La campagna di trapianto della fragola nei comprensori serricoli di Basilicata, Campania, Calabria e Sicilia, regioni dove si concentra la maggior parte della produzione di fragole italiane, si svolge da ottobre fino a novembre. Il trapianto e il post trapianto per la fragola sono fasi decisive perché dal buon attecchimento delle piantine dipende l’intera riuscita dell’impianto.
Negli ultimi anni le piantine fresche e quelle da cima radicata hanno soppiantato quasi completamente quelle frigoconservate poiché offrono un migliore attecchimento, un rapido superamento della crisi di trapianto, frutti di qualità superiore e una maggiore possibilità di destagionalizzare la raccolta. Di contro, le piantine – che arrivano prevalentemente da aziende vivaistiche spagnole e polacche — sono più delicate e devono essere trasportate e trapiantate in tempi brevi. È essenziale quindi la qualità del materiale vivaistico e la sua sanità che dovrebbe sempre essere certificata.
Anche se le condizioni ambientali consentono un buon attecchimento e un rapido avvio vegetativo, l’esperienza insegna che nelle prime settimane post-trapianto bisogna saper gestire equilibri delicati tra la fisiologia delle piante, la fertirrigazione e difesa fitosanitaria.
Irrigazione, concimazione e difesa post-trapianto
Un’irrigazione accurata è essenziale. Il terreno deve essere umido ma non saturo; l’irrigazione abbondante subito dopo il trapianto serve a favorire il contatto suolo-radice. Nei tunnel già coperti, in giornate calde e soleggiate, è utile l’irrigazione soprachioma a effetto climatizzante, che riduce lo stress termico, limita la disidratazione fogliare e che potrà essere utilizzata con le stesse finalità e per creare un ambiente meno favorevole agli acari in tarda primavera.
L’umidità relativa, però, non deve essere eccessiva perché ristagni e condensa possono predisporre le piante a marciumi basali e radicali, in particolare quelli da Phytophthora e Pythium.
Nei primi 10-15 giorni dopo il trapianto la concimazione deve essere molto contenuta. Eccessi di fertilizzanti — soprattutto a base di azoto ammoniacale o potassio clorurato — possono causare fitotossicità osmotica alle giovani radici in formazione.
I sintomi tipici sono crescita stentata, necrosi marginali e clorosi fogliare, più evidenti verso l’estremità distale delle file, dove la concentrazione dei sali tende ad aumentare alla fine delle manichette. In questi casi è opportuno intervenire con un’irrigazione dilavante, utile a ridurre la conducibilità elettrica del suolo e favorire la ripresa vegetativa.

Nelle prime settimane gli interventi fitosanitari devono essere valutati con cautela poiché i tessuti sono giovani e l’assorbimento cuticolare è elevato, con il rischio di sviluppare fitotossicità.
In presenza di sintomi di marciume radicale causato da Phytophthora spp., resta efficace l’impiego di fosetil-alluminio o metalaxil-M; tuttavia, la tendenza più attuale è quella di agire preventivamente attraverso l’impiego in fase di trapianto di microrganismi antagonisti come Trichoderma spp. o Bacillus subtilis.
Laddove i trattamenti al terreno pre-trapianto non siano stati efficaci, è indispensabile una scerbatura tempestiva nei fori della pacciamatura. Le infestanti — anche se isolate — possono compromettere l’attecchimento, competendo efficacemente per acqua e nutrienti e favorendo microclimi umidi attorno al colletto.





