzante si può osservare un maggior numero di branche, un aumento dell’altezza della pianta e della lunghezza delle branche, un effetto positivo sulla produttività media per pianta anche se non significativo e un arricchimento dei profili gustativi e olfattivi. Consente anche un notevole risparmio economico tenendo conto che la zeolite, a differenza dei concimi, una volta distribuita rimane per sempre parte integrante del terreno e non deve essere reintegrata».
Contrastare gli stress estivi su vite
Tommaso Frioni, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, ha illustrato l’utilizzo delle polveri di roccia per contrastare gli stress multipli estivi su vite. Elevate temperature in concomitanza di assenza prolungata di piogge (o irrigazioni) ed elevati regimi luminosi provocano danni progressivi alla funzionalità fisiologica e all’attività vegetative e riproduttiva della vite con conseguente degradazione accelerata degli acidi organici, degradazione foto-ossidativa degli antociani e dei polifenoli, disidratazione degli acini, scottature diffuse e disseccamento dei grappoli.
Le tecniche di adattamento al cambiamento climatico possono essere di lungo periodo (scelta del portinnesto, scelta del vitigno, forme di allevamento idonee, sesto di impianto ecc.) e di breve periodo, ovvero con un effetto limitato alla stagione in corso (adattamento della potatura invernale, scacchiatura, defogliazioni calibrate, gestione della cimatura, applicazioni fogliari). L’argilla bianca riflette frazione luce IR-UV-visibile, riduce la temperatura dei tessuti e dissipa la frazione di energia in eccesso proteggendo le chiome da ingiallimenti e abscissione e i grappoli da scottature e disidratazioni.
Contenimento degli insetti dannosi
Pur non essendo prodotti fitosanitari, oltre alla mitigazione dei fattori abiotici, è interessante studiare l’impiego delle polveri inerti come mezzi fisici di controllo di patogeni e insetti. Su quest’ultimo aspetto si è concentrato l’intervento di Salvatore Germinara dell’Università di Foggia. Per quanto riguarda il controllo di insetti in campo e in post raccolta, esistono in bibliografia numerosi studi sugli effetti di caolino, terra di diatomee e zeoliti.
Le polveri agiscono secondo diversi meccanismi di azione:
- adsorbimento strato ceroso epicuticolare (perdita dell’impermeabilità, disseccamento);
- abrasione cuticola (microlesioni e perdita di acqua corporea);
- occlusione delle vie respiratorie (morte per asfissia);
- danneggiamento di strutture sensoriali (gustative, olfattive, tattili e chemiorecettive, ovodepositive);
- mascheramento visivo e olfattivo del substrato ospite (l’imbrattamento della vegetazione della pianta ospite confonde visivamente l’insetto e assorbe composti volatili necessari all’insetto per localizzare la pianta).
Per quanto riguarda il mascheramento olfattivo, in diverse sperimentazioni, è stato osservato che il caolino su olivo riduce l’attrattività olfattiva delle drupe misurata in termini di riduzione di punture di ovideposizione da parte di Bactrocera oleae. Effetti positivi anche contro le specie infestanti (coleotteri e lepidotteri) delle derrate di grano grazie all’elevata persistenza del trattamento con zeolite.
Essenziale precisare che la grande variabilità di polveri inerti sul mercato impone la caratterizzazione dell’attività biologica (es. insetticida) di ciascuna tipologia, ma soprattutto che il trattamento con polveri inerti deve essere utilizzato con finalità preventive (intervenire prima dell’attacco) e in strategia.
Altre applicazioni delle polveri di roccia in frutticoltura
In Emilia-Romagna sono state condotte diverse attività sperimentali per verificare l’efficacia delle polveri di roccia su diversi patogeni e insetti. Vediamo in estrema sintesi i principali risultati e contesti applicativi. Per un maggiore approfondimento si rimanda al sito della Regione:
- mosca olearia: trattamenti fogliari con zeolite micronizzata in abbinamento dimetoato confrontato con il solo dimetoato e con la tesi non trattata hanno mostrato una buona efficacia. La zeolitite riduce l’infestazione nei primi periodi dell’accrescimento del frutto che si traduce poi in uno sviluppo più lento dell’infestazione nei periodi successivi. L’accumulo di polvere non interferisce con gli scambi gassosi, non c’è meno fotosintesi e quindi non c’è meno olio nelle drupe.
- Scafoideo: l’impiego di caolino (testato a 20-30 kg/ha con un trattamento prefiorale e due post-fiorali) può determinare una riduzione nel tempo delle infestazioni agendo sulle forme giovanili dello Scaphoideus titanus, vettore della flavescenza dorata della vite. Così come altri prodotti, il caolino non è risolutivo, non può sostituire i trattamenti obbligatori ed è da prevedere in una strategia più ampia ad integrazione di altri interventi.
- botrite e marciume acido: trattamenti con zeolite hanno contribuito al contemporaneo contenimento di muffa grigia e marciumi su vite manifestando un’azione preventiva e diretta.
- cancri da Valsa: la presenza di Valsa nei pereti anche di giovane età è in aumento e mancano gli strumenti per il contenimento. Si tratta di una problematica grave specialmente per la rapidità di crescita negli anni della popolazione all’interno di un frutteto. Le prove hanno mostrato che talco e tannini nel lungo periodo possono dare un contenimento della progressione dell’avanzamento della malattia con una riduzione della percentuale della perdita delle piante. È fondamentale però fare un uso prolungato di queste sostanze per permettere loro di esplicare a pieno gli effetti.
- Maculatura, cimice asiatica e stress termici: in prove su pero in ambiente controllato e in pieno campo si è dimostrata particolarmente efficace la zeolite cubana e la Zem 70 (zeolite a chabasite micronizzata) sia contro Stemphylium vesicarium sia contro le neanidi di Halyomorpha halys. Ottimi risultati anche in termini di aumento della fotosintesi in condizioni di stress estivo.
- Cimice asiatica e psilla: il caolino ha dimostrato un’azione deterrente sui frutti trattati con una riduzione del danno diretto da attività trofica di Halyomorpha halys, ma ha anche ridotto i danni latenti che si sviluppano invece in post frigoconservazione sui frutti che alla raccolta apparivano asintomatici. Anche con la strategia caolino abbinato a zeolite è stata registrata una riduzione significativa del danno rispetto al controllo aziendale. È necessario realizzare una valutazione del costo non indifferente.Nel controllo di Cacopsylla pyri, tre applicazioni ioni di geomateriali (caolino, zeolite o talco) hanno dimostrato un effetto deterrente nel ridurre significativamente l’ovideposizione. Zeolite (efficacia del 78% sull’incidenza e dell’87% sulla severità) e talco (efficacia del 70% sull’incidenza e del 79% sulla severità) applicati a 30 kg/ha hanno una performance comparabile a quella del caolino applicato a 10 kg/ha.
- Avversità delle pomacee: oltre a cimice, valsa e psilla, risulati interesanti anche nelle applicazioni per il contrasto di tingide, cecidomia e tentredine particolarmente ostici in frutticoltura biologica.
Alcune considerazioni di sintesi
I geomateriali risultano interessanti specialmente per un impiego come protezionedi base, applicabile potenzialmente dalle prime fasi vegetative fino al pre-raccolta, da integrare con altri prodotti – ha specificato Stefano Caruso de Consorzio Fitosanitario di Modena. Sono molteplici le esperienze sperimentali su questi prodotti, specialmente caolino e zeolite.
Per il loro corretto impiego è anzitutto fondamentale fare uno screening dei molteplici prodotti sul mercato per scegliere quello più adatto in base alla composizione e all’efficacia, valutare bene il timing d’intervento (numero e momento) tenendo conto della dilavabilità e dell’imbrattamento dei frutti. Le polveri di roccia sono pertanto prodotti interessanti nel panorama odierno di riduzione dei prodotti fitosanitari e l’effetto sufficientemente buono nel ridurre le avversità biotiche e abiotiche – pur essendo un corroborante e non un fitosanitario – è un aspetto che invoglia ad approfondirne lo studio.
Rimane al momento aperta la questione sulla corretta classificazione di queste sostanze. «Se un corroborante ha una spiccata azione fitosanitaria la strada da percorrere sarebbe quello di registrarlo come prodotto fitosanitario – chiudono i tecnici del Servizio fitosanitario dell’Emilia-Romagna -, nonostante l’aggravio di costi per le aziende produttrici».
Tipologie di corroboranti
- Propolis
- Polvere di pietra o di roccia
- Bicarbonato di sodio
- Gel di silice
- Preparati biodinamici
- Oli vegetali alimentari (arachide, cartamo, cotone, girasole, lino, mais, olivo, palma da cocco, senape, sesamo, soia, vinacciolo, argan, avocado, semi di canapa (1), borragine, cumino nero, enotera, mandorlo, macadamia, nocciolo, papavero, noce, riso, zucca.)
- Lecitina
- Aceto
- Sapone molle e/o di Marsiglia
- Estratto integrale di castagno a base di tannino
- Soluzione acquosa di acido ascorbico
- Olio vegetale trattato con ozono
- Estratto glicolico a base di flavonoidi
- Lievito inattivato di Saccharomyces cerevisiae
Caratteristiche fisico-chimiche dei geomateriali
«La maggior parte dei geomateriali sono chiamati impropriamente polveri di roccia – ha precisato Massimo Coltorti dell’Università di Ferrara. Con polvere di roccia si intende qualunque roccia magmatica, metamorfica o sedimentaria ridotta in polvere attraverso una semplice frantumazione e polverizzazione meccanica. Questa terminologia risulta quindi troppo approssimativa poiché non viene data nessuna informazione sulla tipologia di roccia e soprattutto sui minerali che sono presenti al suo interno.
La caratterizzazione dei geomateriali sia dal punto di vista chimico-fisico, ma anche dal punto di vista mineralogico, consente di stimarne le performance e l’adeguatezza in base allo scopo. Per esempio, non è ancora chiaro se il contrasto alla cimice o altri insetti o parassiti anche di natura fungina derivi da una semplice costruzione di una barriera di polvere protettiva (effetto deterrente) e in questo caso qualunque geomateriale potrebbe essere utilizzato. O se l’effetto sia dovuto o venga comunque migliorato per rilascio di sostanze e odori fastidiosi o nocivi per l’insetto (effetto repellente).
Il geomateriale può anche scambiare sostanze e nutrienti con la pianta in modo da svolgere un effetto corroborante che in via indiretta rafforza le difese della pianta e impedisce l’attacco da agenti esterni. Un aspetto non secondario è anche la forma del minerale prevalente che costituisce il geomateriale che potrà spalmarsi sulla foglia e potrebbe ridurne le capacità stomatiche o adagiarsi semplicemente su di essa scambiando nutrienti ma lasciando inalterata la capacità fotosintetica della pianta.
Pertanto, gli aspetti più importanti sono:
- distribuzione granulometrica, in relazione al tipo di suolo se usato come ammendante o per lo spargimento efficace della sostanza se usato come trattamento fogliare;
- colore, che può contrastare gli effetti dell’irraggiamento solare e del riscaldamento;
- composizione chimica e mineralogica, da cui deriva la Capacità di Scambio Cationico e tutte le proprietà chimicofisiche;
- facilità di reperimento che si traduce in costo».